Intervista allo psichiatra, storico collaboratore di Basaglia a Trieste, sul ddl presentato dal senatore di Fratelli d’Italia Francesco Zaffini che mette mano alla legge 180: «Sono persone che possono vivere una vita “umana”»

Peppe Dell’Acqua, psichiatra, storico collaboratore di Franco Basaglia presso il Dipartimento di salute mentale di Trieste, a cui successe nella direzione, ora partecipa al Forum salute mentale: 180 bene comune. Gli abbiamo chiesto di commentare il disegno di legge presentato dal senatore di Fratelli d’Italia, Francesco Zaffini, che punta a riformare la legge Basaglia.

«Questo disegno di legge che ha presentato il senatore Zaffini, che è il presidente della commissione Welfare del Senato, segue due disegni di legge presentati dal senatore Filippo Sensi al Senato e dall’onorevole Debora Serracchiani alla Camera in cui affrontavamo alcune questioni sorte in questi quarant’anni dall’approvazione della legge Basaglia: come rafforzare il territorio, come rendere più agevole il Tso nel rispetto dei diritti delle persone, eccetera. Non si parlava neanche lontanamente di cambiare la 180. Noi volevamo rispettare il fondamento della legge 180: la persona con disturbo mentale resta un cittadino al quale bisogna riconoscere tutti i suoi diritti. La legge 180 obbliga lo stato a garantire i diritti di tutti, matti o sani che siano. E noi tutti dobbiamo mettere in campo strategie, azioni, parole e sguardi per garantire i diritti di tutti. È in gioco la dignità dell’uomo».

Peppe Dell’Acqua

Ma questo ddl ha anche parti positive, non mi sembra che stravolga i diritti del cittadino.

E invece sì! Tutto questo ddl in ogni comma mette l’accento soprattutto sulla pericolosità del malato di mente. Sui meccanismi e le risorse che bisogna mettere in campo per difendersi da questa pericolosità. Legga qua: «Articolo 1. La presente legge ha l’obiettivo di valorizzare l’attività di prevenzione, cura e riabilitazione nell’ambito della salute mentale garantendo al contempo la sicurezza e l’incolumità dei professionisti operanti presso i servizi per la salute mentale… limitando le forme coercitive alle effettive esigenze di cura del paziente con la massima attenzione alla sua incolumità fisica e quella dei suoi familiari e degli operatori». Parla ossessivamente di sicurezza. Il fatto che dica che i Tso possono durare 15 giorni non vuol dire nulla, già adesso i Tso durano 15 giorni e ne possono durare persino 70. È solo fumo negli occhi. Invece, questa legge per prima cosa ci dice che i malati mentali sono pericolosi, inguaribili e incomprensibili. Sottolinea che dal malato mentale dobbiamo difenderci. Autorizza e regolamenta la contenzione del paziente. Invece, tutte le ricerche ci dicono che il malato mentale non commette più crimini dei comuni cittadini, anzi è più probabile che cada vittima di violenze o si suicidi. La legge 180 invece diceva che il malato di mente è un cittadino come noi che va accolto e curato perché può vivere una vita “umana”. È un cambiamento radicale di paradigma: noi nella legge 180 in nessun punto avevamo parlato della pericolosità del malato mentale perché il malato mentale è un cittadino come noi, coi nostri stessi diritti, che se curato non offre nessun pericolo alla società.

Questo ddl, però, mi pare che fotografi la realtà: lo sappiamo che in molti ospedali italiani e comunità si usa la contenzione del malato di mente – sia fisica sia farmacologica – specie perché ci sono pochi soldi e non c’è personale a sufficienza per badare tutti i ricoverati.

E quindi facciamo una legge per dire continuate a farlo? No! Lo sa che in tre Servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc) su dieci non si fa la contenzione? Certo, i soldi sono pochi e il personale sottopagato, ma non è una questione di mancanza di risorse, è una questione di scelte. Se io, i miei psichiatri e i miei operatori scegliamo di non contenere un paziente psichiatrico perché non vogliamo sottoporlo a trattamenti disumani possiamo benissimo riuscire a farlo, e così rispettiamo i suoi diritti. La legge 180 sottolineava la necessità di cura, questi ora sottolineano la necessità di difesa. È la mania di controllo della destra, la sua ossessione per la sicurezza: sostiene che c’è sempre qualcuno là fuori che ci minaccia, da cui ci dobbiamo proteggere. Ma il malato di mente non è una minaccia, è solo un altro da me che io devo avvicinare, devo riconoscere e accogliere con umanità. Dovremmo tutti tornare a qualcosa che ci scaldi il cuore, perché fuori c’è un freddo terribile.

Franco Basaglia nel suo studio, in una foto del 1979 Foto Ansa

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