di
Greta Privitera

I parenti in marcia verso casa del premier a Gerusalemme, che però lascia l’abitazione in anticipo. Il dolore: «È un codardo, i nostri cari usati come scudi umani»

Come si sopravvive a quella che potrebbe essere «l’ultima notte» di tuo figlio? Come si fa ad assistere inermi alla fine della tua famiglia, a soli settanta chilometri da te? Ci si alza dal letto, ci si rimette le scarpe e ci si unisce alla marcia. Quando l’esercito di Benjamin Netanyahu conferma l’inizio dell’offensiva terrestre a Gaza City, sono circa le 11 di sera a Tel Aviv. Esauste e tradite, le famiglie del Forum degli ostaggi si mettono in cammino verso la casa del primo ministro. Nelle chat si riscrive l’indirizzo: 35 Azza Street, Gerusalemme.

«Riceviamo con profonda preoccupazione le informazioni sull’operazione militare lanciata a Gaza City. Dopo 710 notti trascorse nelle mani dei terroristi, questa sera potrebbe essere l’ultima per gli ostaggi e anche la nostra ultima possibilità per localizzare e recuperare i deceduti e dar loro una sepoltura dignitosa», scrivono dal Forum lanciando un disperato appello a chi dovrebbe ascoltarli. Molti dei prigionieri vivi — dovrebbero essere 22 — si trovano in quella città e Israele accusa Hamas di usarli come scudi umani. «Il Primo Ministro Netanyahu sta deliberatamente scegliendo di sacrificarli per considerazioni politiche, ignorando le valutazioni del Capo di Stato Maggiore e delle forze di sicurezza. Netanyahu ha la responsabilità del destino degli ostaggi. Il popolo di Israele non perdonerà il loro sacrificio».



















































Alla testa di questa protesta c’è sempre lei, Einav Zangauker, madre di Matan e simbolo della battaglia delle famiglie israeliane. Davanti alla casa di Netanyahu, Einav si rivolge alla moglie e le grida: «Sara, esci fuori e dimmi cosa mi hai promesso a Nir Oz. Vieni, ci sono anche altri padri e madri qui. Esci e dimmi come mi hai mentito in faccia, come mi hai detto che avresti portato un accordo e fatto tornare tutti a casa. Sai come incontrarci a porte chiuse, lontano dai media, e vendi sciocchezze fatte e finite. Basta». Nei gironi infernali della guerra, queste famiglie appartengono a quello dei dimenticati, dal mondo, certo, ma soprattutto dal loro governo che dall’inizio del conflitto sembra non avere come priorità la liberazione dei prigionieri. Secondo il Forum, dopo aver appreso dai media che quei padri e quelle madri si stavano dirigendo verso la sua residenza di Gerusalemme, il Primo Ministro è fuggito. Ed è sempre la minuta ma fortissima Einav a prendere parola: «Non gli piace sentirci qui, quindi è scappato come un codardo. Lo seguiremo ovunque, giorno e notte. È finita: le maschere sono cadute. Se non si ferma davanti a nulla e manda i nostri preziosi, coraggiosi, eroici soldati a combattere mentre i nostri ostaggi vengono usati come scudi umani, non è un primo ministro degno».

Anche davanti alla residenza di Netanyahu, si controllano compulsivamente le notizie. Una portavoce ci scrive che i 37 attacchi in 20 minuti che avranno fatto gioire i ministri dell’estrema destra israeliana, «per noi sono 37 pugnalate». La polizia chiude Azza Street, a Gerusalemme in vista della protesta programmata per questa mattina.

16 settembre 2025 ( modifica il 16 settembre 2025 | 01:49)