di
Giovanni Viafora

Dellantonio (Presidente Cnsas): «Con il caldo record e la spinta dei social, sentieri invasi dai turisti. Errori e improvvisazione, oggi la gente pensa che sia umiliante chiedere informazioni. Così abbiamo recuperato un cuoco a 3100 metri che di notte scalava una montagna con le scarpe da ginnastica»

«Io, un’estate così, con tanti morti in montagna, non me la ricordo. Siamo oltre ogni limite».
Maurizio Dellantonio, capo del Soccorso alpino nazionale, cosa sta succedendo?
«Ottantatré decessi e cinque dispersi solo nel primo mese di vacanza (dal 21 giugno al 23 luglio, ndr). Quasi tre incidenti fatali al giorno, siamo a circa un 20 per cento in più di interventi rispetto alla media».

Come se lo spiega?
«Gente ovunque, sentieri strapieni. È iniziato tutto a metà giugno, con la fine della scuola: mentre a valle non si respirava, qui su faceva bel tempo. L’anno scorso non era così».



















































Siamo quasi alla profezia di Righetto, de «I prati dopo di noi»: l’umanità che si trasferisce sui monti per fuggire dalle città invivibili…
«Il clima è cambiato. Basti pensare a quello che è successo tre anni fa sulla Marmolada. Però quello che ci preoccupa, oggi, è il tasso di mortalità».

Chi sono le vittime?
«Nel 60 per cento escursionisti. Scivolano, si fanno male. Contano tanto anche i malori: c’è chi non sta bene, eppure si avventura lo stesso. Il restante 40 per cento sono alpinisti, biker, paracadutisti. Molti non conoscono i propri limiti. Vediamo certe cose…».

Racconti.
«La settimana scorsa, in Val Senales, siamo andati a recuperare un cuoco trentenne che si era messo in testa di raggiungere Cima Palla Bianca, a 3600 metri, partendo di sera, dopo il turno di lavoro. Arrivato a 3100, in piena notte, ci ha chiamati perché stava congelando. Indossava solo scarpe da ginnastica».

Almeno, in questi casi, viene messo in conto l’intervento?
«Esistono tre livelli di ticket, a seconda della Regione. In Trentino si pagano 750 euro a persona, in Veneto si arriva anche a mille, se vieni recuperato illeso. Ma il punto è un altro: metà di quelli che salviamo si rifiuta di pagare. Anche quando, di fatto, gli hai salvato la vita».

Qualcuno, di persona, l’ha rimproverato?
«L’anno scorso, sopra Passo San Pellegrino, un tale ha imboccato una ferrata con la figlia in braccio. Non era legato, sotto c’erano cinquanta metri di vuoto. L’indomani mi sono fatto dare il numero e l’ho chiamato. “Caro mio”, gli ho detto, “non funziona così. Ti è andata bene, sei vivo per miracolo”».

L’altro giorno è stato trovato senza vita in Valle d’Aosta un ragazzino di 15 anni, che si era perso.
«Quei genitori passeranno dei guai. In montagna non si va mai da soli. Bisogna essere severi. Sui giovani conta molto anche l’influenza dei social».

In che modo?
«Uno fa una foto e scrive: “Sono arrivato in cima”. Il giorno dopo c’è subito chi ci prova, anche senza prepararsi. Un tempo mi chiamavano: “È sicuro quel sentiero?”. Ora sembra umiliante farsi trovare impreparati. Si va al buio. E poi, se posso dire, i ragazzi di oggi sono anche meno forti di un tempo…».

Nello zaino cosa ci va?
«Acqua, cibo, occhiali e un ricambio. Solo un escursionista su due si porta la mantella o lo spolverino. Naturalmente poi bisogna assicurarsi di avere un cellulare carico, con installata l’app “GeoResQ”. Funziona benissimo».

C’è un problema di sentieri?
«No, ma con questi forti temporali, capita spesso che il giorno dopo i percorsi risultino disordinati. Per questo è fondamentale monitorare in tempo reale le condizioni meteo, prima di mettersi in cammino».

Da capo del Soccorso alpino lei va ancora in missione, è vero?
«Sì, mi metto a disposizione del caposquadra. In Val di Fassa viaggiamo al ritmo di 6-8 interventi al giorno».

Con tutte queste chiamate non c’è un rischio che si saturi il sistema?
«Per ora no, anche perché con noi operano la Guardia di Finanza e il 118. Ma spesso ci si dimentica del rischio che corrono i volontari. L’altro giorno, sulle Tofane, tre alpinisti erano bloccati. Uno era volato giù. Siamo intervenuti di notte, senza elicottero. Ci siamo calati dalla cima, su una via difficilissima. Un intervento al limite».

L’estate è ancora lunga. Cosa si sente di dire?
«La montagna è un luogo meraviglioso, adatto a tutti — anche ai neonati — purché si sappia dove andare. Ma tutte queste morti non le rendono onore».

27 luglio 2025