di
Orsola Riva
Da Nord a Sud, complici anche le temperature estive, tornano le circolari sul «dress code». L’appello al decoro non riguarda più solo gli studenti, ma in primo luogo gli adulti che devono essere di «esempio»
La novità è che da qualche tempo le circolari sul cosiddetto «dress code» da tenere a scuola non prendono più di mira solo gli studenti – come se il decoro fosse un problema solo dei più giovani – ma anche il personale scolastico. Riapre la scuola, con temperature che da Nord a Sud sfiorano i trenta gradi, e i presidi, già alle prese con problemi ben più seri come riuscire a riempire tutti i posti ancora scoperti, trovano il tempo anche per ribadire norme di semplice buon senso come il fatto che a scuola sarebbe opportuno non presentarsi vestiti come in spiaggia: evitando shorts e ciabatte, per esempio. Ma il campionario delle circolari è molto più articolato e suggestivo di così, visto che in base all’autonomia spetta ai singoli dirigenti stabilire qual è il confine del decoro. C’è chi vieta solo gli hot pants e chi anche i bermuda. Chi ce l’ha con i top che lasciano l’«ombelico scoperto», chi con le «profonde scollature». Chi con i jeans strappati, chi con quelli a vita bassa con slip in bella vista. Ogni circolare racconta un mondo e riflette la sensibilità e la mentalità di chi l’ha redatta.
Al Liceo Scientifico e delle Scienze umane Salvatore Cantone di Pomigliano d’Arco (Napoli), tre giorni fa è stata emanata una circolare in cui il dirigente «ricorda al personale della scuola, agli studenti e ai genitori che la scuola è un luogo istituzionale che merita adeguato rispetto e ciò implica che ciascuno lo frequenti con un abbigliamento sobrio e decoroso, consono all’ambiente». Niente «pantaloncini corti, bermuda, canottiere, pantaloni evidentemente strappati, magliette troppo corte o attillate, ciabatte e infradito». Divieto che riguarda tutti, ragazzi ma anche adulti. Perché, come spiega un’altra circolare, questa volta di un Liceo a indirizzo musicale di Ugento (Lecce), il principio del decoro non riguarda solo le studentesse e gli studenti ma chiunque metta piede a scuola. E in primo luogo proprio i docenti, che «in virtù dell’azione educativa che sono chiamati a svolgere, sono tenuti a fornire il corretto ESEMPIO (scritto tutto in maiuscolo, ndr) educativo verso le alunne e gli alunni». Stesso discorso per l‘Istituto comprensivo R. Franceschi di Trezzano – che unisce scuola dell’infanzia, elementare e media – dove il richiamo all’abbigliamento «decoroso, sobrio e dignitoso» che «vale sia per gli adulti che per gli studenti», oltre ai soliti capi di vestiario, vieta anche «le unghie estremamente lunghe e appuntite», invocando non tanto una questione di gusto ma di sicurezza. Stessa ragione dietro il divieto di «scarpe con zeppe e tacchi troppo alti» a Pomigliano.
Il caso più curioso e creativo, riferito dal sito Orizzonte Scuola, riguarda un istituto superiore di Taormina che, a scanso di equivoci, ha allegato alla circolare sull’abbigliamento anche un dépliant con i disegni degli abiti permessi e di quelli vietati, un po’ come si vede nei cartelli all’ingresso delle chiese. E quindi: sì alle gonne lunghe, talmente lunghe da sembrare quasi dei burqa, no alle minigonne. Sì alle T-shirt, no alle canottiere. Ci sono anche scuole – è il caso dell’Istituto superiore tecnico e professionale S. Calvino – G.B. Amico di Trapani dove chi infrange le regole (che in questo caso valgono solo per gli studenti) viene punito con un’«ammonizione scritta che inciderà sul voto di condotta finale». Secondo un recente sondaggio di Skuola.net condotto su quasi tremila studenti circa tre ragazzi su dieci devono prestare attenzione quotidiana al proprio abbigliamento per evitare richiami o sanzioni disciplinari. Un ulteriore 55% riceve solo delle raccomandazioni.
17 settembre 2025 ( modifica il 17 settembre 2025 | 15:58)
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