di
Redazione Roma

Il fascicolo è contro ignoti: si indaga sul numero da cui è partito l’sms con il presunto ricatto, che risulterebbe intestato a un prestanome. Si fanno largo la pista del ricatto digitale e l’ipotesi della ricettazione: chi ha diffuso i contenuti privati, se consapevole della loro origine illecita, avrebbe commesso reato

Dal gossip in spiaggia ai meme virali sui social. Fino alle aule del tribunale. Il passo è breve. Così il flirt tra la modella Martina Ceretti e Raoul Bova – ovviamente all’insaputa della Rocío Muñoz Morales – si tinge ora di giallo.

Qualcuno avrebbe infatti cercato di ricattare l’attore romano con un messaggio anonimo, arrivato sul suo telefonino da un numero sconosciuto, proprio qualche giorno prima della diffusione (da parte di Fabrizio Corona) degli audio privati tra i due amanti



















































Un sms dai toni allusivi e minacciosi, in cui Bova sarebbe stato avvertito che alcune sue conversazioni intime avrebbero potuto essere diffuse – come poi è avvenuto – creandogli un danno. Nei fatti non ci sarebbe alcuna richiesta esplicita di denaro, ma il senso del messaggio sarebbe lampante: pagare per evitare la pubblicazione di chat private che avrebbero potuto compromettere la sua immagine. E il suo matrimonio. Un ricatto, dunque, un tentativo di estorsione al quale Bova non avrebbe ceduto: nessuna risposta e nessuna trattativa con l’ignoto mittente.

Il 21 luglio, quelle chat finiscono nel podcast «Falsissimo» di Fabrizio Corona, e di lì nei cellulari di ogni italiano, con il vocale di Bova sugli «occhi spaccanti» della Ceretti che diventa lo spunto per migliaia di meme diventati virali nell’arco di poche ore. 

Ora però la Procura di Roma indaga

I reati: tentata estorsione, ricettazione, violazione della privacy 

Chi ha tentato di ricattare Raoul Bova? Chi ha violato la sua privacy e girato le conversazioni private a Fabrizio Corona (non indagato, ma in passato condannato per estorsione)? 

Per il momento nessun indagato, la Procura ha aperto l’inchiesta e affidato le indagini alla polizia postale coordinate dal pm Eliana Dolce: il fascicolo è contro ignoti e il numero da cui è partito il tentato ricatto risulterebbe intestato a un prestanome. Gli investigatori lavorano però per risalire a chi lo ha usato davvero. E mentre si fa largo la pista del ricatto digitale, i pm valutano anche l’ipotesi della ricettazione: chi ha diffuso quei contenuti, se consapevole della loro origine illecita, potrebbe aver commesso un reato. 


Vai a tutte le notizie di Roma

Iscriviti alla newsletter di Corriere Roma

27 luglio 2025 ( modifica il 27 luglio 2025 | 09:58)