«Il rapporto tra Giovanni Pascoli e le sue sorelle celava molte ombre, conteneva una sorta di ambiguità, ma era anche un’officina, il cantiere di una forma di amore». All’82esima Mostra del cinema di Venezia, Giuseppe Piccioni ha rimesso a fuoco l’a vicenda umana e l’opera del grande poeta romagnolo presentando, nelle Giornate degli Autori, Zvanì, Il romanzo famigliare di Giovanni Pascoli.

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Benedetta Porcaroli e Federico Cesari in Zvanì, di Giuseppe Piccioni.

Di cosa parla Zvanì

Il film, sceneggiato da Sandro Petraglia, nelle sale dal 2 ottobre e poi in onda su Rai 1, dribbla tutti i cliché da manuale di letteratura per inseguire ferite e gioie di un intreccio familiare che è stato per Pascoli riparo e insieme prigione. «Una triangolazione di protezione e desiderio che rendeva quei tre fratelli – Giovanni, Maria e Ida – scampati alla serie di morti tragiche e violente che decimò il resto della famiglia, vicendevolmente gli uni genitori e figli degli altri», spiega Benedetta Porcaroli, che nel film è Maria Pascoli, detta Mariù, la sorella che incarnò il ruolo di vestale e custode dell’opera del poeta e di cui restò a lungo unica erede e depositaria. «Li legava una forma di amore scaturita dai lutti e da uno slancio di protezione, destinato a diventare una co-dipendenza così asfissiante da generare privazione», spiega ancora Porcaroli: «una delle sorelle, Ida (interpretata da Liliana Bottone), sposandosi, partì e si salvò, mentre gli altri due rimaserro incastrati, diventarono l’uno àncora dell’altra».

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Liliana Bottone e Federico Cesari.

Legame puro o amore incestuoso?

Raccontare un autore così immenso significa scegliere. «Le fonti sono tantissime: devi decidere cosa illuminare», spiega Federico Cesari, che restituisce attualità e irrequietezze al ritratto del poeta. «C’è chi definisce quel legame “amore puro”, chi invece lo considera “un rapporto incestuoso”. Noi abbiamo fatto la scelta di metterlo al centro, senza giudizio», precisa Cesari, che mette in chiaro come il film non si concentri tanto sul pettegolezzo quanto sugli effetti del bisogno d’amore.

Il dolore come bussola etica

Il suo Pascoli, ribadisce l’attore, scaturisce piuttosto da una ferita che diventa bussola etica: «l’assassinio misterioso e irrisolto del padre gli infligge un’enorme ingiustizia che finisce col plasmare la sua dimensione morale. Durante la giovinezza, aderisce al socialismo umanitario, con il Cristo come riferimento e l’idea del sacrificio di sé per il bene». Una tensione che lo spinge, talvolta, «a tenere a freno impulsi viscerali», persino quando la sorella Ida “abbandona il nido”, lasciandolo in preda al rancore e a un sentimento di tradimento. Ciò che ci interessava era dare forma a quel conflitto, a quell’ambiguità».

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Benedetta Porcaroli e Federico Cesari.

Le donne dietro la vita Giovanni Pascoli

Se le biografie ufficiali degli uomini famosi spesso aggirano le vicende femminili, questo film le pone al centro. «Ho cercato di rispettare la funzione che Ida ha avuto nella vita di Giovanni», racconta Liliana Bottone: «questo amore che li legava non è inventato da noi, abbiamo aderito alla storia senza aggiungere nulla di fittizio». Dentro la casa di Barga, dove Pascoli visse fino alla morte, nemmeno Mariù è un’ombra ancillare, ma un baricentro e una regia silenziosa. «A un certo punto, partita Ida, Maria prende il controllo e Giovanni si convince che sia inevitabile che ci sia qualcuno a occuparsi della sua vita», osserva Porcaroli.

Una vicenda umana contemporanea

A orchestrare la coralità del racconto è Giuseppe Piccioni: «il film aiuta a prendere le distanze dalle formule trite, dal refrain della Cavallina storna, e incoraggia ad approfondire la vicenda umana. Non mi sono preoccupato di collocare questa storia nella forma rituale del biopic: ho cercato di fare un film personale, assecondando l’istinto», spiega il regista. Il suo Zvanì, il diminutivo colloquiale con cui il giovane Pascoli era chiamato in famiglia, è «una figura che parla dell’universo e delle umili erbette con la competenza di chi studia la natura: un ecologista ante litteram», capace di rivolgersi «ai vivi e ai morti» e di trasformare l’ingiustizia in impegno: «frequenta anarchici e socialisti, si espone, finisce in carcere». Allo stesso modo, non c’è indulgenza né morbosità nella descrizione del rapporto con le sorelle: «se siamo tolleranti verso gli amori diversi, dobbiamo esserlo anche qui», chiarisce il regista, lasciando al pubblico il dilemma irrisolto più fertile: l’amore come forza che salva e ferisce.

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Benedetta Porcaroli, Federrico Cesari, Liliana Bottone.

Romanzo generazionale

Perché per quanto lontana nel tempo la storia di Zvanì riguarda molto chi lo scopre oggi: «racconta la gioventù di Pascoli, la sua passione politica e un meccanismo di resistenza al dolore che è attualissimo», sostiene Cesari. «In tempi duri, mostrare quali strategie per resistere alle onde di sofferenza il poeta mise in atto nella sua vita attraverso l’arte è una chiave di lettura che parla ai ragazzi». E Piccioni aggiunge: «Mi aspetto che molti siano spinti a leggere e approfondire Pascoli, soprattutto per la sua modernità, così vicina alle questioni fondamentali della vita di tutti noi».