VENEZIA – «Sento riparlare di giustizia riparativa a un mese dall’appello. Ci credo nella giustizia riparativa, ma nel mio caso specifico penso che il percorso debba ancora iniziare e non sia iniziato, quindi penso sia troppo tardi per chiederlo, soprattutto in virtù del fatto che che c’è il processo davanti». Lo ha detto Gino Cecchettin, intervistato nel corso della trasmissione «Dentro la notizia» di Canale 5, a proposito della possibilità di ricorso allo strumento giuridico da parte di Filippo Turetta, condannato all’ergastolo in primo grado per l’uccisione di Giulia Cecchettin.
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L’udienza
Il prossimo 14 novembre si aprirà il processo di Appello per il femminicidio di Giulia, avvenuto l’11 novembre 2023 a Fossò, in provincia di Venezia. L’udienza si terrà nell’aula bunker di Mestre, davanti alla Corte d’assise d’appello presieduta dal giudice Michele Medici.
In primo grado Turetta è stato condannato all’ergastolo senza attenuanti generiche. Dei tre capi di accusa – omicidio aggravato dalla premeditazione, la crudeltà e lo stalking – solo il primo era stato accolto dai giudici, aprendo un aspro dibattito sul tema: il ragazzo infatti aveva inferto all’ex fidanzata 75 coltellate, in un crescendo di violenza che è durato «complessivamente 20 minuti», hanno ricostruito i giudici nelle motivazioni della sentenza. Turetta ha dichiarato di essersi fermato solo «quando si è reso conto che aveva colpito l’occhio: ‘mi ha fatto troppa impressione’», ha dichiarato. Gino Cecchettin: «Le scuse non sono mai arrivate»
«Io credo nella giustizia riparativa – ha precisato Cecchettin – e lo dico da cittadino, a prescindere da quello che mi è successo. Però è un percorso che deve passare attraverso l’autoconsapevolezza, prima attraverso le scuse e poi alla richiesta di perdono. Tutto questo percorso non è iniziato. Uno deve fare un esame di coscienza, un gesto chiaro, dire che si può sbagliare nella vita. Filippo ha sbagliato e ha fatto del male, ha fatto tanto male. E quindi deve partire dalla consapevolezza di quello che lui ha fatto, e la consapevolezza ti porta alle scuse, che non sono arrivate mai, e poi ad una richiesta di perdono eventuale, e neanche questa è arrivata», ha sottolineato. Per Cecchettin «non si può parlare di giustizia riparativa senza parlare di un percorso, che deve partire poi da un esame di coscienza. Quindi può sempre iniziarlo, però in vista dell’appello mi sembra troppo tardi», ha ribadito.
«Credo nella giustizia riparativa ha aggiunto Cecchettin parlando dal palco di Parma dove è in corso il festival di Open -, però è un processo che deve avvenire soprattutto dalla consapevolezza, richiede tempo. E avere una richiesta dai legali di Turetta, a un mese dall’appello, mi ha suonato male», ha sottolineato. «Mi sono sentito ancora una volta preso in causa nel momento sbagliato – osserva -: non è che pretenda delle scuse, e posto il fatto che non sono solo io, ci sono anche Elena, Davide e tutti i familiari di Giulia, non si può richiedere la giustizia riparativa come se fosse un modulo in carta bollata ma dev’essere fatta con coscienza», ha evidenziato Cecchettin.
Il papà di Giulia ha quindi ricordato di essere «stato in carcere più e più volte, a parlare con i detenuti a seguito della vicenda di Giulia, portando il mio vissuto e senza pregiudizi. Ho visto delle persone, alcune delle quali hanno fatto questo percorso, per cui è uno strumento che reputo valido per il recupero delle persone e il reinserimento nella società. Però chiaramente deve essere fatto con consapevolezza. Non deve essere uno strumento retorico al fine di avere uno sconto di pena. Per quanto io mi sia espresso comunque senza odio, abbiamo un patto sociale che ci siamo dati, che sono le leggi, e chi lo lo rompe deve ovviamente sottostare al giudizio dei giudici, che io rispetto. Però rispetto anche tutto quello che è l’essere umano; anche un percorso di riabilitazione – ha concluso Cecchettin – deve iniziare e deve essere sincero».
L’aggressione in carcere
Turetta nei giorni scorsi è stato aggredito nel carcere di Montorio a Verona da un altro detenuto. Ha ricevuto un pugno in faccia ricevuto da un 55enne che accampava ragioni legate a “codici d’onore” del carcere dopo averlo visto entrare nella ‘sua’ sezione. Un’azione contro la quale, per primo, si è schierato proprio il papà di Giulia, Gino, il quale ha ribadito ancora una volta che «la violenza non è la soluzione», e che «i sentimenti che portano a questo sono sbagliati e da condannare».
Turetta si trova nel carcere di Montorio dal 25 novembre 2023, dopo il suo arresto in Germania, ed anche dopo la condanna all’ergastolo, il 3 dicembre scorso, era sempre rimasto nella sezione ‘protetti’. Lo scorso marzo è stato trasferito a quella di ‘media sicurezza’, con i detenuti comuni.