Oleksandra Matviichuk guida il “Center for Civil Liberties”, nato per proteggere i diritti umani e rafforzare la democrazia. Nel 2022 con la sua organizzazione ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace.
«Se Mosca verrà premiata per la guerra di aggressione, incoraggerà altri. Se la Russia può occupare parte di altri Paesi, perché altri Paesi non potrebbero voler fare lo stesso?». L’avvocato Oleksandra Matviichuk guida il “Center for Civil Liberties”, nato per proteggere i diritti umani e rafforzare la democrazia. Nel 2022 con la sua organizzazione ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace. E dall’Ucraina guarda al cattivo esempio che potrebbe venirne per il futuro. Nei giorni scorsi ha incontrato Papa Leone XIV. E in questa intervista – dopo i nuovi sviluppi nelle inchieste per la deportazione di bambini – spiega perché la “diplomazia umanitaria” della Santa Sede può essere un fattore determinante.
Il presidente Zelensky ha chiesto a Trump «una posizione chiara». E’ la conferma definitiva della mancanza di fiducia nella Casa Bianca?
Prima di tutto, l’Ucraina non si fida di Putin perché nel febbraio 2014, quando la Russia ha iniziato l’occupazione della Crimea, Putin ha assicurato che non c’erano soldati russi nella penisola. Nel febbraio 2022, poche settimane prima dell’invasione su larga scala, Putin e i suoi collaboratori hanno dichiarato che non era prevista una guerra. E ora, quando in Alsaka il presidente Putin ha detto al presidente Trump di volere la pace, parallelamente la Russia ha compiuto bombardamenti sulle città e sulle infrastrutture civili ucraine.
Come interpreta le mosse americane?
Francamente, penso che i dittatori non possano essere fermati da un tappeto rosso. Rispettano solo la forza. Questo è l’unico linguaggio che un dittatore può comprendere. Il presidente Trump ha la possibilità di far fermare a Putin questa sanguinosa guerra. La domanda è se Trump userà o meno questa leva.
La settimana scorsa lei ha incontrato per la prima volta Papa Leone XIV in Vaticano.
Ho presentato a Sua Santità un quadro preparato per lui da un adolescente di Chasiv Yar. E’ una piccola città nell’est, ora completamente distrutta dai russi. Questo ragazzo ha dovuto andarsene insieme ai genitori, e ora vive a Kiev. Dipingendo ha descritto la sua città sotto i bombardamenti. Ho anche chiesto a Papa Leone XIV di venire in Ucraina. Credo fermamente che, mentre milioni di ucraini soffrono, questo è ciò che desideriamo, che Sua Santità venga e stia con noi in questo momento drammatico della nostra storia. Abbiamo bisogno di lui.
La Santa Sede mantiene una presenza attiva in Ucraina definita di “diplomazia umanitaria”. Il cardinale Pietro Parolin che guida la Segreteria di Stato e la missione affidata prima da papa Francesco e poi da papa Leone XIV al cardinale Matteo Zuppi. E’ stato possibile avviare meccanismi per il ritorno dei bambini (circa 2mila fino ad ora attraverso vari canali) e facilitare lo scambio di prigionieri. Può essere un metodo esportabile anche su altri piani diplomatici?
Quella del Vaticano è una iniziativa molto importante, perché quando guardiamo ai negoziati in corso, vediamo che i politici hanno discusso di minerali, di interessi geopolitici, di rivendicazioni territoriali della Russia, della visione di Putin. Ma non parlano delle persone. E questo non va bene. Non abbiamo ancora idea di cosa accadrà alle migliaia di bambini ucraini che sono stati illegalmente deportati in Russia. Cosa accadrà a migliaia e migliaia di civili detenuti illegalmente e sottoposti quotidianamente a orribili torture e abusi sessuali? Cosa accadrà alle persone sotto occupazione in generale? Parliamo di milioni, milioni di persone che vivono in una zona grigia, senza alcuno strumento per difendere i propri diritti, la propria libertà, la propria proprietà, la propria vita, i propri figli, i propri cari. Ed è per questo che la “diplomazia umanitaria” della Santa Sede è così importante. Perché non abbiamo tempo. Le persone muoiono nelle prigioni russe. E dobbiamo fare tutto il possibile per salvarle.
Qual è il vero scopo del trasferimento forzato e della rieducazione dei bambini ucraini in Russia?
Parlo da avvocato per i diritti umani. Questa guerra ha un carattere genocida. Putin afferma apertamente che non esiste una nazione ucraina, non esiste una lingua ucraina, non esiste una cultura ucraina. Gli alti funzionari russi interpretano pubblicamente questo concetto nel senso che gli ucraini devono essere rieducati come russi, oppure uccisi. Per 11 anni abbiamo documentato come queste parole si siano trasformate in pratiche orribili nei territori occupati, dove i russi eliminano fisicamente la popolazione locale più attiva: sindaci, giornalisti, bambini, scrittori, preti, musicisti, insegnanti, ambientalisti, qualsiasi membro attivo della comunità. Hanno bandito la lingua e la cultura ucraina. Hanno distrutto e falsificato il patrimonio culturale ucraino. Come quando prendono i bambini ucraini, li mettono nei campi di rieducazione russi, dicono loro che non sono ucraini, che sono figli di russi, o che i loro genitori, che le loro famiglie, li hanno respinti e perciò saranno adottati da famiglie russe che li cresceranno come russi. Questo fa parte della più ampia politica genocida che la Russia ha imposto contro l’Ucraina.
A guardare l’attualità internazionale, dall’Ucraina a Gaza ai conflitti dimenticati, sembra che non sia un problema solo ucraino.
Io, come avvocato, so che il genocidio è il crimine dei crimini. È molto difficile dimostrarlo in un tribunale internazionale. Ma non c’è bisogno di essere un avvocato per capire. Se si vuole distruggere parzialmente o completamente un gruppo nazionale, non è necessario uccidere tutti i rappresentanti. Si può semplicemente cambiare forzatamente la loro identità e l’intero gruppo nazionale con il tempo scomparirà. Ed è per questo che i bambini diventano uno dei bersagli principali. Perché quando parliamo di erosione dell’identità, i bambini sono molto più vulnerabili.
Il quinto inverno di guerra si avvicina. La popolazione si prepara per un’altra stagione difficile. Ma allo stesso tempo, ci sono leader europei che credono che Putin si fermerà. Lo crede possibile?
È un pio desiderio, purtroppo, perché Putin si fermerà solo quando verrà fermato. C’è un bel proverbio russo: l’appetito cresce mangiando. E prima che i Paesi occidentali fallissero la prova non reagendo all’aggressione di Putin in Georgia, non reagendo agli orribili crimini di guerra russi in Siria, non reagendo adeguatamente all’occupazione della Crimea, si è arrivati alla situazione in cui Putin pensa di poter fare ciò che vuole. Parlo di ”pio desiderio” perché è molto ingenuo pensare che Putin abbia perso centinaia, migliaia di soldati solo per occupare Bakhmut e qualche provincia. Non è questo l’obiettivo. Lui vede l’Ucraina come un ponte verso l’Europa e la sua logica è storica. Vuole restaurare con la forza l’impero russo.
Quale è stato il principale errore della comunità internazionale nelle relazioni con Mosca?
Quando la Russia occupò la Crimea, i governi occidentali imposero sanzioni molto blande. E continuarono a costruire gasdotti, a stringere la mano ai funzionari russi, a fare affari come al solito, chiudendo gli occhi. su quello che la Russia sta facendo nei territori occupati, in Ucraina e nella Russia stessa. E questo comportamento irresponsabile ha portato a una guerra su larga scala. Quando si basano le proprie decisioni politiche solo sul vantaggio economico o su alcune preoccupazioni per la sicurezza, anche se si ottengono vantaggi a breve termine, e si ignorano i diritti umani e la libertà, non si può evitare la catastrofe a lungo termine. Perciò vorrei che i leader europei pensassero non solo al ciclo elettorale, ma anche ai loro figli, a una prospettiva di lungo termine.
Negli ultimi mesi il presidente Zelensky è stato criticato per alcune decisioni, poi annullate, riguardo alle politiche anticorruzione. Qual è stato il messaggio dei manifestanti ai politici del Paese?
Vorrei ricordare cosa è successo: il parlamento ucraino ha approvato una legge che poteva compromettere l’indipendenza degli organi anticorruzione, di conseguenza, sono iniziate proteste di massa in diverse città. E questo è un segno di forza della società ucraina. Dimostra ancora una volta che, anche durante una guerra la democrazia è viva, e le persone hanno a cuore il nostro futuro democratico in Europa. Quando le autorità compiono atti che possono compromettere questo obiettivo, la gente si fa sentire. Ed è questo che ci distingue dalla Russia. Quindi il messaggio principale è che siamo una democrazia. Non siamo perfetti, ma siamo sulla strada giusta e difenderemo il nostro cammino verso il futuro europeo.
A questo proposito, ci sono ucraini che rifiutano l’invasione ma non vogliono combattere con le armi. Per paura o per obiezione di coscienza. E per questo subiscono pressioni.
E’ un problema tipico di molti conflitti. E’ naturale per le persone non voler andare a combattere. E’ una reazione umana e comprensibile. Poiché l’esercito ucraino non combatte solo in prima linea, ci sono molte altre necessità, ad esempio funzioni logistiche, funzioni amministrative, produttive, alcune di assistenza ai feriti, di ricostruzione, di assistenza umanitaria e così via. Dovrebbe essere compito delle autorità ucraine comunicare con chi non vuole andare al fronte e offrire opzioni diverse su come dare il loro contributo.
Crede che ci sia ancora ingenuità o perfino benevolenza della politica in alcuni Paesi europei, per le mosse di Putin, lasciando così la porta aperta alle influenze russe?
Non sono un politico, sono un avvocato per i diritti umani. Posso immaginare che alcune persone possano pensare che se si scende a compromessi con il male, il male non li toccherà. Ma non funziona. Il principio non è lasciare impuniti.
Lei è riconosciuta come una donna di pace in un paese in guerra. Quali sono le condizioni per una pace giusta?
Quando parliamo di pace giusta dal punto di vista del diritto internazionale, parliamo di ripristino dell’ordine giuridico. Intendo il rispetto della Costituzione ucraina e delle carte Onu. Principi come il rispetto della sovranità statale, la responsabilità per i crimini internazionali e il non uso della forza come metodo per risolvere i conflitti. Quindi questa idea di “pace giusta” è necessaria non solo per l’Ucraina, perché se la Russia verrà premiata per la guerra di aggressione, incoraggerà altri. Se la Russia può occupare parte di altri paesi, perché altri paesi non possono fare lo stesso? La “pace giusta” si ottiene quando si ha la libertà di vivere senza la paura della violenza e i propri figli hanno una prospettiva di lungo termine.
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