Spiegato in parole semplici?

“La ciclicità con cui di solito si verificano ad esempio le piogge, in alcune zone, era molto regolare ed erano molto prevedibili i climi continentali in cui le precipitazioni si concentrano, in un certo periodo dell’anno. Questi cicli sono cambiati. Nelle spedizioni lo abbiamo verificato tornando negli stessi luoghi nel corso del tempo”.

Ad esempio?

“Le piogge torrenziali, violente, sono diventate più frequenti, anche fuori stagione. Tutta l’acqua che dovrebbe cadere in un anno in certe zone desertiche, penso all’Argentina, scende in due giorni, provocando danni enormi”.

Alla fine, gli ambienti estremi che cosa ci svelano?

“Quelli polari sono la cartina al tornasole del cambiamento climatico. Il Polo Nord si sta riscaldando da 5 a 7 volte più velocemente del resto del mondo”.

Per capire il nostro futuro dobbiamo guardare al Grande nord?

“Tutto il clima dell’Europa continentale è influenzato anche da quello che succede in Artico. Non siamo così lontani. Quando l’Artico si scalda, le calotte si sciolgono, le correnti cambiano, c’è un impatto diretto sul nostro clima”.

A questo link l’ultimo articolo di Donato Giovannelli sull’Artico

L’ultima trasferta tra i ghiacci?

“Siamo appena tornati dalla Groenlandia, abbiamo fatto 15 giorni di campionamenti, tra acque marine e suolo, proprio per capire il cambiamento climatico in corso”.

Il responso?

“Le ultime tre spedizioni, a febbraio alle Svalbard, ad aprile e a luglio in Groenlandia, confermano temperature medie di stagione decisamente più alte, con eventi estremi, oscillazioni estreme, che i dati di lungo periodo ci dicono stanno diventando più comuni. Abbiamo pubblicato un articolo pochi giorni fa, parliamo del Nuovo Artico”.

Quanto più caldo?

“Alle Svalbard, l’arcipelago abitato più a nord del mondo, febbraio è il centro dell’inverno, le temperature medie dovrebbero essere intorno ai -15 o -18 gradi. Invece noi abbiamo avuto due settimane sopra lo zero, tra i 4 e i 6 gradi. Quindi con un’anomalia di oltre 15 gradi”.

Clicca sulla foto per sfogliare la gallery

Da scienziato: cosa sono gli ambienti estremi che tanto ci affascinano?

“Le definizioni possibili sono due. La prima: tutti quegli ambienti in cui la vita umana, quella animale e delle piante non può esistere per temperatura, pH, salinità, pressione o altri parametri. Questa è una visione antropocentrica, mette l’uomo al centro. Ma possiamo anche definire così gli ambienti dove questi parametri sono vicini al limite ultimo della vita, dove la temperatura è così alta che andando appena oltre non c’è più vita. Dove la salinità è così alta che andando appena oltre non c’è più vita. Questo ci racconta di più dei limiti della vita come fenomeno planetario, che poi sono anche quelli che ci spingono a utilizzare gli ambienti estremi come modello per capire potenziale vita extraterrestre”.

Qual è l’ambiente più estremo che ha frequentato?

“Alcune pozze termali ad alta temperatura, iper acide, presenti ad alta quota nel deserto di Atacama, in Cile, sono davvero incredibili. Esistono pozze talmente estreme come salinità, acidità, pH, temperatura, al centro del deserto del Dallol, in Etiopia, penso sia uno degli ambienti più estremi del mondo”.

Quello che manca alla sua collezione?

“Mi manca tanto la parte del Sud e del Centro Africa. Ma soprattutto, il mio sogno è la penisola Kamchatka, in Siberia. Purtroppo in questo momento non è possibile andare, per la situazione geopolitica. E’ una zona vulcanica e tettonica davvero spettacolare e remota, mescola alcune caratteristiche dell’Artico con i vulcani a cui sono particolarmente affezionato”.

Ha esplorato anche gli abissi estremi, quali sono i suoi record?

“Mi sono immerso nella dorsale del Pacifico, parliamo di 2.500-2.800 metri. Invece i punti più profondi in cui ho lavorato sono molto più vicini a noi. Tanti non sanno che il nostro Mediterraneo arriva a profondità del genere, la fossa di Matapan si trova a quasi 5.100 metri”.

Tra spedizioni e specie aliene, qual è la sintesi del suo lavoro?

“Sicuramente il cambiamento è in corso adesso, non è qualcosa che succederà, non è futuro. Eppure lo attribuiamo a episodi. Inondazioni, mancanza di neve, siccità, sembra sempre qualcosa di eccezionale, di quel momento. In realtà i dati ci dicono che è sempre più comune, che sta diventando la nuova normalità”.

E qual è ‘l’intruso’ che ha più impatto su di noi?

“Sarò banale ma direi il granchio blu in Adriatico, ce lo confermano anche le ricerche che facciamo in ambiente. Ho lavorato per diversi anni con il Cnr di Ancona, su progetti legati al microbiota dei pesci, delle lagune, delle piccola pesca. L’impatto su queste attività è mostruoso. Sorprendenti sono le quantità che vengono raccolte. Perché non ha predatori naturali e si riproduce velocemente. Nessun organismo lo tiene sotto scacco”.

Astronomico il conto dei danni provocati nel mondo dalle specie aliene invasive: l'ultima stima francese parla di 10,3 trilioni di dollari americani per il periodo tra 1970 e 2020

Astronomico il conto dei danni provocati nel mondo dalle specie aliene invasive: l’ultima stima francese parla di 10,3 trilioni di dollari americani per il periodo tra 1970 e 2020