di
Luca Aquino

Il giocatore colpito da leucemia mieloide passato in estate dalla Virtus Bologna alla Dinamo Sassari: «Sono fortunato perché avevano trovato anche un altro ragazzo compatibile. Mia moglie è sempre con me, una colonna. Voglio ancora giocare e per questo non ho accettato il ruolo da scout»

Achille Polonara, nei giorni scorsi è tornato a Bologna dopo il tempo trascorso a Valencia per le terapie contro la leucemia mieloide. In Spagna è raggiunto nelle settimane scorse anche dalla trasmissione televisiva Le Iene. Cosa prevede ora il suo percorso e come sta?
«Sto bene, ho passato il weekend con i miei figli perché poi non potrò vederli per un po’ e rimarranno dai nonni. Lunedì 15 settembre farò alcune visite per il trapianto di midollo osseo, poi martedì il ricovero».

È stato quindi individuato il donatore?

«Sì, è una ragazza americana compatibile al 90%. Sono stato fortunato, c’erano due donatori compatibili al 90%, anche un ragazzo tedesco, ma hanno optato per lei perché sono riusciti a mettersi in contatto subito».

Ha già una tempistica su quando avverrà?
«Dopo il ricovero di domani dovrò fare un ciclo di chemioterapia che durerà 5-6 giorni. Il trapianto dovrebbe avvenire attorno al giorno 23-24 settembre».

Una tappa importante dopo le terapie già effettuate. Come sono stati questi mesi?

«Ci sono stati momenti duri, ma l’affetto dimostrato da tante persone mi ha aiutato a essere positivo e a guardare avanti in maniera ottimistica. Ho ricevuto tanti messaggi e telefonate, dal mondo del basket e non, poi mia moglie e i miei figli mi hanno dato la forza di guardare avanti con positività».



















































Sua moglie Erika, in particolare, è stata una colonna.
«Ha scelto di starmi vicino nonostante i bambini dovessero stare con i nonni ed entrambi ne sentissimo la mancanza. “Hai bisogno di me, loro sono ancora piccoli”, mi ha detto».

A proposito dei figli, come la stanno vivendo?
«Achille jr è più piccolo e ha capito poco, mentre Vitoria come tutte le femmine è molto sveglia. Ha cominciato a chiedere perché vado in ospedale, perché ho perso i capelli e allora devi inventarti delle scuse per rispondere alle sue domande».

Ha ricevuto tanti messaggi, ce n’è qualcuno che ricorda in particolare?
«Mi è stato vicinissimo Belinelli, ci siamo sentiti quotidianamente. Poi i miei compagni di Nazionale e Pozzecco con le loro chiamate prima delle partite mi hanno dimostrato un affetto enorme. A mezz’ora da una sfida importante non ti aspetti una chiamata dallo spogliatoio».

A proposito di Europei, anche da lì sono arrivate tante testimonianze di affetto: su tutte è rimasta impressa quella del tifoso greco con lo striscione per lei.
«Nonostante non abbia mai giocato là, il popolo greco anche sui social è stato carinissimo nei miei confronti, mi hanno sostenuto tantissimo e l’ho apprezzato molto».

La malattia scoperta durante la finale scudetto, la missione dei suoi compagni della Virtus per regalarle il tricolore. Le emozioni di quei giorni?
«Il ricordo più bello della finale è quando tutta la squadra e lo staff sono venuti sotto casa mia una volta scoperto della malattia. Avrei voluto abbracciarli uno per uno, ma non era possibile. Aspettavo quelle partite con ansia come se avessi dovuto giocare io, ero carico e gasato. Dopo la vittoria in gara 3 a Brescia c’è stata la videochiamata di Shengelia dal campo, poi i festeggiamenti con i tifosi e il giorno dopo la coppa in ospedale. Bei momenti».

Si aspettava che la Virtus le proponesse di continuare assieme, da giocatore come poi ha fatto la Dinamo Sassari con la quale ha firmato?
«Ho accettato la scelta della Virtus e ne ho apprezzato la coerenza, perché non rientravo nei loro piani a prescindere dalla malattia. Onestamente mi sarei sentito offeso se mi avessero firmato per fare il bel gesto solo perché ho la leucemia. Ho preferito la proposta di Sassari perché il mio sogno è provare a giocare ancora. Avessi accettato un ruolo da scout significava smettere, invece così ho l’obiettivo di passare le visite mediche e tornare in campo».

Tornando all’Europeo, cosa è mancato all’Italia?
«Un po’ di fortuna nell’incrocio degli ottavi, perché abbiamo trovato la miglior versione di Doncic, obiettivamente immarcabile. La Slovenia ha messo in difficoltà anche la Germania, l’Italia ha comunque sempre lottato ed esce a testa alta».

Il suo ex compagno di squadra Diouf e quello che sarebbe potuto esserlo Niang: l’Italia riparte da loro?
«Come ha detto il mio amico Spissu, la Nazionale è in buone mani con giovani di talento che hanno fame e sono freschi. Hanno tutte le carte in regola per creare un bel gruppo e rimpiazzare la vecchia guardia. Diouf e Niang certo, ma anche Procida e Spagnolo: tutti hanno talento e stanno facendo benissimo con ampi margini di miglioramento»


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15 settembre 2025 ( modifica il 15 settembre 2025 | 09:31)