Quanto avvenuto in Moto2 domenica a Misano, ossia la vittoria di Celestino Vietti, merita un “ritorno” e spinge a effettuare una riflessione sull’immediato futuro del motociclismo italiano. Si ragiona in ottica 2027, quando la MotoGP entrerà in quella che viene a tutti gli effetti definita una “nuova era”, figlia della rivoluzione regolamentare legata a motori, elettronica e aerodinamica.
Come sappiamo, l’Italia della moto ha trovato una vera e propria golden generation di piloti nati fra il 1997 e il 1998. Al di là della crisi attuale, è indiscutibile come Francesco Bagnaia sia uno dei centauri tricolore più blasonati di sempre. Marco Bezzecchi ha attraversato un periodo opaco, ma ora è tornato al vertice assoluto. Enea Bastianini è uomo da alti e bassi, i cui picchi però sono stati abbaglianti. Luca Marini è attualmente condizionato dalla scarsa competitività di Honda, ma tutti lodano il suo lavoro. Non è infine ancora chiara la dimensione di Fabio Di Giannantonio, il cui potenziale è verosimilmente più alto di quello mostrato sinora.
Se li citiamo in ordine anagrafico abbiamo Bagnaia, Marini, Bastianini, Di Giannantonio e Bezzecchi. Tutti nati tra il gennaio 1997 e il novembre 1998. Ragionando in chiave 2027, è palese come questa generazione arriverà a quel Mondiale con un’età compresa fra i 30 e i 28 anni. Non sono troppi, ma neppure pochi e la grande sfida sarà quella di adattare il proprio stile di guida alle nuove moto, che saranno totalmente differenti da quelle attuali. Farlo dopo intere stagioni di automatismi e di limiti sconosciuti in passato, ai quali ci si è spinti grazie all’elettronica e alle appendici aerodinamiche, potrebbe non essere semplice.
Vale per tutti, sia chiaro, non solo per gli italiani. Ci si trova di fronte a un’incognita suprema, che per alcuni potrebbe essere una grande opportunità e – viceversa – per altri un ridimensionamento e una condanna all’anonimato. Reinventarsi non è scontato. Proprio per questo, chi “parte da zero”, senza avere riferimenti precedenti in MotoGP potrebbe paradossalmente essere avvantaggiato, o quantomeno non avere alcuno svantaggio rispetto a chi ha esperienza.
Però il filone dell’oro appare esaurito. Ai cinque citati, chi si può aggiungere? Verosimilmente, almeno nel 2027, solo Nicolò Bulega e, appunto, Celestino Vietti. È indubbiamente più concreta l’ipotesi di un approdo nel Motomondiale dell’emiliano (classe 1999, quindi non molto più giovane del quintetto di cui sopra), attualmente stella del Mondiale Superbike. Ducati – seppur in maniera non dichiarata apertamente – sta preparando il terreno per portarlo in MotoGP, come testimoniato dal programma di test previsto per il 2026.
Il piemontese, ventiquattro anni da compiere a ottobre, si giocherà invece il proprio futuro nel 2026, quando affronterà la sua sesta stagione in Moto2. Sarà quella dell’ora o mai più. Sinora non ha mai trovato continuità nelle categorie formative (siamo a 6 vittorie nella classe cadetta senza, però, che abbia chiuso un campionato fra i primi cinque). Cionondimeno, il pregresso può non avere alcun peso. Conterà quanto verrà messo in mostra nella prossima stagione.
Il #13 della SpeedUp, in passato, è stato considerato un papabile per una MotoGP. Era stato accostato alla struttura satellite Aprilia e al Team VR46. Bisogna ricordarsi come tanti contratti attualmente in essere scadranno proprio a fine 2026. Verosimilmente, il mercato piloti 2027 comincerà molto presto. Dunque, per Vietti, sarà cruciale chiudere bene il 2025 e cominciare alla grande l’annata ventura, in maniera tale da giocarsi le possibilità di issarsi nella classe regina, dove l’Italia non ha un rookie ormai dal 2022.