Il Consiglio Ambiente dell’Unione europea non ha raggiunto un’intesa definitiva sul nuovo obiettivo climatico al 2040. Nella riunione si è optato per una dichiarazione d’intenti che indica una forchetta di riduzione delle emissioni tra -66,25% e -72,5% al 2035, rinviando la decisione sul traguardo intermedio del -90% al Consiglio europeo di ottobre.
Si tratta di un passaggio politico che non sostituisce l’Ndc (il piano-clima ufficiale da depositare all’Onu), ma che consente all’Ue di presentarsi con una posizione interlocutoria nelle sedi internazionali.
La dichiarazione approvata fissa un quadro di riferimento tra i due estremi già stabiliti: riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030 e neutralità climatica al 2050. L’indicazione del -90% al 2040 resta oggetto di confronto tra i governi.
I ministri hanno preferito non vincolarsi subito, rinviando la decisione ai leader europei per legarla a tre elementi operativi fondamentali: l’utilizzo dei crediti internazionali previsti dall’Accordo di Parigi, l’inclusione delle rimozioni permanenti di CO₂ nel mercato europeo delle emissioni (Eu Ets) e l’applicazione di forme di flessibilità tra settori.
Il quadro normativo europeo
La legge europea sul clima (Regolamento 2021/1119) rende vincolanti sia la neutralità climatica entro il 2050 sia il taglio minimo del 55% al 2030. La normativa impone anche l’indicazione di un obiettivo intermedio al 2040.
La Commissione ha proposto di fissare la riduzione al -90%, aggiornando contestualmente gli strumenti di politica climatica. In questo contesto, i nodi principali riguardano crediti, rimozioni e flessibilità. I crediti generati da progetti all’estero potrebbero contribuire al raggiungimento degli obiettivi, ma con vincoli stringenti. Le condizioni includono addizionalità reale, divieto di doppio conteggio e trasparenza nella rendicontazione. L’uso indiscriminato di questi strumenti rischierebbe di sostituire riduzioni domestiche con opzioni meno onerose, minando l’efficacia del prezzo della CO₂ in Europa.
Un altro tema riguarda l’inserimento nel mercato Eu Ets delle tecnologie di cattura e stoccaggio permanente della CO₂, come bio-Ccs e Daccs. Il loro utilizzo deve essere regolato con definizioni precise, sistemi di monitoraggio e responsabilità chiare sullo stoccaggio. Questi strumenti possono fungere da rete di sicurezza per i settori più difficili da decarbonizzare, ma non devono diventare una scorciatoia che riduca la pressione sul resto dell’economia.
La posizione italiana
L’Italia ha ribadito l’importanza che la decisione finale sia assunta dai capi di Stato e di governo, legando il via libera al 2040 ai principi di neutralità tecnologica e flessibilità. Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha sottolineato che non devono esserci esclusioni arbitrarie di tecnologie e che tutte le soluzioni, dalle rinnovabili al nucleare, fino alla cattura e stoccaggio della CO₂, devono essere considerate.
La decisione definitiva sul target al 2040 sarà presa al Consiglio europeo di ottobre. Il Parlamento sta intanto lavorando al dossier, mentre la Commissione prepara la definizione dell’Ndc da presentare all’Onu entro la COP30. L’esito determinerà il quadro politico ed economico per la transizione post-2030, influenzando investimenti, competitività e posizionamento internazionale dell’Ue.