ROVIGO – Il rugby continua a essere lo sport più radicato e seguito nel Polesine e con numeri importanti in Veneto, come confermano i dati della stagione 2024-2025 del Comitato Regionale Veneto Rugby: 10.603 atleti, di cui 4.089 nel minirugby, 3.727 seniores maschile, 2.787 nel settore giovanile maschile, 288 atlete seniores e 252 nel settore giovanile femminile.
Una realtà che conferma il Veneto come uno dei Comitati più dinamici a livello nazionale.

Ne abbiamo parlato con il candidato alle elezioni regionali del prossimo 23 e 24 novembre (LEGGI ARTICOLO) per il Partito Democratico Stefano Borile, con alle spalle una carriera da rugbista, un titolo italiano vinto a 19 anni e un terzo posto a 17 anni oltre ad essere un ingegnere operante nel settore dell’impiantistica dell’industria alimentare, chimica e farmaceutica.

I dati del Comitato Regionale Veneto Rugby mostrano oltre 10.600 atleti tesserati e confermano che il Veneto è tra le regioni più dinamiche del panorama nazionale. Che lettura ne dà?

I dati dimostrano non solo quanta gente pratichi questo sport, ma anche la profondità del lavoro fatto con i giovani. Rovigo, pur essendo una provincia più piccola, mantiene una tradizione solida. Non a caso la Femi CZ inizierà la nuova stagione agonistica con lo scudetto tricolore e la coccarda della Coppa Italia (LEGGI ARTICOLO).

Lei ha praticato rugby per circa 16 anni, conquistando proprio con la giovanile del Rovigo, il titolo italiano nel 1989, prima di dover lasciare lo sport a causa di un infortunio. Quanto questa esperienza ha influenzato la sua formazione personale?

Tantissmo. Il rugby è stato tutto per me. Il Rugby ti insegna che nulla arriva senza impegno e fatica, che bisogna guadagnarsi ogni giorno il proprio posto in squadra. Ho imparato a lavorare in gruppo e a non mollare mai. Tutto questo mi accompagna ancora oggi, anche nella politica: come nello sport, le cose importanti richiedono serietà, impegno, costanza, passione e anche competenze.

Secondo lei, oggi il rugby è al passo con i tempi e con le necessità delle famiglie e dei ragazzi?

Direi proprio di sì. Basti pensare al doposcuola sportivo promosso da Rugby Rovigo Delta e Monti Rovigo per gli studenti delle superiori, oppure al progetto “Scuola e Rugby: Crescere Insieme”. Con il Tag rugby, una disciplina sicura e senza contatto fisico, i ragazzi possono divertirsi e allo stesso tempo imparare valori fondamentali come collaborazione, rispetto e partecipazione. In più, queste iniziative rafforzano il legame tra scuole, società sportive e comunità locali. È un modello che dimostra come formazione, inclusione e impegno concreto possano camminare insieme: principi che, secondo me, dovrebbero guidare anche la politica e le scelte pubbliche.

Oggi i ragazzi giocano sempre meno all’aperto e passano molto più tempo davanti agli smartphone. Come si può farli tornare a muoversi e a divertirsi insieme?

Credo che servano pretesti concreti per farli muovere e stare insieme. Organizzare eventi sportivi in città, allestire campi di gioco temporanei in piazza, creare occasioni di divertimento collettivo: non è solo movimento, è anche educazione, socialità e senso di comunità. Coinvolgere maggiormente le istituzioni, mondo del volontariato e associazioni sportive, con iniziative come “Tutti gli studenti allo stadio”, è il modo migliore per promuovere la cultura dello sport e trasmettere ai ragazzi i suoi valori.

Quali lezioni dello sport ritiene più utili anche nella politica?

Nello sport come nella politica, senza impegno e serietà non si ottiene niente. E soprattutto, il bene della comunità viene prima dell’interesse personale. Ricordiamoci che nel rugby esiste il terzo tempo, il quale insegna che, anche dopo la competizione, il confronto e il dialogo sono fondamentali. In politica non può essere diverso: discutere, ascoltare chi ha idee diverse e cercare punti di incontro è l’unico modo per affrontare i problemi concreti dei cittadini. Senza confronto, le decisioni rischiano di restare solo buone intenzioni.