La Pirelli è tornata in F1 nel 2011: in quasi 25 anni di storia recente il fornitore unico di gomme è stato coinvolto in numerosi cambiamenti di regolamento, ma non c’è mai stata una rivoluzione che ha toccato tutti gli aspetti della monoposto in un colpo solo: nel 2026 vedremo debuttare delle macchine definite agili con ingombri più contenuti di quelle attuali a effetto suolo e con un’aerodinamica molto efficiente per sfruttare al meglio l’energia che sarà generata al cinquanta per cento dal motore elettrico. 

Gli pneumatici saranno sempre da 18 pollici, ma con una impronta a terra minore di 25 mm all’anteriore e di 30 mm al posteriore con l’intento di ridurre la resistenza all’avanzamento e il peso. Per la Casa milanese si tratta di un’altra sfida tecnologica di altissimo livello, con incognite che meritano di essere analizzate e capite, per quanto le norme lascino ancora diversi punti da scoprire. 

Per cercare di entrare nella F1 del prossimo anno abbiamo sentito Mario Isola, direttore di Pirelli Motorsport. Il manager milanese ci ha concesso una lunga chiacchierata nella quale ci ha spiegato alcuni punti interessanti. La sensazione è che le nuove monoposto non andranno molto più piano di quelle di oggi, ma l’utilizzo dell’energia sarà completamente diverso.  

Mario Isola, direttore di Pirelli Motorsport

Mario Isola, direttore di Pirelli Motorsport

Foto di: Sam Bloxham / Motorsport Images

C’è chi crede che il nuovo ciclo regolamentare sarà caratterizzato dalle power unit, ma Mario mette subito dei paletti: “Per quanto ci riguarda – ha spiegato – avere un’aerodinamica attiva può avere più influenza sulle gomme rispetto al motore. Abbiamo dovuto studiare le velocità massime in rettilineo che saranno maggiori e le variazioni di carico aerodinamico con le ali aperte o chiuse per capire quali saranno gli stress a cui saranno sottoposti gli pneumatici considerato che ci sarà una riduzione di downforce”. 

Toto Wolff ha detto che le monoposto 2026 potrebbero toccare una velocità massima di 400 km/h potendo sfruttare il pieno potenziale della vettura, ma sappiamo che non è un valore raggiungibile. Perché dare informazioni difformi dalla realtà, quando c’è una grande difficoltà nello spiegare la F1 del prossimo anno?
 
“L’intervista l’avevo sentita e secondo me non è stata una sparata. Toto aveva detto: le vetture hanno il potenziale per arrivare a 400 all’ora, ma poi dovranno essere gestite”.  

Diciamola bene: nel momento in cui il l’ibrido riduce la sua capacità al crescere della velocità per i vincoli di regolamento, raggiungere il muro dei 400 km/h sarà impossibile..
“Non ci si arriva con i vincoli normativi, ma il potenziale ci sarebbe. Abbiamo un regolamento complicato che andrà spiegato in parole semplici, che potrà comunque aprire una strada anche per lo sviluppo di tecnologie stradali, perché la Formula 1 alla fine deve essere precorritrice di quello che potrà essere utile alla strada”. 

Rendering dell'auto F1 2026 FIA

Rendering dell’auto F1 2026 FIA

Foto di: FIA

Si parla di ulteriori modifiche al regolamento mentre siamo in una fase avanzata di progettazione delle monoposto? 
“Ci sarà da fare del fine tuning? Secondo me sì. Abbiamo visto dai dati che ci hanno mandato le squadre con interpretazioni un po’ diverse”.  

In che ambito?  
“In termini di carico aerodinamico e velocità”. 

Qual è stata la chiave nello sviluppo delle gomme 2026? 
“La straight line mode: per noi tutto parte da lì. D’accordo l’importanza delle power unit, perché è giusto il discorso della diversa erogazione dell’energia, però ciò che per noi fa veramente la differenza saranno le ali aperte o chiuse perché si vivranno due situazioni molto diverse”. 

Come cambiano le ali con l'aerodinamica attiva nel 2026

Come cambiano le ali con l’aerodinamica attiva nel 2026

Foto di: Gianluca D’Alessandro

La FIA valuterà circuito per circuito quando chiudere le ali o quanta energia di ricarica sarà concessa a ogni GP… 
“Sono due aspetti che hanno un impatto sulla delibera teorica delle gomme che si devono spedire per un certo Gran Premio, è una difficoltà aggiuntiva. Il problema si risolve sovrastimando il disegno della costruzione. Ricordiamoci che tutti i dati che riceviamo stimano carichi e velocità alla fine del campionato 2026. Questo ci serve per disegnare uno pneumatico che arrivi a sostenere i carichi di un anno di sviluppo”.  
“Capisco, che è difficile per le squadre darci una stima dello sviluppo che sarà importante al primo anno di un nuovo regolamento. Quindi, teoricamente, potrebbero raggiungere valori molto più grandi rispetto a quelli che oggi stimano, in funzione di quello che andranno a imparare correndo”. 

Sarà una rincorsa continua? 
“Stiamo già discutendo con i team un calendario dei test per sviluppare le gomme 2027. Abbiamo l’intenzione di iniziare presto, appena possibile, per girare con le macchine vere del 2026. Non c’è alcuna previsione di dover cambiare il prodotto a metà stagione, ma se dovesse accadere come è accaduto un paio di anni fa, quando avevamo ricevuto simulazioni assolutamente sottostimate rispetto alle prestazioni reali, ma è chiaro che dovremmo essere pronti e valutare cosa fare”.  

Con un cambio di regolamento drastico, le squadre possono aver giocato una partita tattica per non scoprire il loro vero potenziale?  
“Nei dati che danno a noi, che sono assolutamente riservati, non credo proprio. Penso che siano le stime migliori di quello che prevedono a fine 2026. Non avrebbe senso nascondere i valori reali. Per quello che riguarda l’integrità delle gomme noi lavoriamo per deliberare un prodotto che sarà un po’ sovrastimato. La grande differenza la vedremo nelle mescole”. 

Perché?  
“Perché il range di mescole lo vai a centrare sulla prestazione della vettura.  Quindi non avendo esattamente idea di quelle che saranno le performance delle monoposto, stiamo cercando di ragionare su una gamma di mescole più ampia, per cui tra C1 e C6 ci sarà più differenza nei tempi”. 

Sai dire come cambierà la finestra fra le mescole rispetto alle gomme di oggi? 
“No, però posso dire che oggi il delta nel tempo sul giro che è stato definito dalla target letter della FIA prevede mezzo secondo al giro. Noi l’anno prossimo vorremmo assestarci su 7-8 decimi”. 

Vi terrete 2-3 decimi come margine di sicurezza?  
“Sì, è un modo di allargare un po’ la finestra e avere la possibilità di muoverci un pochino tra le mescole morbide o dure. Può essere che una delle sei mescole non la si usi mai, o magari sì, può succedere. Però così partiamo con una situazione che dovrebbe permetterci di selezionare le mescole in modo da generare quelle strategie per avere due soste, o un mix di una o due pit stop”. 

Avevi accennato al discorso delle ali mobili… 
“È tema aperto con le squadre, perché cambia molto se il sistema è aperto o chiuso. È stato oggetto di discussione approfondita, soprattutto sulle gomme da bagnato. Parliamo di un carico in rettilineo con velocità inferiori rispetto all’asciuto, ma con l’ala chiusa si genera un carico superiore e fa sì che la macchina si abbassi. Noi, quindi, abbiamo un po’ irrigidito la prima costruzione che avevamo provato proprio per cercare di ridurre lo schiacciamento della gomma e abbiamo sperimentato materaili nuovi”.  

La Ferrari ha provato l'ala mobile anteriore nei test Pirelli in Ungheria

La Ferrari ha provato l’ala mobile anteriore nei test Pirelli in Ungheria

Il fatto che la Ferrari abbia provato l’ala mobile davanti nei test in Ungheria vi ha dato delle informazioni utili?  
“Molto utili perché ci ha permesso di misurare i dati con la simulazione dell’ala anteriore aperta o chiusa. Con le informazioni raccolte abbiamo potuto rivedere i valori di tutti i test precedenti. Abbiamo trovato delle correlazioni che ci hanno permesso di rivalidare tutto il processo, ma non avevamo visto delle differenze importante”.  

Dopo la Ferrari è lecito aspettarsi che ci sia qualcun altro a simulare nei test l’ala mobile anteriore? 
“Ho sentito qualche team che voleva provarci. L’aveva provata la Mercedes in passato, probabilmente riprenderanno il discorso”. 

Qual era il dubbio che avevate?  
“Temevamo che con l’ala aperta anteriore, quindi con poco carico, ci potesse essere un tema di warm-up delle gomme davanti. Si sarebbe provocato del sottosterzo e, quindi, una vettura sbilanciata?”.  

Per quale ragione? 
“Perché il posteriore lo scaldi comunque avendo una power unit ibrida con tanta coppia generata dell’elettrico. L’anteriore con poco carico sui dritti ad alta velocità si raffredda e magari c’è anche un clima freddo, penso a Baku, per esempio”. 

“Con i carichi attuali a Baku arriviamo a perdere fino a 30°C di temperatura superficiale sulle gomme anteriori. Nel 2026 con meno downforce, velocità più alte e magari temperature fredde, potremmo un calo ancora maggiore. Ciò significa correre il rischio di avere una gomma anteriore che fa fatica ad andare in temperatura e una gomma posteriore, invece, che devi tenere fredda perché rischi di surriscaldarla”. 

“Ad oggi questo pericolo però sembra che non ci sia, perché le macchine sembrano sufficientemente bilanciate. Il fatto di aver provato il sistema mobile con la Ferrari ci ha dato anche una conferma su questo aspetto. E per questo è stato un test molto importante”. 

È vero che i valori delle simulazioni che le squadre vi hanno consegnato sulle F1 2026 hanno un range molto ampio? 
“Sì, ma devo aggiungere che le ultime simulazioni sono datate a giugno. Secondo la direttiva tecnica FIA, ogni anno dobbiamo ricevere due blocchi di informazioni: il primo entro il 30 giugno e il secondo a dicembre”.  

Nel mondiale F1 si stima un 20% di carico in meno rispetto alle monoposto di quest'anno

Nel mondiale F1 si stima un 20% di carico in meno rispetto alle monoposto di quest’anno

Foto di: Rudy Carezzevoli / Getty Images

Ma a dicembre non avrete già deliberato il materiale per l’anno dopo, a cosa serve? 
“Ci aiuta a selezionare le mescole. È chiaro che il blocco rilasciato il 30 giugno è un po’ più impreciso e vediamo spesso differenze anche importanti tra un team e l’altro”.  

Nelle simulazioni per il 2026 che differenze hai trovato fra la squadra top e quella meno evoluta? 
“Secondo me possiamo arrivare quasi al 20%”. 

Si tratta di un valore sorprendente… 
“Sì, è un dato molto grande. E per stare dalla parte della ragione prendiamo in considerazione le simulazioni più severe, perché per noi è importante non sottostimare i numeri che ci vengono consegnati. Ed è proprio per questa incertezza che lavoriamo su una gamma mescola più ampia”.  

“Poi a dicembre arriva una stima molto più accurata e con differenze più limitate tra squadra e squadra. Ci possiamo fare un’idea più precisa che ci consente di lavorare su un primo draft di scelta delle mescole per le prime gare con informazioni più attendibili”. 
 
“C’è sempre un rischio industriale, ma potremo produrre meno gomme. Perché quella che esce dalla finestra, non la produci. Però è una mescola che deve essere omologata. Perché per come è scritto il regolamento, tutto quello che noi omologhiamo entro il 15 dicembre lo possiamo usare, mentre l’approvazione di una nuova copertura non omologata deve passare da una serie di pareri favorevoli. La C0 di quest’anno non l’abbiamo mai usata”.  

Ma è stata prodotta?  
“No. Perché nella logica del draft a quel punto non rientrava nelle nostre scelte. Ma era un’opzione disponibile essendo omologata. Nei test dopo il GP di Abu Dhabi, tutte le squadre porteranno le mule car per valutare i prodotti finiti. La scelta delle mescole dei primi cinque GP verrà fatta indipendentemente dai risultati dei primi test invernali, mentre da Miami in pois si potrà aggiustare qualcosa”. 

Test Pirelli a Fiorano con le rain 2026: ci sarà meno spray con le gomme più strette e i diffusori più piccoli?

Test Pirelli a Fiorano con le rain 2026: ci sarà meno spray con le gomme più strette e i diffusori più piccoli?

Foto di: Pirelli

Apriamo un altro argomento: il bagnato. Perché Domenicali ha detto chiaramente che questo è un tema urgente. Qual è la linea guida che voi state seguendo? Stefano ha lanciato un messaggio molto chiaro: si deve trovare un modo per correre sull’acqua…  
“È giusto nel rispetto dei tifosi e dello sport. Però non possiamo fare compromessi sulla sicurezza dei piloti. Quindi il tema da discutere è la visibilità. È diventata un problema già con le intermedie. Da parte nostra abbiamo chiarito che realizzare una gomma da bagnato che non generi spray nell’aria è difficile. Ma dai test effettuati emerge che gran parte dello spray è generato dal diffusore e non dagli pneumatici”. 

Cosa ci dovremo aspettare l’anno prossimo?  
“Probabilmente dal diffusore si vedrà meno spray rispetto ad oggi. Il fondo delle monoposto a effetto suolo producono il 60% del carico, mentre nel 2026 si scenderà al 30%, per cui teoricamente dovremmo avere una nuvola d’acqua che dovrebbe essere la metà, o quasi. E non dimentichiamo che le gomme saranno un po’ più strette per cui dovrebbero fare un po’ meno spruzzi”. 

Ma il problema come si può affrontare? 
“Noi avevamo avanzato la proposta di andare sul mono disegno da bagnato, una sorta di quello che hanno nel Formula 3 e nel GT. Sono tutti campionati che non hanno l’intermedia e che hanno un prodotto che funziona in condizioni da bagnato con un crossover che prevede il passaggio alle slick. Questa soluzione permetterebbe di usare meglio le gomme da bagnato e di non avere una full wet che oggi, di fatto, non viene utilizzata”.  

Tecnico Pirelli con l'intermedia sperimentata per il 2026

Tecnico Pirelli con l’intermedia sperimentata per il 2026

Foto di: Pirelli

Si dovrebbe andare ad una sola specifica da bagnato? 
“Una gomma rain, punto. E per ridurre lo spray bisognerà lavorare con gli organizzator: a Spa e Interlagos, per esempio, in alcuni punti della pista hanno fatto un po’ di tagli sull’asfalto che aiutano ad evacuare l’acqua dalla pista. Lottiamo contro la nuvola d’acqua, visto che i fenomeni di aquaplaning non si sono più visti e non ci sono più state lamentele in questo campo. La visibilità si può migliorare collaborando con gli autodromi e magari arriveranno nuovi asfalti che magari eviteranno la formazione delle pozzanghere. Se si troverà il modo di non avere pozze, un disegno come quello che ho descritto potrebbe funzionare”. 

Gli strumenti tecnici ci sarebbero?  
“La full wet è disegnata per combattere l’aquaplaning. Tutti gli intagli che si vedono, sono proprio in funzione di evitare l’acquaplaning. Senza questo rischio si potrebbe disegnare la gomma rain in modo diverso. Abbiamo bisogno di sapere oggi qual sarà la direzione sulla wet per disegnare il prodotto del 2027. E siamo consapevoli che durante l’anno non avremo molte sessioni di test con gomme da bagnato. Se saranno 3 o 4 saremo fortunati, tenuto conto degli intrecci del calendario”. 

E nel 2026 cosa ci dobbiamo aspettare?  
“Avremo l’intermedia e la full wet che sono una diretta conseguenza di quelle attuali. Abbiamo cercato di non cambiare l’approccio…”. 

Le full wet sono state disegnate da Pirelli per evitare l'aquaplaning, fenomeno che è quasi sparito

Le full wet sono state disegnate da Pirelli per evitare l’aquaplaning, fenomeno che è quasi sparito

Foto di: Erik Junius

Stai dicendo che la full wet non si userà anche l’anno prossimo? 
“Vedremo. Dipenderà tutto dal crossover che ci sarà tra l’intermedia e la wet. Quello che abbiamo cercato di fare è di abbassare il crossover della full wet perché ci possono essere più incentivi a montare la rain. E poi rimane il punto che in certe condizioni di bagnato estremo la direzione gara può sempre usare la safety car”.  

“Finora è stato chiaro che i team non volevano aggiungere un pit stop alla strategia di gara per cui cercavano di uscire con l’intermedia da subito perché risparmiavano 20 secondi o più di un pit stop.  Però se la full wet dovesse funzionare la musica cambierebbe. Con un tempo di crossover più basso allora ci sarebbe la possibilità di risparmiare un pit stop, guadagnando tempo in pista dove si potrebbe fare la differenza”. 
 
L’obiettivo è sempre quello di promuovere due soste? 
“Sì. Perché io credo che alla fine generi un po’ più di azione in pista e incertezza”. 

Le squadre però preferiscono evitare la sosta in più, scegliendo magari un inizio di gara tattico…  
“Questo è il problema. Perché il salto mescola sulla carta funziona. Poi in realtà ti rendi conto che, pur di risparmiare un pit stop, ti fanno girare la soft con i tempi della hard. È per questo che dobbiamo allargare il divario di prestazione tra una mescola e l’altra, e proporre il salto di mescola. A quel punto il delta diventa importante. E l’idea è di andare in quella direzione…”. 

Yuki Tsunoda al pit stop in Olanda: la FIA aveva alzato la velocità di pitlane da 60 a 80 km/h

Yuki Tsunoda al pit stop in Olanda: la FIA aveva alzato la velocità di pitlane da 60 a 80 km/h

Foto di: Mark Thompson – Getty Images

L’altro modo per spingere le strategie verso le due soste è alzare la velocità in pitlane?
“Hai visto a Zandvoort? Se alzi la velocità da 60 a 80 km in realtà cambia poco. Molto dipende anche da quanto è lunga la corsia dei box. A Monza cambierebbe relativamente poco perché la velocità in pista è decisamente più alta che in pitlane. L’argomento è più complesso di quanto sembri: bisognerebbe accorciare la pitlane o il tempo di speed limit, senza creare problemi di sicurezza. Anche perché la strategia è fatta tenendo conto di tre parametri: il degrado della mescola, il tempo di pit stop e il coefficiente che le squadre usano per indicare la difficoltà di sorpasso”. 

“Il coefficiente di sorpasso varia da pista a pista: se definisce quale differenza di prestazione ci deve essere per portare a termine un sorpasso. I team chiamano questo algoritmo Monte Carlo, e si riferisce alla pista dove superare è più difficile. Questo coefficiente ovviamente favorisce la gara una sosta, cercando di non finire nel traffico dopo il pit stop.  

Vedremo l’anno prossimo GP con i piloti che andranno all’attacco o ci sarà una gestione degli stint di gara? 
“Sinceramente non saprei rispondere. All’inizio gestiranno un po’ per capire fino a dove potranno spingersi”. 

Con le gomme strette cambieranno le pressioni di gonfiaggio? 
“Sarà molto dipendente dai carichi reali e dalle simulazioni che le squadre ci manderanno. Mi aspetto che le pressioni si alzino di qualcosa perché, essendoci un’impronta a terra più piccola e soprattutto se le macchine dovessero andare forte, è chiaro che si dovrà compensare il carico con un po’ più di pressione. Ma non c’è ancora un indirizzo definito, per cui inizialmente potremmo avere gli stessi valori”.  

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