ADRIA (ROVIGO) – La vita di Mattia Restuccia si è fermata a soli sette anni. A quattro giorni dall’incidente avvenuto ad Adria, lungo la strada regionale che porta al capoluogo Polesano, i medici dell’ospedale di Padova martedì sera hanno dichiarato la morte cerebrale del bambino. Tra oggi e domani verrà eseguito l’espianto degli organi, mentre la data dei funerali non è ancora stata fissata: si attende l’autopsia e il completamento delle procedure ospedaliere e burocratiche. Per il giorno delle esequie, che probabilmente saranno celebrate a metà della prossima settimana, il sindaco Massimo Barbujani ha annunciato il lutto cittadino.

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L’INCIDENTE

L’incidente era avvenuto venerdì pomeriggio lungo la regionale, che in quel tratto urbano che attraversa Adria prende il nome di via Emanuele Filiberto. Mattia viaggiava sulla bicicletta della madre Genny Cavallaro, di ritorno da scuola, quando una Saab nera li ha investiti. Alla guida c’era un uomo di 65 anni, residente a Cavarzere (Venezia), che non avrebbe dovuto trovarsi al volante: la patente gli era già stata ritirata e l’auto non era in regola per circolare. L’indagine, aperta inizialmente per lesioni stradali gravissime, ora si trasforma in omicidio stradale.
La notizia della morte ha attraversato la città e si è fermata davanti ai cancelli della scuola primaria “Giovanni Pascoli”, in via Papa Giovanni XXIII, dove Mattia frequentava la seconda. Compagni e insegnanti hanno appeso un cartello con la scritta “Ciao Mattia”. Di lui parlano come di uno studente brillante, un bambino allegro che si era fatto volere bene da tutti.

LA FAMIGLIA

Per la madre, Genny, 47 anni, è una tragedia nella tragedia. A maggio aveva perso il marito, Pasquale Restuccia, papà di Mattia, dopo un lungo calvario segnato dalla malattia e dalla burocrazia. «Voglio che quell’uomo la paghi», dice ora, travolta da un dolore straziante per un destino tremendo, che in sei mesi l’ha privata prima dell’amore della sua vita e poi del figlio.

La storia di Pasquale era stata al centro dell’attenzione per la vicenda burocratica che l’aveva caratterizzata. Nonostante lavorasse con un contratto a tempo indeterminato a Padova, non riusciva a ottenere la residenza ad Adria. La mancanza di residenza gli impediva l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale e la possibilità di avere un medico di base. Una condizione paradossale: l’uomo continuava a lavorare regolarmente, ma non aveva accesso alle cure proprio mentre la sua salute peggiorava di giorno in giorno.

Per più di un anno la coppia aveva combattuto per vedere riconosciuti i propri diritti, come potersi sposare o avere l’assistenza sanitaria. Solo dopo una lunga trafila burocratica Pasquale era stato finalmente iscritto alla casa comunale di Adria, ottenendo così la residenza e l’assistenza medica. Ma ormai era troppo tardi: la malattia, un tumore alla prostata, non gli ha lasciato scampo. Il matrimonio con Genny era stato celebrato all’ospedale a Rovigo il 9 maggio scorso, in articolo mortis. Pochi giorni dopo, il 24 maggio, Pasquale è morto.
Ora la città si stringe intorno a Genny, costretta a reggere un peso insopportabile. Nelle parole dell’epigrafe diffusa ieri dai familiari il dolore è diventato definitivo: «Le speranze sono finite».
Un destino brutale per la famiglia Restuccia. Ma tutta la città è sotto choc per quanto avvenuto: ad Adria resta un vuoto enorme dopo la morte di Mattia, che la scuola e i compagni hanno salutato con un cartello, forse il modo più semplice e diretto per dirgli addio: “Ciao Mattia”.