di
Matteo Cruccu

Il cantante presenta il suo nuovo album solista: «Saving Grace» e si racconta

«Quanti anni ha Patty Pravo? È più giovane di me?». Inizia con la domanda che non ti aspetti la chiacchiera con il 77enne Robert Plant, eterna icona degli un tempo Led Zeppelin, dal 1980 quasi esclusivamente per conto suo (e intenzionato a rimanerci, come vedremo). La sua ultima avventura da solista, «Saving Grace», in uscita il 26 settembre, è un lavoro di ricerca sulla memoria del blues primigenio, dove insieme alla brava Suzi Dian, il cantante pesca autori dimenticati degli anni’30 come Memphis Minnie e Blind Willie Johnson. E quando si passa agli ascolti della sua gioventù che il nostro sfodera Patty («No è più anziana di lei» lo aggiorniamo), insieme, udite udite, «al vostro Little Tony, oltre ovviamente a Elvis e il r’n’b».

Venendo a «Saving Grace», perché un disco sulla memoria?
«Sono brani spariti a cui ho ridato vita, vengono dal museo delle canzoni perdute, a cui non era facile avere accesso quand’ero ragazzo, dove ascoltavamo tutt’altro, vedi appunto la vostra Patty».



















































Ci ha messo ben quattro anni a fare questo disco. Con i Led Zeppelin realizzò i primi memorabili quattro in meno di due.
«Avevamo più tempo, non potevamo suonare in moltissimi posti, nell’Est Europa e in Grecia, in Spagna e in Sudamerica, off limits per le dittature. E quindi registravamo i dischi. Tra l’altro pure in Italia non era facile suonare».

Già in molti ricordano l’unico concerto da noi degli Zeppelin, al milanese Vigorelli nel 1971: durò solo venti minuti per gli scontri tra polizia ed extraparlamentari
«Non fu per niente divertente, tante persone che lavoravano per noi rimasero ferite, non ci sono più tornato per moltissimo tempo. Oggi invece posso suonare dove voglio, quando voglio e ho meno voglia di fare dischi».

E sembra che non possa fare a meno delle donne, da quando è solista: prima Alison Krauss, ora Suzy Dian.
«Con loro c’è sempre un’ottima dinamica che consente di non mettere pressione solo sulla mia voce».

E, da quando è solista, sembra avere paura soprattutto di una cosa: la noia. Cambia sempre registro, dall’etnico al pop, dal folk al blues.
«Non la chiamerei noia, è la gioia semmai di esplorare altre combinazioni con la mia voce che non avrei mai immaginato da giovane».

E per questa ragione che fa fatica a interpretare di nuovo le canzoni dei Led Zeppelin?
«È un abito che non mi sta più addosso, gli “uh uh ah ah” (ndr e fa il verso a sé stesso per davvero) con una grande rockband non sono più cosa mia, mi sembrerebbe di essere uno stripper in un club».

A proposito di Zeppelin, il 25 ottobre di 45 anni fa, moriva John Bonham, il leggendario batterista. Le manca?
«Sempre. Vivo ancora vicino a sua moglie e sua sorella, nelle Midlands, abbiamo suonato insieme prima che nascesse la band, sono stati i nostri anni di formazione, per questo indimenticabili».

La sua forza geniale e quasi primitiva si vede bene nei concerti del documentario «Becoming Led Zeppelin», appena uscito
«Sì, lui era incomparabile a chiunque altro. E non potevamo che scioglierci due mesi dopo la sua morte».

Un altro che se ne è andato è Ozzy Osbourne: come ha reagito quando ha saputo della sua scomparsa?

«Ero preoccupato per lui da molto, la sua salute non mi sembrava per niente buona. E ancor più mi sono preoccupato vedendolo preparare il suo famoso show d’addio, così malfermo. Al netto di questo, pensavo però gli fosse bastato cambiare il suo stile di vita sregolato, non che morisse. E, ahinoi, se ne vanno in tanti della mia generazione».

Lei sembra in ottima forma, però.

«Diciamo di sì, però ho smesso coi vizi oramai quarant’anni fa».

Tornando a Ozzy, molti si aspettavano la sua presenza al concerto d’addio.
«La verità è che nessuno me l’ha chiesto».

In realtà pareva che Tony Iommi, il chitarrista dei Black Sabbath, l’avesse invece invitata.
«No, ci siamo solo sentiti e non mi ha detto proprio nulla. E comunque avrei valutato in funzione di cosa mi avrebbero chiesto di cantare. La verità è che appunto mi annoio a fare sempre le stesse cose: dalla reunion dei Led Zeppelin del 2007 il cosiddetto hard rock è un territorio che non ho più frequentato e che non ho intenzione di frequentare ancora».

E, l’altro grande evento di quest’estate, la reunion degli Oasis, l’ha vista?
«No, non mi ha interessato, forse mentre suonavano c’era qualche partita del mio Wolverhampton (ndr ride)».

In definitiva, ha quindi ragione Jimmy Page quando dice che «Il futuro dei Led Zeppelin è il passato»?
«Confermo. Con Bonham eravamo in quattro, la magia era a quattro, non vedo come possa ritornare».

E il futuro di Robert Plant?
«Il futuro è adesso, è questo disco. Quello di cui sono certo è che sono il capo di me stesso. E non voglio fare nulla in cui non mi senta a mio agio».

14 settembre 2025 ( modifica il 15 settembre 2025 | 07:08)