Cappotto, dolcevita e pantaloni Dolce & Gabbana

Se c’è qualcosa a cui Achille Lauro non crede è il talento. «Non esiste: esistono solo grandi lavoratori», dice. È convinto che chiunque, se ci prova davvero, possa arrivare a fare quello che vuole. «Nessuno nasce con il talento. Se ti impegni in una cosa, diventi bravo. La differenza la fa la capacità di affrontare le sconfitte: in qualsiasi percorso ci saranno momenti in cui ti sentirai l’ultimo, penserai di star sbagliando tutto. L’importante è resistere, perché vince chi resiste. Non vince il più bravo; e poi, che significa “più bravo”? Nella musica basta essere sinceri. Prendi un foglio: se stai male, se soffri per amore, scrivi quello che provi».

«Nessuno nasce con il talento. Se ti impegni in una cosa, diventi bravo. La differenza la fa la capacità di affrontare le sconfitte: in qualsiasi percorso ci saranno momenti in cui ti sentirai l’ultimo, penserai di star sbagliando tutto. L’importante è resistere, perché vince chi resiste

Non so se quella frase l’abbia pronunciata dopo aver colto un’esitazione nella mia voce o se fosse solo un’ipotesi azzardata, ma le sue parole hanno il potere di scrutarti dentro e di restituirti quello che non vuoi vedere. Vale per tutti: lo dimostrano i commenti sotto i suoi video su YouTube. Uno dei primi che appare sotto Incoscienti giovani recita: «Io e mia moglie abbiamo settant’anni e con questa canzone ci hai fatto ricordare la nostra gioventù, una grande emozione, bravissimo!!!». Una gag ricorrente racconta di come la sua musica piaccia da impazzire alle madri, oltre che ai figli. Gli chiedo se si è mai domandato perché. «La mia musica nasce da una storia controversa, fatta di sofferenza. Forse è più intellegibile per un adulto. Ci sono tante riflessioni sulla vita, cose che un ragazzino di 12 anni nemmeno si chiede. Oggi cerco di scrivere pezzi che restino, che affrontino le grandi domande: perché esistiamo? Cos’è la vita? Perché il ciclo della vita va così? Sono domande che portano la mia musica in territori quasi esistenziali. Un cinquantenne sa cos’è la solitudine, cosa significa perdere qualcuno, cosa vuol dire rimanere solo». Il fatto che la sua musica crei un filo intergenerazionale continua a sorprenderlo. Se quella coppia di settantenni ascolta Incoscienti giovani come un brano malinconico, un ragazzo lo interpreta come un inno alla sventatezza della giovinezza. «Io vengo dall’underground, dove la musica era vista come roba per ragazzini. Ma se guardi pezzi come La bella e la bestia, che ho scritto nel 2015, è una grande ballad, pianoforte e voce, che racconta la storia travagliata di due ragazzi. La sofferenza è alla base di tutta la mia musica». Lo ha sempre saputo, ma con Comuni mortali questa consapevolezza si è fatta più radicata. Chi resta quando la festa finisce e riponiamo nell’armadio gli abiti scintillanti? La verità è che rimaniamo soli. E ce ne accorgiamo solo col tempo: quando di quelle notti e di quelle grandi storie d’amore cominciamo a essere stanchi e ci accontentiamo del loro ricordo. «Ho fatto tanta musica anche di intrattenimento, canzoni a tempo come Rolls-Royce, ma ho esplorato mille generi perché mi diverte essere creativo. La creatività per me non è solo passione: è un’ossessione. E oggi voglio fare delle grandi canzoni che dicano qualcosa di più». È mentre finisce questa frase che Lauro tira fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni e si mette a trafficare col Bluetooth. «Come si attacca alla macchina?», chiede all’autista. Parte così Senza una stupida storia, il singolo che al momento dell’intervista non è ancora uscito su nessuna piattaforma. «Che bella una fine, senza te, senza limiti, liberi. Senza una stupida storia d’amore», canta allegro sopra la fisarmonica, intonando un ritornello che celebra la possibilità che non tutto debba sempre risolversi in una storia d’amore. Quando le note si affievoliscono e la musica svanisce, Lauro si rivolge per primo all’autista: «Allora, maestro, che ne pensa?». Lui risponde con un pollice alzato, e quasi si commuove ascoltandolo mentre racconta di che cosa parla il brano: «Di essere contenti di essere liberi, di vivere la vita senza questo amore che è stato stra-abusato. Ha fatto il giro, è stato ovunque, le persone si distruggono per amore. Io invece credo che sia tutto sbagliato, che ci sia la possibilità di amare senza una relazione. Di amare davvero». È questo che intende quando dice di voler scrivere «grandi canzoni»: restituire lo spirito del tempo. Proprio mentre nelle sale italiane esce Material Love (Materialists), film che negli Stati Uniti ha fatto scalpore per la critica alle relazioni come costrutto capitalista, e mentre il Financial Times parla di una dilagante «recessione globale delle relazioni», Achille Lauro pubblica una delle sue dichiarazioni più radicali: una canzone contro il mito del grande amore tradizionale.