La Formula 1 è lo sport della velocità, del coraggio, della tecnologia estrema. Eppure, sempre più spesso, a fare notizia non sono i sorpassi o le vittorie, ma le decisioni — o le indecisioni — della FIA, la federazione che dovrebbe garantire giustizia ed equità. Oggi il rischio è che il regolatore stia diventando il protagonista indesiderato del Mondiale, offuscando lo spettacolo in pista.

Le dimissioni del vice presidente sportivo Robert Reid, ultimo di una serie di abbandoni eccellenti, sono soltanto la punta dell’iceberg. All’interno dell’organizzazione serpeggia malcontento, e fuori dai palazzi la percezione è chiara: la FIA è in crisi di credibilità.

Decisioni opache e tifosi disillusi

Perché una penalità a un pilota arriva in un caso e non in un altro? Perché alcune direttive tecniche vengono applicate con rigidità chirurgica, mentre altre sembrano lasciate cadere nel vuoto? I tifosi si fanno queste domande ogni weekend. E non trovano risposte.

In uno sport che vive sulla passione, sull’immediatezza e sull’adrenalina, questa sensazione di arbitrarietà è devastante. Un Mondiale si deve vincere in pista, non nei corridoi di Ginevra.

Il confronto con il passato

La Formula 1 non è mai stata immune da conflitti regolamentari. Ricordiamo i duelli tra Ferrari e McLaren, le polemiche sugli scarichi soffiati, le gomme, il “mass-damper”. Ma allora il regolatore, pur criticato, manteneva una certa autorevolezza. Oggi, invece, la FIA sembra più attenta a difendere la propria immagine che a fare chiarezza.

Il risultato? Piloti frustrati, team polemici, tifosi disillusi.

La FIA, il “nemico” della Formula 1?

La provocazione è forte, ma inevitabile: se il regolatore perde credibilità, diventa il peggior avversario dello sport stesso. Oggi la FIA rischia di minare quel patto implicito che lega chi guida a 300 km/h, chi lavora dietro le quinte e chi segue davanti alla tv: il patto della fiducia.

Senza fiducia, la Formula 1 diventa solo un teatrino politico, con auto di contorno.

Le riforme necessarie

Se la FIA vuole recuperare credibilità, servono cambiamenti radicali:

  • Trasparenza totale nelle decisioni, con motivazioni pubbliche e dettagliate.
  • Un organo indipendente di revisione, che tolga l’ombra di conflitti d’interesse.
  • Coinvolgimento reale di team e piloti nei processi decisionali.

Non sono concessioni, sono condizioni minime per la sopravvivenza di questo sport come competizione autentica.

Conclusione: il vero Gran Premio si corre nei palazzi 

La Formula 1 è spettacolo, innovazione, adrenalina. Ma tutto questo rischia di essere sprecato se a decidere il destino dei campionati non sono i sorpassi all’ultima curva, bensì i cavilli burocratici.

Il vero avversario, oggi, non è Verstappen per Hamilton, non è Ferrari contro Red Bull, non è McLaren contro Mercedes.

Il vero avversario si chiama FIA.

E la domanda che resta sospesa è una sola: chi controlla chi controlla la Formula 1?