Gli ordini di scuderia hanno sempre contraddistinto la storia moderna della Formula 1, facendo discutere – e dividere – l’opinione pubblica e gli appassionati. Sono tantissimi i casi rimasti impressi nelle nostre menti, molti dei quali associati alla Ferrari.

L’era Schumacher-Barrichello e quel famoso “tappeto rosso” steso dal brasiliano sulla linea del traguardo in Austria nel 2002 è forse l’immagine più buia in tal senso, con tanto di “farsa” sul podio quando il Kaiser lasciò il gradino più alto e il trofeo del vincitore a Rubinho.

Un episodio che portò poi la FIA addirittura a bandirli fino al 2010, quando un altro scambio di posizioni in testa proprio tra le due Rosse di Maranello (a Hockenheim tra Alonso e Massa, con il famosissimo team radio “Fernando is faster than you“) portò prima a una multa di 100.000 dollari e poi alla rimozione del divieto perché “difficile da far rispettare”.

Le “papaya rules” fanno discutere

Quanto successo a Monza in casa McLaren è un caso a suo modo singolare, in quanto lo scambio di posizioni è avvenuto tra due piloti che – a meno di clamorosi e altamente improbabili ribaltoni – sono gli unici due contendenti al titolo mondiale.

Una scelta comunque coerente alle “papaya rules” tanto decantate da Andrea Stella che stanno permettendo al team di Woking di gestire le ambizioni di Norris e Piastri fin dallo scorso anno, ma che ha inevitabilmente generato malumori in quanto anestetizzante per un campionato già “ammazzato” sportivamente dalla competitività della MCL39.

McLaren “recidiva”

L’episodio di Monza, dettato esclusivamente da un errore del team durante il pit stop di Norris, ci porta a fare un salto indietro di oltre 25 anni ripescando un episodio molto analogo per le allora Frecce d’Argento. Parliamo del Gran Premio d’Australia 1998, prima gara di un campionato vinto proprio dalla McLaren e da Mika Hakkinen che iniziò con un dominio imbarazzante prima che la Ferrari tornasse in corsa e portasse la sfida fino al gran finale (nefasto per il Cavallino) di Suzuka.

A Melbourne le MP4-13 appaiono mostruosamente veloci. Prima fila in qualifica, con Hakkinen in pole con 43 millesimi di vantaggio su Coulthard e tutti gli altri – Schumacher e Villeneuve a parte – staccati di oltre un secondo, e in gara va addirittura peggio con il gruppo interamente doppiato e il finlandese in testa davanti allo scozzese.

Al giro 35 c’è però un colpo di scena: Hakkinen rientra ai box ma non c’è neppure un meccanico ad attenderlo in postazione. Mika percorre quindi tutta la pit lane come se fosse un drive through sbraitando platealmente contro il muretto della McLaren e rientrando così alle spalle di Coulthard. Stando alle parole di Ron Dennis dopo la gara, pare che un’interferenza radio abbiano fatto credere a Hakkinen di dover effettuare il pit stop.

La gara sembra ormai di fatto assegnata a Coulthard, ma a tre giri dalla fine interviene il team chiedendo allo scozzese di farsi da parte cedendo il successo al compagno. Lo stesso Dennis ammise anche allora l’esistenza di una regola interna al team (come le attuali papaya rules), secondo la quale chi fosse passato davanti alla prima curva avrebbe avuto la ‘priorità’ per la vittoria della gara.

Oggi come allora, la mossa McLaren creò tantissimi malumori nell’opinione pubblica tanto da essere discusso nel Consiglio Mondiale del Motorsport. A differenza dei due casi Ferrari sopraccitati e arrivati dopo, non ci furono conseguenze.

Anzi: quei 4 punti in più incassati consentirono a Hakkinen di presentarsi al via dell’ultimo Gran Premio in Giappone in vantaggio su Schumacher prima che le disavventure del Kaiser posero fine alle speranze iridate di Maranello.