La corsa al riarmo non solo farà finire nell’atmosfera ulteriori 1.320 tonnellate di CO2, ma appare ancor più insensata, nel caso ce ne fosse bisogno, se confrontata con quel che a livello globale si spende e si dovrebbe spendere per combattere la fame tra le popolazioni più povere, fornire un’assistenza sanitaria di base a tutti coloro che hanno un reddito medio-basso, vaccinare ogni bambino e fornirgli anche un’istruzione di qualità. Questo lavoro è stato fatto dalle Nazioni Unite e i risultati si possono consultare nel report “La sicurezza di cui abbiamo bisogno: riequilibrare la spesa militare per un futuro sostenibile e pacifico”. In pratica, è la risposta che il segretario generale dell’Onu António Guterres vuol dare di fronte alla corsa al riarmo innescata dall’attacco russo all’Ucraina e negli ultimi mesi fomentata dal presidente statunitense Trump in sede Nato. «In questo momento critico, la comunità internazionale deve affrontare la dura realtà che l’aumento delle spese militari non sta portando a una maggiore pace, ma sta invece minando la nostra visione comune di un futuro sostenibile», è il messaggio lanciato da Guterres.
Il report parte da un dato fornito dall’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma: nel 2024, per le spese militari è stata pagata a livello globale la cifra monstre di 2,7 trilioni di dollari. Si tratta di un poco esaltante record, che rappresenta un aumento di oltre il 9% rispetto all’anno precedente, che fa registrare il più forte incremento dai tempi della Guerra Fredda e che segna il decimo anno consecutivo di crescita di questo capitolo di spesa. E, giusto per dare ulteriormente l’idea della dimensione del capitale investito in armamenti, si tratta di una cifra pari a 334 dollari per ogni persona sulla Terra.
I vertici delle Nazioni Unite sottolineano tra l’altro che questo aumento senza precedenti delle spese militari si verifica in un momento in cui la sicurezza globale sta peggiorando e i progressi verso il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) – il piano d’azione mondiale per un futuro più equo – «sono insufficienti»: il deficit di finanziamento annuale per gli Sdg è già pari a 4.000 miliardi di dollari e potrebbe aumentare fino a 6.400 miliardi di dollari nei prossimi anni. Per questo il rapporto lancia anche un alert ben preciso: se le tendenze attuali persisteranno, la spesa militare globale potrebbe raggiungere una cifra compresa tra i 4,7 e i 6,6 trilioni di dollari entro il 2035. Sempre per dare un’idea di ciò di cui si sta parlando: un bilancio militare annuale di 6,6 trilioni di dollari sarebbe quasi cinque volte superiore al livello raggiunto alla fine della Guerra Fredda. E l’Onu sottolinea che questa traiettoria di militarizzazione accelerata rappresenta una grave minaccia per il futuro dell’umanità, poiché sottrae risorse fondamentali allo sviluppo sostenibile e alle iniziative di costruzione della pace.
Questo fattore emerge in tutta evidenza dal lavoro svolto dalle Nazioni Unite facendo una serie di comparazioni tra la mole di dollari investita in armi, le cifre che vengono spese per migliorare la situazione delle popolazioni più in difficoltà e infine i soldi che sarebbero sufficienti per diffondere migliori condizioni di salute e benessere a livello mondiale. Qualche esempio? Meno del 4% (ovvero 93 miliardi di dollari) dei 2,7 trilioni di dollari spesi per le armi sarebbero sufficienti ogni anno per porre fine alla fame entro il 2030. Poco più del 10% (285 miliardi di dollari) consentirebbe di vaccinare completamente ogni bambino. Con 5 trilioni di dollari, il mondo potrebbe finanziare 12 anni di istruzione di qualità per ogni bambino nei paesi a basso e medio-basso reddito.
I fan della corsa agli armamenti obiettano che la spesa militare genera posti di lavoro? Nel report delle Nazioni Unite c’è una parte che riguarda anche questo tema: altri settori civili possono generalmente crearne di più con le stesse risorse: 1 miliardo di dollari di spesa militare può creare circa 11.200 posti di lavoro nell’esercito, ma può crearne 26.700 nell’istruzione, 16.800 nell’energia pulita e 17.200 nella sanità.
Vogliamo parlare del problema della crisi climatica, dei danni economici provocati dal riscaldamento globale, dalle morti causate da eventi meteo estremi, tutti fenomeni che colpiscono più duramente le popolazioni delle nazioni più povere? Reinvestire il 15% della spesa militare globale, ovvero 387 miliardi di dollari, sarebbe più che sufficiente per coprire i costi annuali dell’adattamento ai cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo. E ridurrebbe anche l’intensità delle emissioni, sottolineano le Nazioni Unite citando stime per cui ogni dollaro speso per le spese militari genera più del doppio delle emissioni di gas serra di un dollaro investito nei settori civili.
Possibile ulteriore obiezione messa sul piatto dai sostenitori della necessità di aumentare le spese militari: non ha senso accostare o mettere a confronto i costi per la difesa e quelli necessari per contrastare fenomeni come la povertà, l’inadeguata assistenza sanitaria, la mancanza di istruzione e via elencando. Ma, anche in questo caso, il report messo a punto dall’Onu evidenzia che un collegamento tra i due capitoli di spesa c’è. E che se il primo può aumentare, in parte è perché si fa aumentare la spesa in deficit, con tutto quel che ne consegue per le giovani generazioni, e in parte, e soprattutto, perché vengono già ora imposti tagli ad altri settori che hanno appunto a che fare con le condizioni di salute e benessere delle fasce più disagiate della popolazione.
La spesa militare globale, viene infatti sottolineato nel report, non solo sta aumentando in termini assoluti, ma anche la sua quota nell’economia globale è in crescita. A partire dal 2022, anno di invasione della Russia ai danni dell’Ucraina, questo capitolo di spesa è passato dal 2,2% al 2,5% del prodotto interno lordo mondiale e dal 6,6% al 7,1% dei bilanci governativi. E il cambiamento è diffuso a livello mondiale, sottolinea l’Onu, con oltre 100 Paesi che hanno aumentato la propria spesa militare nel 2024. L’aumento della spesa militare, viene ribadito, farà aggravare i livelli già elevati del debito pubblico, gravando sulle generazioni future e limitandone lo sviluppo. Ad esempio, il rapporto rivela che un aumento dell’1% della spesa militare nei paesi a basso e medio reddito è collegato a una riduzione quasi equivalente dei servizi sanitari pubblici, mettendo potenzialmente a rischio la preparazione alle pandemie e altri programmi sanitari salvavita.
Questo report, dice Guterres presentando tutti questi dati, è un invito all’azione: «Un invito a ripensare le priorità. Un invito a riequilibrare gli investimenti globali verso la sicurezza di cui il mondo ha veramente bisogno». E poi: «Un mondo più sicuro inizia investendo nella lotta alla povertà almeno quanto investiamo nella lotta alle guerre».