di
Luigi Ferrarella

Tribunale del Riesame, le motivazioni dell’annullamento in agosto dell’arresto di Alessandro Scandurra per i suoi rapporti con Manfredi Catella: «Non ci sono indizi di colpevolezza»

«È svilente la semplificazione argomentativa» della Procura e del Gip di Milano nella inchiesta sull’urbanistica cittadina, e cioè la tesi per cui «sarebbe sufficiente l’esistenza di un pagamento e lo svolgimento della funzione pubblica in presunto conflitto di interessi per poter ritenere sussistente un accordo corruttivo». È per mancanza di gravi indizi di colpevolezza sul reato di corruzione, e non per difetto di esigenze cautelari, che il Tribunale del Riesame di Milano lo scorso 12 agosto ha annullato il primo degli arresti operati dal gip Mattia Fiorentini, quello dell’architetto Alessandro Scandurra per i suoi rapporti professionali con lo sviluppatore immobiliare di Coima sgr, Manfredi Catella. Lo si ricava dalle motivazioni depositate martedì mattina dalle giudici Pendino-Ghezzi-Papagno, per le quali «non si comprende sulla scorta di quali evidenze il gip abbia ritenuto che gli incarichi di progettazione siano stati affidati a Scandurra in ragione della sua funzione pubblica» di componente della Commissione Paesaggio del Comune di Milano, «e non dell’attività di libero professionista. A diverse conclusioni potrebbe giungersi laddove fosse stato dimostrato il patto corruttivo con Catella, «ma ciò non è avvenuto». Per il Tribunale del Riesame «emerge in definitiva un quadro fattuale confuso» delle indagini, «che non permette di apprezzare se Scandurra avesse concretamente polarizzato attorno a sé una cerchia di imprenditori risoluti a pagarlo per ottenere l’aggiudicazione di pareri favorevoli dalta Commissione per il Paesaggio».

Anche la fattura di 22.000 euro, che per il gip sarebbe stata falsa, alla luce dei documenti valorizzati dai difensori Giacomo Lunghini e Luciano Paris «non è affatto falsa ma riferita all’attività svolta da Scandurra per Coima, per l’importo esattamente concordato», e in date coerenti se si coglie un errore materiale che invece mostra la data esatta nella versione digitale del contratto. «Dunque, se queste sono le evidenze, non vi è alcuna prova del patto corruttivo. Scandurra – scrive il tribunale – ha partecipato alla “decisiva” seduta del 5.10.2023 della Commissione Paesaggio prima che il rapporto con Coima fosse formalizzato e in aderenza a quella che era la nuova disciplina del conflitto di interessi».



















































Niente astensione

Il Tribunale del Riesame incrina anche l’altro caposaldo dell’indagine, e cioè la contestazione di falso sulle dichiarazioni delle qualità personali da parte dei professionisti che, nominati in Commissione Paesaggio del Comune di Milano, non si astenevano quando esaminavano progetti di costruttori con i quali avessero rapporti patrimoniali. Le difese avevano sempre rimarcato il fatto che il Regolamento Edilizio Comunale, per quanto strano potesse sembrare, fino a giugno 2023 imponesse l’astensione soltanto sui progetti che gli architetti avessero direttamente realizzato, non anche sugli altri progetti di costruttori loro clienti. 

«Il Regolamento Edilizio Comunale non può essere sminuito nella sua portata applicativa», scrivono ora le giudici, per le quali è sicuramente vero «come la disciplina del conflitto di interessi fosse connotata da indubbi profili di lacunosità e ambiguità a riprova della non immediatezza della portata precettiva della regolamentazione: circostanza del tutto trascurata dal gip che, anziché affrontare il tema con argomentazioni più ficcanti, ha biasimato gli indagati accusandoli di volersi “trincerare” dietro il Regolamento Edilizio. Ma se davvero fosse stato tutto così chiaro e lineare, perché l’intervento modificatore del 29.5.2023?». E comunque «non si evince da alcuna delle evidenze investigative che Scandurra fosse consapevole di un dovere di astensione di portata più ampia rispetto a quello previsto dal Regolamento Edilizio del Comune».

Più in generale al gip viene rimproverato di aver «omesso di considerare le risultanze probatorie nella loro dimensione dinamica, riproponendole acriticamente e connotandole di autoevidenza come dimostrano le chiose finali, comuni a tutti gli indagati ed ai rispettivi capi di incolpazione».


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16 settembre 2025 ( modifica il 16 settembre 2025 | 12:46)