Alle volte può essere molto difficile riuscirci.
«Sì, anche io a volte ho bisogno di crollare, ma il giorno dopo cerco di alzarmi più forte, con strumenti in più per affrontare il domani».
Come ha vissuto i cambiamenti estetici dovuti alle cure?
«Con la parziale caduta dei capelli, ho fatto un taglio corto e ho cercato di cambiare un po’ la mia immagine. Ho scoperto che un taglio corto può anche essere molto figo. Le cicatrici le porto con orgoglio: sono come medaglie».
Qualcuno vede la malattia come un dono.
«Io no: mi ha distrutta. Su di me la malattia ha prodotto anche qualcosa di positivo, è diventata uno strumento per analizzare la vita, e di certo i problemi quotidiani, che per molti diventano insormontabili, non sono più tali per me. Ma non arriverò mai al punto di ringraziarla. E non mi ha fatto diventare forte, no: il cancro mi ha spinto a premere quel bottone, ma il coraggio lo avevo già dentro».
Qualcun altro vede la malattia come una battaglia.
«No, il tumore al seno non è una battaglia, è una realtà che fa parte della vita delle donne. Però possiamo sicuramente parlare di nemico, quando parliamo del cancro».
Ci saranno tanti invitati al suo matrimonio?
«No, sarà un matrimonio piuttosto intimo, perché tanti amici, negli ultimi anni, si sono un po’ allontanati, con la scusa di “non sapere cosa dire”. È brutto: a volte basterebbe semplicemente un abbraccio. Ma non vedo l’ora che arrivi quel giorno per dare ai miei genitori la possibilità di essere felici, di piangere finalmente di gioia. Sarà un matrimonio come tanti, e io mi sentirò in tutti i modi possibili una normale ragazza che si sta sposando».
Il concetto di normalità è molto importante per lei.
«Lo perseguo con tutta la mia forza: ad esempio, quando avverto un malessere, non lo associo subito alla malattia. Cerco di non farla diventare sempre protagonista».
Ci parli del suo futuro marito.
«L’ho conosciuto poco prima della mia diagnosi. Mi è sempre stato accanto, anche se non deve essere stato semplice: nella maggior parte dei casi, le donne malate vengono lasciate, perché i loro uomini sentono il bisogno di una famiglia o di figli che magari non potranno mai arrivare. Anche se non avesse voluto sposarmi, lui mi ha già detto che mi ama nel migliore dei modi possibili».
Lei crede in Dio?
«La fede è un appiglio importante: non riesco a pensare di soffrire invano. Voglio immaginare di rinascere in qualche modo. Ho avuto anche grandi fortune: la possibilità di viaggiare, di lavorare, di vivere un amore grande. Questa vita è valsa la pena di essere vissuta».
Se potesse dare un consiglio a una giovane donna che riceve oggi la sua stessa diagnosi, quale sarebbe?
«Quello di affrontare un giorno per volta. Suggerirei di vivere l’oggi assaporando tutto quello che può offrire. Di cercare di trovare un senso alla propria storia, e di darle un titolo che abbia il sapore di una rinascita interiore».