Il racconto di tre allenatori di rugby
Quest’estate abbiamo avuto il privilegio di vivere un’esperienza speciale con i bambini del Progetto SAME, grazie alla collaborazione con i campi estivi organizzati da Sport Senza Frontiere presso il Circolo “Le Muse” di Roma.
Il Progetto Europeo SAME, promosso dall’associazione ECOS – European Culture and Sport Organization, in collaborazione con Programma Integra – Federazione Rugby – Next Salute e Servizi, nasce con l’obiettivo di favorire l’inclusione sociale di minori con background migratorio attraverso lo sport, e in particolare attraverso il rugby, con i suoi valori di squadra, rispetto reciproco e solidarietà.
Da giugno ai primi di agosto, tre volte a settimana, come allenatori del progetto (Luigi, Damiano e Achraf) abbiamo portato il rugby dentro il campo estivo, incontrando bambini e ragazzi dai 4 ai 16 anni provenienti da contesti molto diversi. Ogni settimana ci trovavamo davanti a un gruppo nuovo: volti e storie che cambiavano continuamente, costringendoci a ricominciare da capo ogni volta, a spiegare le regole, a trasmettere i fondamentali del gioco e, soprattutto, ad accendere la scintilla della curiosità.
La ricchezza di questa esperienza è stata proprio nella diversità: 151 bambini di 29 diverse nazionalità, molti dei quali con background migratorio, provenienti dai Centri SAI. Sudamericani, africani, asiatici, ucraini e palestinesi: ciascuno con la propria lingua e cultura, ma tutti capaci di ritrovarsi insieme in campo. La palla ovale è diventata il loro linguaggio comune, un ponte immediato che ha permesso di giocare, ridere e imparare senza barriere.
In totale, nelle otto settimane, il Progetto Europeo SAME ha garantito 370 settimane di centro estivo donate gratuitamente a minori fragili, con oltre 700 ore di sport. Numeri che raccontano l’impatto reale e concreto di questa iniziativa: non solo attività sportiva, ma un’occasione di crescita, socializzazione e integrazione per decine di ragazzi e ragazze.
Certo, non è stato sempre facile: il ricambio continuo dei bambini non ci ha permesso di seguire un percorso lungo, di vedere i progressi di un gruppo stabile. Ogni volta che iniziavamo a costruire un legame, arrivava già il momento dei saluti. Ma ciò che resta sono le espressioni di stupore e di gioia, i sorrisi che spuntavano dopo i primi passaggi, l’entusiasmo contagioso che trasformava timidezze e diffidenze in gioco condiviso.
Il nostro scopo era trasmettere almeno un po’ della nostra passione: non sappiamo se tra quei volti ci sia un futuro giocatore o una futura giocatrice, se qualcuno continuerà a coltivare questa strada, ma sappiamo che, anche solo per qualche ora, quei bambini hanno potuto correre, divertirsi e sentirsi parte di una squadra, scoprendo la bellezza di uno sport che insegna a cadere e rialzarsi insieme.
Un sentito ringraziamento va a tutte le persone e realtà che hanno reso possibile questa esperienza: a Daniela De Angelis della FIR, che per prima ci ha spronati e sostenuti, a Valeria Ciocchetti di Sport Senza Frontiere, che ha accompagnato sul campo l’organizzazione del centro estivo, e naturalmente all’associazione ECOS, che ha promosso e reso concreta questa opportunità. Grazie anche a educatori, volontari e tecnici delle altre discipline che hanno condiviso con noi questa estate di sport e inclusione.
Quello che resta è l’immagine di un’estate piena di volti diversi, uniti per qualche ora sotto il segno del rugby. Ed è forse questo il risultato più grande del Progetto SAME: dimostrare che lo sport, se vissuto con passione e spirito di apertura, può diventare un vero strumento di incontro e integrazione.
Firmato Luigi, Damiano e Achraf