di
Marco Bonarrigo
Se lo sloveno è un fenomeno totale che vuole vincere tutto, dai grandi giri alle Classiche, il danese si concentra solo sul mese della Grande Boucle, da cui però sta uscendo sconfitto per la terza volta
Dopo Coppi contro Bartali, dopo Merckx contro Gimondi e Fuentes, dopo Hinault contro Fignon (e LeMond), dopo Indurain contro Pantani e Ullrich, dopo Armstrong contro i suoi fantasmi (e il resto del mondo), il ciclismo si ritrova da cinque anni con una nuova rivalità totale, monopolizzante tra un ragazzo sloveno e uno danese: Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard. La quinta battagli tra i due sul palcoscenico più importante, quello del Tour de France, si conclude domenica a Parigi. Ma a due tappe dalla fine, salvo clamorosi incidenti, Pogacar ha inflitto al rivale sulla salita alpina di La Plagne il colpo del 3 a 2 portando a casa la sua quarta Grande Boucle.
Tutto questo nel ciclismo sempre molto conservatore che fino a pochi anni fa salutava con stupore i successi di americani, australiani e del primo africano come se fossero la folcloristica invasione di campo di una cultura aliena rispetto a quella europea, da sempre dominante.
E adesso, da cinque anni, la contesa tra Pogacar e Vingegaard ha cancellato la memoria di quelle del passato, specie quelle inquinate dal doping. Andando a confrontare la partecipazione dei due ai Tour, si scoprono delle coincidenze cronometriche incredibili. Pogacar ha conquistato il suo primo Tour nel 2020, superando in un’incredibile ultima frazione a cronometro sulla Planche des Belles Filles il suo connazionale Primoz Roglic. In quell’edizione del Tour Vingegaard non c’era, debutterà alla Grande Boucle l’anno successivo. Pogi farà il bis nel 2021, Vingo lo batterà nettamente e dolorosamente nel 2022 e 2023, Tadej stabilirà il 2-2 nelle sfide dirette nel 2024 salendo a quota tre vittorie complessive. E ora alla vigilia di Parigi è lanciato appunto verso il quarto successo come solo Chris Froome.
Andando a calcolare i distacchi tra i due rivali (2021: 5’20” per Pogi, 2022: 2’43” per Vingegaard, 2023: 7’29” per Vingegaard, 2024: 6’17” a favore di Pogacar) si scopre che dopo circa 14 mila chilometri di Tour e circa 330 ore pedalate i due rivali alla partenza dell’edizione 2025 erano separati soltanto da 84 secondi a cui si aggiungeranno i poco più di 5 minuti di quest’anno: tre chilometri su oltre 17 mila.
Tadej e Jonas arrivano da due piccole nazioni (2,1 milioni di abitanti la Slovenia, 5,9 la Danimarca) di grande cultura sportiva ma modesta tradizione ciclistica professionistica. L’eroe del ciclismo danese è stato Rolf Sorensen (due tappe al Tour e due grandi classiche negli anni Novanta), quello (trascinante) del movimento sloveno Primoz Roglic, un ex saltatore con gli sci che passato al ciclismo dopo un infortunio in gara ha saputo vincere Giro e Vuelta, quattro volte, tra 2019 e 2024, perdendo il Tour solo dal connazionale: corridore timido, irregolare, poco trascinante.
Pogi ha cominciato da piccolo affiliandosi a un club del suo villaggio, Vingo è stato strappato al calcio e al mercato del pesce dove aiutava i genitori. In un sistema come quello italiano o francese o belga – dove si diventa ciclisti perché papà, zio o nonno sono stati ciclisti – se non fossero stati scoperti da talent scout due talenti del loro livello probabilmente avrebbero continuato a giocare a calcio o sciare. Realizzato il loro valore assoluto, i due sono immediatamente stati messi sotto contratto (a vita) dai due team più ricchi del ciclismo, Uae Emirates e Jumbo Visma. Nessuno ha potuto o potrà mai competere con i loro ingaggi e il loro supporto in corsa e in allenamento.
Pogacar e Vingegaard sono atleti completamente diversi e il loro unico punto d’unione è il Tour de France. Lo sloveno vuole vincere e stravincere tutto e in ogni modo possibile. Il Giro e il Tour nello stesso anno (2024), il Giro è la Vuelta idem (tra un mese?), tutte le classiche monumento (ci siamo quasi), il Mondiale e le piccole corse. Oltre a vincere, ama esagerare con imprese senza pari (i 100 chilometri in fuga che gli hanno regalato la maglia iridata a Zurigo) e con una capacità di rimanere in forma da febbraio a ottobre che solo lui riesce a reggere. Per Vingegaard invece esiste solo il Tour, come fu per Indurain e Armstrong nel passato: tutte le altre corse servono solo a prepararlo.
Tecnicamente Pogacar è forse il corridore più completo della storia, non c’è qualità dove non sia a livello di eccellenza assoluta a parte ovviamente le volate di gruppo (che spesso comunque prova a fare). Vingegaard è meno esplosivo (sulle salite brevi), leggermente superiore al rivale in salita e almeno allo stesso livello a cronometro anche se non ha la stessa continuità dello sloveno nell’arco.
Per entrambi il ciclismo è ragione di vita assoluta, totale assieme alle compagne Urska e Trine.
Nelle salite pirenaiche del Tour 2025 i due hanno espresso simultaneamente i tempi di scalata più veloci mai visti nella storia. Tadej e Jonas sono in grado di scalare una strada di montagna al 9% di pendenza media per 45 minuti a una velocità ascensionale di 1.800 metri/ora, valore considerato disumano fino a pochi anni fa. Alle Alpi Vingegaard però è arrivato in ritardo di 4’ rispetto al rivale, per aver perso molto tempo nella cronometro di Caen e sull’Hautacam dove lo sloveno è salito con un altro passo. Alla vigilia era in grande forma, cosa sia successo al suo organismo in quella settimana lo sanno solo i suoi tecnici.
Alla forma della vita, Vingo è quindi arrivato sulle Alpi: troppo tardi per recuperare. E sul Ventoux è riuscito soltanto a spaventare il suo grande rivale che, arrivato sulle stesse montagne alpine dove aveva incassato un paio di dure lezioni in passato, ha deciso di frenare i suoi istinti e di correre con più prudenza. La quarta vittoria al Tour di Pogi è di gambe e di testa. La sfida potrebbe ripetersi a fine agosto per la prima volta alla Vuelta oppure al prossimo Tour. Resta il fatto che Pogacar è un fenomeno totale, Vingegaard uno attivo soltanto per un mese l’anno.
27 luglio 2025
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