Dalla prova da pilota in Little Fauss and Big Halsy al ruolo di produttore esecutivo dei Diari della motocicletta, passando per il lungo corteggiamento dei diritti di Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta: ecco come il compianto Robert Redford ha incrociato, sullo schermo e fuori, la cultura della moto
17 settembre 2025
Robert Redford non è stato un “divo motociclista” alla Steve McQueen. Eppure, ogni volta che le moto sono entrate nel suo raggio d’azione, lo hanno fatto in modo netto.
Il tassello più concreto è Little Fauss and Big Halsy (in Italia Lo Spavaldo) regia di Sidney J. Furie. Redford è Halsy Knox, professionista delle corse su terra in sella alla sua Yamaha DT 250, antieroe carismatico e opportunista. Il film – oggi un cult di nicchia – mette in scena paddock, gare, meccanica, rotture e rivalità, fotografando senza romanticismi l’ambiente dei circuiti americani di fine anni ’60. La centralità della moto è totale: è lavoro, status, rischio e riscatto.
Little Fauss and Big Halsy torna spesso nelle liste dei “motorcycle movies” essenziali, proprio perché unisce racconto sportivo e disincanto. L’eredità iconografica è corroborata da still e materiali promozionali con Redford in tuta e accanto alle moto da gara dell’epoca.
I Diari della motocicletta (2004)
Tre decenni dopo, Redford sceglie di sostenere come produttore esecutivo The Motorcycle Diaries (in Italia, I diari della motocicletta) di Walter Salles, adattamento delle memorie giovanili di Ernesto “Che” Guevara e del compagno di viaggio Alberto Granado. È il viaggio in moto – con tutte le sue rotture, deviazioni e libertà – a muovere la trama e a diventare dispositivo di formazione morale e politica.
Il grande “what if”: Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta
Tra i dossier più intriganti c’è il lungo corteggiamento di Redford ai diritti di Zen and the Art of Motorcycle Maintenance di Robert M. Pirsig. Per anni le parti dialogano sul possibile adattamento; l’autore, a tratti, appare persino favorevole. Il progetto però non si concretizza, tra divergenze sul controllo creativo e la difficoltà di tradurre in cinema un’opera filosofico-autobiografica. Resta l’idea, potente, di Redford interessato a un racconto dove la motocicletta è strumento di pensiero oltre che di viaggio.
L’iconografia: Redford in sella
Al di là di set e progetti, l’immagine di Redford “in moto” è entrata nel repertorio fotografico degli anni Settanta. Gli scatti in bianco e nero firmati da Terry O’Neill – Redford su una scrambler, occhiali specchiati, denim – hanno circolato e continuano a essere riprodotti come stampe fine art, contribuendo a cementare l’associazione fra l’attore e una certa estetica “on the road”. Sono ritratti più stilistici che documentari, ma il loro peso culturale è innegabile.