Sta pericolosamente diminuendo l’età in cui si comincia a fumare – —
Il fumo da tabacco ha reclutato, dopo il Covid-19, nuovi dipendenti soprattutto fra i giovani. Nella fascia d’età adolescenziale si inizia a fumare all’età di 11 anni. I fumatori hanno superato in Italia gli 11 milioni di persone determinando un enorme carico di lavoro per il Servizio sanitario nazionale (Ssn), essendo il fumo da tabacco un fattore di rischio per ben 27 malattie. Si pensa infatti normalmente al tumore del polmone e si dimenticano molte altre malattie cardiovascolari, visive e altre ancora, inclusa l’artrite reumatoide.
Si erano riposte speranze nelle cosiddette sigarette elettroniche e nelle sigarette che non bruciano, ma conosceremo i risultati solo fra qualche decennio. Per ora sappiamo che non eliminano le sigarette ma inducono dipendenza, perché contengono nicotina e, fra l’altro, danneggiano i polmoni, creando forme di polmonite non infettiva. Purtroppo, senza alcun controllo da parte dei ministeri competenti, sono entrati nelle tabaccherie alcuni preparati gustosi che contengono nicotina. Sono accompagnati da un foglietto illustrativo che richiede di tenere il prodotto lontano dai bambini e avverte che è controindicato per chi è affetto da ipertensione o da malattie cardiovascolari. Sembrerebbe un farmaco, ma tutti lo possono comperare senza prescrizione. Come è possibile? Dove sono i controlli? Sono prodotti che devono essere eliminati subito!
Se guardiamo all’orizzonte del fenomeno fumo, ci accorgiamo che una situazione così negativa per la salute privata e pubblica non interessa a nessuno, e tanto meno ai nostri governi, che si limitano a riscuotere circa 15 miliardi di euro in tasse, ignorando le enormi spese che deve affrontare il Ssn per prendersi cura delle malattie dei fumatori.
Non possiamo perciò non avere interesse per fare in modo che il fumo nuoccia il meno possibile alla salute. Da questo punto di vista occorre considerare che la libertà di farsi del male ha un limite, ovvero quando ciò si estende a un danno per gli altri. Vediamo quindi cosa dovrebbe fare lo Stato per diminuire i danni personali e collettivi creati dal fumo e dai suoi derivati.
Anzitutto occorre potenziare gli screening per i tumori, sollecitando i fumatori a sottoporsi a controlli, nel loro interesse. Quanto prima ci si accorge della presenza di un tumore, tanto più efficaci tendono a essere gli interventi. Si dovrebbero invitare i fumatori a rivolgersi ai Sert, servizi per le tossicodipendenze dove ricevere informazioni e indicazioni per liberarsi dalla schiavitù della nicotina. Ma sappiamo chi sono i fumatori? Le Ats conoscono quanti sono e chi sono? Normalmente neanche i medici di medicina generale lo sanno.
Ecco un primo suggerimento. In ogni Comune piccolo o grande che sia dovrebbero essere noti i fumatori per aiutarli a smettere il più presto possibile. In particolare, si dovrebbero fare controlli sui minorenni che, nonostante la proibizione da parte delle leggi, trovano il modo di avere a disposizione le sigarette o i prodotti derivati. La legge Sirchia è stata fondamentale per evitare il fumo passivo, vietando di fumare al chiuso. Tuttavia il fumo passivo è ancora presente e dovrebbe essere abolito attraverso adeguati controlli e multe. Perché passeggiando per la strada devo respirare il fumo dei fumatori? Perché lo devo subire nei parchi, nelle spiagge, sotto gli ombrelloni, nei ristoranti all’aperto o quando attendo un mezzo pubblico? È così difficile fare una legge per proibire il fumo passivo anziché aspettare un regolamento da parte dei singoli Comuni?
Un’altra possibilità è adeguare il prezzo delle sigarette al livello internazionale. In Italia un pacchetto di 20 sigarette costa al massimo 5 euro, mentre in Francia ne costa 12 e in Australia quasi 20. I politici hanno così tanta paura di perdere voti? L’aumento del prezzo farebbe diminuire i consumi e aumentare gli introiti delle tasse. Un altro modo per scoraggiare l’impiego delle sigarette è stampare a grandi caratteri: “Questo prodotto determina cancro”. Come pure scrivere sui distributori automatici di sigarette: “Qui si vende cancro!”.
Ancora, non dimentichiamo che si utilizzano circa 18.000 ettari di terreno per coltivare tabacco sottraendo terreno alla forestazione per poi lamentarci per il cambiamento del clima. Perché non incentivare il cambiamento di coltura, ad esempio, privilegiando le piantagioni di ulivi? Sarebbe importante orientare il mercato verso prodotti che inducono salute anziché malattie. Non solo, oggi attraverso i progressi delle biotecnologie genetiche potrebbe essere possibile coltivare tabacco che non contiene nicotina. Sarebbe un grande vantaggio perché sarebbe possibile smettere facilmente senza passare attraverso tutte le difficoltà dell’astinenza.
Infine, non dimentichiamo un altro danno generalizzato indotto dal fumo. Ogni anno si bruciano circa 50 miliardi di sigarette. Si pensi alla quantità di sostanze cancerogene, infiammatorie e irritanti che entrano nell’atmosfera e che alla fine tutti noi respiriamo, con danni alla salute. E ancora, 50 miliardi di mozziconi cadono sul terreno, e i prodotti tossici finiscono nell’acqua e nel cibo.
Questi suggerimenti provengono dal buon senso e sarebbero in armonia con i dettami della nostra Costituzione. È veramente triste constatare che i Governi su questo tema non rispettano la Costituzione.
Fondatore e Presidente Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs