Se si parla in chiaro di genocidio, persino i sacerdoti rischiano il ban informatico. Google ha bloccato improvvisamente e senza preavviso l’account della rete “Preti contro il genocidio”, il gruppo di oltre mille sacerdoti, religiosi e vescovi che ha deciso di prendere posizione pubblicamente “per rispondere ai crimini dello stato di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza e nei Territori Occupati”. Solo dopo che il caso è scoppiato, Google si è affrettato a ripristinare l’account, parlando di “procedure automatizzate non legate ai contenuti dell’account”.

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Il documento inaccessibile

A darne notizia è lo stesso network, che chiede pubblicamente l’immediato ripristino dell’accesso all’identità digitale a cui è collegato il documento pubblico fondativo che è stato sottoscritto da religiosi di 28 Paesi del globo. Pubblicato sul sito dei saveriani, per ore è risultato inaccessibile.

Google servizio ripristinato

Secondo Google si è trattato solo di un malinteso. “I nostri sistemi automatizzati di prevenzione degli abusi hanno temporaneamente sospeso questo account dopo aver rilevato segnali di registrazione coerenti con la creazione massiva di account”, fanno sapere dall’azienda. “Questa azione non era legata ai contenuti dell’account stesso. A seguito di una revisione, l’account è stato ripristinato”. Insomma, l’account “preti contro il genocidio” e il google documents correlato sarebbe stato letto come una “minaccia informatica” non dissimile dai computer zombie da cui partono gli attacchi Ddos o da una “fabbrica di troll” (finti account malevoli). Una spiegazione che convince poco chi di reti si occupa: il gran numero di accessi legato alla rapida sottoscrizione del documento è attività ben diversa da quella legata a attacchi informatici.

Procedura di ripristino impossibile

Ad accorgersi dell’improvvisa sospensione è stato il sacerdote titolare dell’account, che ieri notte, nel tentativo di accedere, ha ricevuto un messaggio: “Il tuo account è stato disattivato”. Spiegazioni? Nessuna. Contattata l’assistenza, Google si è limitata a rettificare il messaggio, chiarendo che l’account era stato “bloccato”, chiedendo di effettuare una procedura di ripristino di fatto impossibile. Da lì è partita una segnalazione formale che tuttavia prevede almeno una settimana di attesa.

Oltre mille firme

“Il gruppo “Preti contro il genocidio” sottolinea l’urgenza di riottenere l’accesso immediato. Attraverso quell’account sono state raccolte oltre 1.000 firme di sacerdoti, provenienti da più di 28 Paesi, a sostegno della campagna, tra cui anche vescovi e un cardinale”, chiede la rete con una nota ufficiale. I tempi sono stretti: quel documento è indispensabile per l’incontro di preghiera a Roma previsto per il 22 settembre, in concomitanza con la discussione prevista all’Assemblea delle Nazioni Unite e ben prima che la “procedura di verifica di google” si concluda. E chissà con quali esiti.

L’allarme

“Il blocco improvviso di questo account impedisce di raccogliere nuove firme e rischia dunque di compromettere un’iniziativa di respiro internazionale, che coinvolge centinaia di religiosi impegnati per la pace e la giustizia”, è l’allarme di “Preti contro il genocidio”.

“Condanniamo la risposta sproporzionata”

Lanciata il 15 settembre scorso, la rete in pochi giorni ha raccolto le adesioni di centinaia di sacerdoti. Alla base, un documento fondativo in cui si sottolinea: “Con la stessa forza con cui con cui condanniamo il massacro del 7 ottobre, gli omicidi e i rapimenti compiuti dai terroristi di Hamas, con la stessa forza condanniamo la risposta sproporzionata, l’uccisione di persone innocenti giustificata come errori involontari, i bombardamenti di Paesi terzi sovrani, i crimini di guerra, la pulizia etnica, l’uso della fame come arma di sterminio e il genocidio perpetrato dallo Stato di Israele contro la popolazione palestinese”.