di Mariateresa MastromarinoBlu non avrebbe mai voluto vedere ’museificati’ i suoi graffiti. Per questo, quel lontano 12 marzo del 2016, coprì le sue opere con una gettata di vernice grigia. Cancellandole (quasi) tutte. Quelle superstiti, infatti, hanno resistito al cambiamento del tempo e dello spazio, rimanendo lì, in quei luoghi dismessi o dimenticati. Si contano sulle dita di una mano, ormai, i lavori dell’artista marchigiano, tra i padri della street artist, rimasti ’in piedi’ sotto le Due Torri. Di questi, però, ne è scomparso uno. Perché, due sere fa, via Ferrarese ha visto la caduta del ’braccio’ di Blu. Intorno alle 21.50, infatti, le escavatrici al lavoro per l’intervento di riqualificazione delle ex Officine Casaralta – che vedrà, sull’area abbandonata dal 2001, la realizzazione di un parco, di alcuni palazzi e uno studentato – , hanno colpito con i loro bracci idraulici l’edificio che affaccia direttamente sulla strada, l’ultimo a essere stato costruito tra gli anni Settanta e Ottanta. Pezzo dopo pezzo, si è sgretolata quella che era l’ex mensa e la portineria della ditta fiore all’occhiello del settore meccanico. E di quella sede, lasciata all’incuria e spesso al degrado, ne è rimasto solo lo scheletro (in foto), che, come gli altri stabilimenti dell’area che si estende fino a via Stalingrado, verrà abbattuto.
Proprio lì, su una parete interna dell’edificio, continuava a esistere il ’braccio’ di Blu: un arto bianco, su sfondo grigio, che termina con una mano che tiene stretto tra le dita un piccolo tassello. Un’opera lasciata in solitudine, alla quale tante altre, composte da writer minori e giovanissimi, negli anni hanno fatto compagnia. In uno spazio abbandonato, ma pieno di street art. Una forma di espressione che, per Blu, non può essere preservata ed è quindi legata al suo destino.
Con questo spirito il murales è sparito. Da quanto si apprende, infatti, le aziende che stanno curando il progetto di riqualificazione dell’area hanno pensato di rispettare il desiderio dell’artista di Senigallia. Che, più volte, ha espresso la sua contrarietà alla ’museificazione’ delle sue opere. Fino al gesto estremo del 12 luglio 2016 in occasione della mostra a palazzo Pepoli dal titolo Bansky & Co – l’arte allo stato urbano, per la quale alcuni suoi graffiti furono staccati per essere esposti.
Il ’braccio’, ora, è definitivamente scomparso, ma la Bolognina e la città tutta potranno ancora rimembrare il passato. Grazie al comitato Casaralta Che Si Muove, che si è battuto per la salvaguardia dell’insegna storica dell’Officina Casaralta, che, con l’inizio della nuova era per l’area a lungo lasciata sola, troverà collocazione all’interno del nuovo parco. Per godersi ciò che resta di Blu, rimangono il serpente in gabbia in via Battirame, realizzato con Ericailcane, e la testa di via Lombardia.