TRENTO. Si allarga il focolaio di lingua blu in Trentino? Questo quanto sembra emergere dal bollettino epidemiologico nazionale veterinario dell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise.

 

Dopo i primi casi riscontrati nei mesi scorsi sul territorio provinciale (Qui articolo), la malattia si sarebbe ulteriormente diffusa in altre zone. La febbre catarrale è una malattia infettiva dei ruminanti domestici e selvatici. L’orbivirus che la provoca viene trasportato da un moscerino ematofago del genere culicoides lungo appena un paio di millimetri, senza la malattia non si trasmette in altro modo. Provoca enormi danni e non è contagiosa per l’uomo o altre specie. 

 

“Negli animali infettati colonizza i globuli rossi con una viremia che può durare fino a un paio di mesi”, commenta Paola Demagri, consigliera provinciale di Casa Autonomia. “Poiché però è la pecora la specie più sensibile e in Trentino, a causa della transumanza, la specie più ‘mobile’, è per questo tipo di allevamento che in Provincia il danno si presenta come particolarmente preoccupante”.

I focolai emergono dal Bollettino epidemiologico nazionale veterinario dell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale”, ente che aggiorna in tempo reale i dati sui focolai di malattia su tutto il territorio provinciale.

 

La gestione a livello provinciale è tutta a carico dell’allevatore, in barba all’autonomia politica e amministrativa. Invece, per esempio, in Sardegna esistono contributi e indennizzi ad hoc”, evidenzia Demagri. “I fondi sono destinati agli allevatori che hanno subito danni economici a causa della diffusione del virus o per sostenere le spese della vaccinazione. I contributi sono erogati dalla Regione, tramite l’Assessorato dell’Agricoltura e prevedono anche la copertura dei costi indiretti retroattiva anche per i vaccini di tutto il 2025. Anche in Svizzera, la Confederazione ha stanziato 10 milioni di franchi per la vaccinazione contro la malattia della lingua blu e la malattia emorragica epizootica. Con la somma restante i detentori di animali possono ottenere retroattivamente riduzioni sui prezzi per il vaccino somministrato per ogni animale che ha completato l’immunizzazione di base e per ogni sierotipo”.

 

E proprio la prevenzione è per Demgari un aspetto strategico. “Si deve spingere in questa direzione. Questo vale in campo idrogeologico, in sanità e in agricoltura ma anche per la zooprofilassi. Già gli allevatori ricevono poca o scarsa attenzione dalla Provincia e sono le recenti mostre degli allevatori e desmalgade che ci sono in questo periodo sul territorio che mettono in evidenza bisogniattese risposte“.

 

La Provincia “può agire con poco, visto il sostanziale disavanzo in assestamento, ma con moltissimi risultati per l’allevatore. In termini economici si parla di 35 mila pecore e di 45 mila bovini: si tratta di 80.000 capi da vaccinare con un impegno di 240 mila euro“.

 

Dopo Pinè e Imer, si aggiungerebbe quindi un focolaio a Roncegno. “Fortunatamente la positività riguarda il sierotipo 4, il meno preoccupante dal punto di vista clinico. Pare però che ci siano anche altri Comuni interessati, in particolare in bassa Vallagarina”. Da qui l’interrogazione dell’esponente di Casa Autonomia per chiarire la situazione. 

 

“La Provincia ha conoscenza di tutti i focolai di Bluetongue sul territorio? E se sì in quali Comuni e di quale sierotipo c’è la diffusione della malattia?”. Si chiede inoltre se piazza Dante intende prendere contromisure. “Un piano di indennizzo per costi diretti e indiretti provocati dalla presenza della lingua blu sul territorio provinciale quali danni al patrimonio zootecnico e anche in forma retroattiva per i costi relativi alle vaccinazioni del bestiame”, conclude Demagri.