In una scuola della capitale, a Windhoek, Andra Chigova, bimba di dieci anni, mostra con orgoglio il cerotto sul braccio. Ha appena ricevuto il vaccino contro l’HPV e invita le sue coetanee a fare lo stesso: «Non abbiate paura, questo ci proteggerà dal cancro al collo dell’utero». Le sue parole così semplici ma così forti condensano il senso di una campagna nazionale che, sebbene appena iniziata, ha già raggiunto decine di migliaia di bambine in tutto il Paese.
Il programma, lanciato dal Ministero della Salute con il sostegno dell’OMS e di altri partner internazionali, punta a immunizzare circa 232 mila ragazze tra i 9 e i 14 anni. Intanto che gli operatori sanitari percorrono villaggi e scuole delle 14 regioni, il numero delle giovani vaccinate cresce. Basti pensare che solo nelle prime due settimane sono state vaccinate oltre 65 mila.
La sfida è enorme. In Namibia, il cancro cervicale provoca più di 200 morti ogni anno, in un contesto dove l’accesso a diagnosi e cure resta limitato. Dunque la prevenzione diventa la vera arma a disposizione. È per questo che il Paese ha deciso di allinearsi alla strategia globale dell’OMS per eliminare la malattia, che prevede obiettivi ambiziosi: vaccinare il 90% delle ragazze entro i 15 anni, garantire screening diffusi e cure tempestive.
Arrivati a ciò, resta un ostacolo purtroppo non secondario e che non passa inosservato: lo stigma e la disinformazione. Alcuni genitori esitano, temendo effetti collaterali. «All’inizio c’era diffidenza, ma dopo le sessioni informative molti hanno accettato con fiducia», spiega Ramona Mbadeka, infermiera in una clinica alle porte di Windhoek.
Il ministro della Salute, Esperance Luvindao, ribadisce che il vaccino è sicuro ed efficace. «Troppi casi di una malattia prevenibile ci ricordano che agire ora è fondamentale. Non esistono scorciatoie: servono informazione, trasparenza e coraggio», afferma.
Il sostegno delle organizzazioni internazionali è stato decisivo, fornendo formazione, logistica e materiali di comunicazione. E sebbene la strada sia lunga, il passo compiuto è storico. Per le giovani come Andra, significa crescere con una speranza in più: quella di un futuro libero da una malattia che ha segnato intere generazioni. Cultura, informazione e prevenzione, sono la strada verso la libertà.