In F1, dal 2026, tutto cambierà: una rivoluzione regolamentare, di quelle che fanno tremare i box e sognare gli ingegneri. La FIA, quel sommo ente che veglia sui destini motoristici come un antico oracolo, annuncia auto più agili, competitive, sicure e – udite udite – sostenibili. Sostenibili, pazzesco. Qua si bruciano milioni per un decimo di secondo e ora si finge di curare il pianeta. È come se un carnivoro incallito si mettesse a predicare il veganismo tra una bistecca e l’altra.
Ho letto con un misto di fascinazione e ironico scetticismo le parole di Nikolas Tombazis, il direttore per le serie monoposto della FIA, che abbiamo riportato qui su FormulaPassion. Lui, che supervisiona questa transizione epocale, parla di un futuro dove le macchine non solo cambieranno aspetto, suono e prestazioni, ma forse anche anima. Alcuni team, dice, hanno già mollato il colpo sul 2025 per concentrarsi sul grande balzo del 2026.
Già ma cosa ci aspetta nel 2026? E i dati che filtrano? Allarmanti, in quel modo elegante che solo l’alta velocità sa regalare. Pirelli, il gommista ufficiale, confida che le simulazioni delle squadre mostrano divari fino a quattro secondi al giro. Quattro secondi. In F1 è un’eternità.
Tombazis ammette: ci saranno “voragini più grandi” nelle prestazioni. Nuovi costruttori di motori, poveri diavoli, dovranno recuperare “15 anni di know-how” dai giganti come Mercedes. E la regola del 107%, quella che esclude chi è troppo lento rispetto al più veloce? Improbabile che scatti, dice lui, ma l’incertezza aleggia. Quest’anno, con McLaren a dominare, abbiamo visto sei team sul podio e qualifiche dove l’intero gruppo era racchiuso in un secondo scarso. Bello, no? Competizione vera, non monopolio.
Ma nel 2026, chissà: simulazioni, solo simulazioni, che a volte sputano fuori “storie dell’orrore”, come le chiama Tombazis. “Ho guidato l’auto e ha fatto XYZ, si lamenta un pilota, e il 99% delle volte si risolve con una chiacchierata”.
A proposito di piloti: il loro lavoro rischia di diventare un rompicapo digitale. Le nuove regole spingono sull’energia ibrida, più elettrica che mai, e decidere quando e come dispiegarla potrebbe trasformarsi in una partita a scacchi. Tombazis lo sa: già oggi gestire l’auto è un’arte, e quelle chiacchiere via radio – “Box, box, box” – sono il sale dello spettacolo. Ma guai a esagerare: “Non vogliamo che la guida diventi solo gestione energetica”, dice. Giusto. Ma è una cosa che va valutata in pratica.
I motori infatti è vero che restano turbo-ibridi, come dal 2014, ma con più enfasi sull’elettrico. Mercedes, che ha vinto nove titoli costruttori di fila, parte favorita. E per i ritardatari? Esenzioni dal cost cap, per sviluppare senza svenarsi. “Essenziale per la sostenibilità finanziaria”, difende Tombazis a spada tratta. Ma attenzione: se sei indietro e non puoi spendere, rischi “l’eterna miseria”, condannato a inseguire per sempre. Bella metafora, no? In F1 come nella vita: i ricchi restano ricchi, i poveri arrancano.
E infine, la pioggia, quel nemico ancestrale. Oggi, con le gomme full wet, si vede poco: spruzzi come code di cometa, visibilità zero. Colpa dei fondi aerodinamici. Ma nel 2026, forse, si correrà di più sotto l’acqua. Tombazis non giura certezze – “Sarei un bugiardo a dire che siamo sicuri” – ma promette progetti per evitare disastri come il GP del Belgio 2021, quando piovve tanto da mandare tutti a casa dopo un giro fantasma. “Gli spettatori pagano caro per un weekend, e poi tornano a mani vuote? Terribile”. Verissimo: in un’era di streaming e biglietti d’oro, il minimo è non deludere chi si bagna per passione.
Insomma, il 2026 si annuncia come un salto nel vuoto, o meglio, un turbine di innovazione. Più sostenibile, sì, ma con il rischio di divari abissali e piloti trasformati in strateghi energetici.
vincenzo.borgomeo@formulapassion.it