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Stefano Montefiori, corrispondente da Parigi
Pinault resta presidente e maggiore azionista, ma fa un passo indietro nella gestione operativa della casa che raggruppa marchi globali come Gucci e Saint Laurent, Bottega Veneta e Balenciaga, Pomellato e Boucheron
François-Henri Pinault, 63 anni, è l’uomo che in vent’anni ha trasformato il gruppo fondato dal padre François, abbandonando la grande distribuzione (da Fnac alla Redoute) per concentrarsi nel lusso e diventare uno dei leader mondiali del settore. Oggi, 15 settembre, Pinault lascia il posto di direttore generale di Kering a Luca de Meo, 58 anni, il manager italiano che lo stesso Pinault ha strappato alla Renault dopo tanti successi nel mondo dell’auto. Pinault resta presidente e maggiore azionista, ma fa un passo indietro nella gestione operativa della casa che raggruppa marchi globali come Gucci e Saint Laurent, Bottega Veneta e Balenciaga, Pomellato e Boucheron. Tocca adesso a de Meo, già protagonista del rilancio della casa automobilistica, occuparsi della nuova fase di Kering.
La presentazione
I due leader si sono mostrati in pubblico l’uno accanto all’altro lo scorso 9 settembre nella sede del 40, rue de Sèvres a Parigi, nell’ex ospedale Laennec che ospitava l’assemblea generale. Un momento importante nella storia del gruppo, e anche dell’imprenditoria franco-italiana (come ricorda spesso Pinault con una battuta, Kering è il più italiano dei gruppi francesi e il più francese dei gruppi italiani. Nel 2023 ha rappresentato il 21 per cento del giro d’affari della moda in Italia e l’1,7 per cento del totale delle esportazioni italiane). «Luca è uno stratega e un uomo che comprende i marchi — ha detto Pinault per spiegare la scelta di de Meo —. E anche un appassionato del prodotto che comprende ciò che rappresentano una maison, uno stile, un patrimonio. Questa sensibilità verso la cultura dei marchi, verso il loro linguaggio proprio, è essenziale per dirigere un gruppo come il nostro».
I conti, le strategie
De Meo, raro caso di manager invitato ai vertici della moda e del lusso non essendosene mai occupato prima, è chiamato a riportare i risultati finanziari del gruppo agli splendori pre-Covid. Kering ha annunciato a luglio una diminuzione del 16% del suo giro d’affari, e un indebitamento per 9,5 miliardi di euro. Grande attenzione si concentra su Gucci, la maison che negli anni dell’esplosione del direttore creativo Alessandro Michele ha fatto registrare vendite record ma che nel primo semestre 2025 ha riportato un calo nei ricavi del 26%. «Oggi non è il momento di entrare nei dettagli del nostro futuro piano strategico — ha detto Luca de Meo —, lo elaborerò insieme ai team in vista di una presentazione nella primavera del 2026». Ma qualche indicazione sul suo progetto di lavoro, comunque, de Meo l’ha data: «La situazione attuale rafforza la nostra determinazione ad agire senza indugio, e questo richiederà scelte chiare e forti. Dovremo continuare a ridurre il debito e, ove necessario, razionalizzare, riorganizzare e riposizionare alcuni dei nostri marchi». E poi, incontrando i giornalisti alla fine dell’assemblea generale: «Gucci è chiaramente una priorità, ma ci sono molte altre cose da fare. Bisogna avere la capacità di fare più cose allo stesso tempo. E ho già affrontato situazioni di risanamento molto, molto più complicate», ha ricordato de Meo (l’ultima delle quali alla Renault con la Renaulution da lui voluta, ndr.).
Il debito, la mossa su Valentino
In attesa del piano strategico in primavera, alcuni passi vanno già nella direzione annunciata da de Meo, per esempio quanto alla riduzione del debito. Mercoledì scorso Kering e il fondo di investimento qatarino Mayhoola, azionista di maggioranza di Valentino, hanno annunciato un accordo per allungare di due anni la scadenza- della vendita definitiva di Valentino a Kering. Il gruppo della famiglia Pinault ha acquistato da Mayhoola il 30% di Valentino nel 2023 per 1,7 miliardi di euro, con l’opzione per il restante 70 per cento da acquistare entro il 2027, cosa che comporterebbe l’esborso di almeno tre miliardi. Il nuovo patto allunga i termini fino al 2029, offrendo a Kering più tempo per migliorare lo stato delle proprie finanze, in modo da completare l’acquisizione di Valentino quando le condizioni generali del mercato del lusso saranno forse migliori delle attuali e quando la cura de Meo avrà cominciato a fare effetto. (Nel corso dell’estate si è parlato anche di una cessione della partecipazione del 29% in Puma, quota che però non appartiene a Kering ma alla holding di famiglia Artemis. In ogni caso la vendita sembra rinviata. Nei giorni scorsi François-Henri Pinault lo ha definito un «asset non strategico», aggiungendo che Artemis mantiene «tutti i margini di manovra possibili per il futuro di questa partecipazione nel portafoglio»).
«La famiglia si adatta»
Il cambio della guardia alla direzione generale è l’occasione, per François-Henri Pinault, di una rara e lunga intervista alla testata specializzata americana WWD, nella quale il presidente di Kering ripercorre la sua esperienza alla guida del gruppo. «Rimango l’azionista di riferimento e il presidente, quindi non mi sembra di andarmene. Ma mi fa rendo conto di ciò che ho realizzato in 20 anni, ed è stata un’avventura straordinaria. Innanzitutto, ho avuto fortuna ad assumere presto queste responsabilità. Avevo 43 anni, mio padre aveva più o meno la mia età di oggi. Mi ha lasciato fare, mi ha dato fiducia fin dall’inizio… E quanto sia stato importante lo capisco ancora di più ora che è il mio turno di passare il testimone a livello operativo». E ancora: «Non è l’azienda che deve adattarsi alla famiglia, ma la famiglia all’azienda. Sarebbe molto pericoloso se l’azienda aspettasse che un membro della famiglia fosse pronto a subentrare. I membri della terza generazione erano troppo giovani, ma era giunto il momento per Kering di avere comunque una nuova prospettiva, una nuova visione (…) e Luca si è imposto naturalmente come il candidato ideale per il gruppo».
Riunioni e orario di lavoro
De Meo lavorerà con i due vice Francesca Bellettini e Jean-Marc Duplaix sulla base dei suoi principi di management citati in un recente studio della Harvard Business School, tra i quali: mai riunioni con più di 12 persone, durata massima un’ora, lavorare 65 ore alla settimana sei giorni su sette, privilegiare contatto diretto e WhatsApp, no email, parla male di te, non dei tuoi colleghi, massima disponibilità e apertura «ma non farmi perdere tempo».
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15 settembre 2025
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