Quest’autunno la Venice Design Biennale dedica due giornate alla visita di una selezione di dimore private di design nel centro storico di Venezia, che per la prima volta aprono le loro porte al pubblico. Le case, progettate da Carlo Scarpa per Loredana Balboni, da Ettore Sottsass per Cleto Munari e da Valeriano Pastor e Michelina Michelotto per la loro famiglia, vengono presentate dai proprietari che le abitano e le custodiscono. Come potete immaginare è un’occasione imperdibile.

Casa PastorsalottopinterestFrancesco Allegretto

Casa Pastor

Questa abitazione, in zona Ca’ Zacco, si sviluppa in verticale su tre piani, in cui si incastonano altri volumi verticali che, estrusi, si affacciano e stratificano uno sull’altro.
La casa, abitata dai coniugi architetti Valeriano Pastor e Michelina Michelotto con i due figli, è stata ristrutturata tra il 1964 e il 1965, quando a Venezia il contesto culturale era molto fervido e ricco di sperimentazioni artistiche e linguistiche – basti pensare alle esperienze di Emilio Vedova o Luigi Nono. L’ingresso è abitato da “torrette” che suddividono uno spazio piccolo ma molto alto, reso così altamente funzionale. Superata l’entrata, lo spazio si apre frontalmente su un piccolo studio, che sul soppalco accoglie una cameretta, e sulla sinistra su un salotto ampio e con un affascinante soffitto affrescato. Qui i due colori protagonisti sono l’arancione terra delle muri spatolati, trasfigurazione del cocciopesto che è un colore tipico veneziano, e il verde acceso dei serramenti, lo stesso dell’acqua dei canali. Il bianco che accompagna questi due colori richiama invece la pietra d’Istria, che si ritrova in tutte le costruzioni della città.

interno casapinterestFrancesco Allegretto

Casa Pastor

Ogni dettaglio qui dentro è sapientemente progettato: sotto al grande tavolo per accogliere gli ospiti, per esempio, vi trova un carrello chiuso che rimane sospeso e che è immaginato per ruotare e ospitare utensili e vettovaglie. Sopra, campeggia una grande lampada in legno, bellissima, che si può regolare in qualsiasi posizione con un raffinato sistema di tiranti. E ancora poltrone, tavolini e altri arredi. A colpire però è sicuramente la finestra: intrusa a occupare l’interno, così che i serramenti si dilatano verso lo spazio abitativo e diventano delle vere e proprie architetture bidimensionali. Sono spazi intermedi tra interni ed esterni, tra una stanza e l’altra, che creano uno spazio ambiguo, sottolineato dal fatto che la pittura arancione passa anche sul fuori e così è la città che viene chiamata all’interno, con la sualuce e la sua immagine di sfondo. Per staccare le finestre dalle pareti, i Pastor si immaginano degli elementi a lunetta, che diventano così presto tema di progetto: è un cilindro rotante la dispensa della cucina ed è circolare il volume della doccia. Sono due lunette, poi, anche quelle che sfondano il soffitto in corrispondenza delle finestre della camera matrimoniale, che danno luce al piano superiore, dove si trova lo spazioso studio di architettura.

interni casapinterestFrancesco Allegretto

Casa Pastor

“Secondo mio papà, tutto in uno spazio doveva essere modificabile, spostabile e ripensabile”- racconta Barbara Pastor. E così anche nello studio troviamo librerie girevoli, e anche su ruote, arredi modulari e spazi estremamente funzionali, che, con dei “balconi interni” si affacciano sul microcosmo della casa al piano di sotto. I contenitori e le armadiature, così come nel resto dell’abitazione, sono volumi che compongono un paesaggio interno ricco e articolato e i colori, usati con audacia, marcano le scelte progettuali.

Casa Balboniesterno casapinterestClaudia Rossini Courtesy MAP Studio

Casa Balboni

Da un vicoletto si accede a un cortile su cui affacciano diverse case. Una di queste ha una facciata in cemento grigio che, un po’ austera, esce e sovrasta visivamente il prospetto del palazzo rosa in stile veneziano in cui si sviluppa lo spazio interno. Si entra e lo spazio si trasforma: bianco, etereo, lucido, un corridoio dritto attraversa la planimetria dell’abitazione offrendo sala da pranzo e salone a destra, la cucina sulla sinistra, ed è proprio in fondo a questo corridoio che si dispiega la vera sorpresa. Quello spazio che inizia con un grigio blocco monolitico opaco, si apre in una meravigliosa terrazza a sfioro, proprio sul Canal Grande, da cui la luce che riverbera sull’acqua entra nella casa come tante piccole stelline scintillanti. Così raffinata, così complessa, così femminile, Casa Balboni è una delle residenze meno note di Carlo Scarpa, realizzata tra il 1964 e il 1968 per la gallerista e collezionista Loredana Balboni.

interno casapinterestClaudia Rossini, courtesy MAP Studio

Casa Balboni

L’interno di questa dimora si sviluppa su due piani e di entrambi Scarpa ha valorizzato la conformazione con questo “cannocchiale luminoso” che connette il fronte sul giardino aq uello sul canale, introducendo luce naturale e profondità spaziale, impiegando materiali lapidei lavorati con meticolosa cura e finiture artigianali veneziane. Il bianco è ovunque e lo stucco spatolato alla veneziana è l’unica finitura utilizzata per le pareti le quali, con un’eleganza magistrale, terminano all’incontro con il soffitto il una sottile scanalatura, che con un gioco d’ombra slancia il volume interno ma che, soprattutto, offre spazio all’estesa collezione di opere d’arte della Balboni senza dover forare il muro per nemmeno un piccolo chiodo.

scalapinterestClaudia Rossini, courtesy MAP Studio

Casa Balboni

Mentre il piano superiore ospita camere e bagni che, oltretutto, si possono separare in due micro appartamenti grazie a un sistema elegantissimo di porte chiudibili a binari, il pianoterra, collegato tramite una scala a chiocciola in pietra bianca proprio nel centro della planimetria, ospita tutte le aree dedicate alla convivialità. Fin dagli anni ‘60 e fino alla morte della committente, infatti, la dimora era largamente fraquentata da artisti e intellettuali e immaginarla viva e fervida fa apprezzare ancora di più le opere di Ernst, Viani, Tancredi, Bacon e le ceramiche iraniane. Dopo la morte della committente, la casa è passata a un nuovo proprietario – che conoscerete se vi registrerete per uno dei due appuntamenti con le visite guidate – che ha promosso un restauro accurato, restituendo agli spazi la lucentezza e trasparenza originali.

Casa Sottsass – MunarisalottopinterestFrancesco Allegretto

Casa Munari

In una casa del Seicento a San Polo, nel 1979 Ettore Sottsass disegna per Cleto Munari un interno pensato per il piacere del weekend: un rifugio breve, intensissimo. Ma quello che una volta era un pied-à-terre ha in realtà le volumetrie di un grande appartamento, abitato oggi da una professoressa di lettere. Un dettaglio non da poco: se lo spazio infatti era stato originariamente pensato da Sottsass come una grande scatola in cui far compari reprotagonisti impegnati ognuno del proprio assolo, per composizione, volumi e colori, le pareti si sono oggi adattate ad accogliere metri e metri di librerie che ospitano migliaia di libri; un involucro ovattato e discreto per tanta audacia stilistica.

salottopinterestFrancesco Allegretto

Casa Munari

Qui infatti il moderno non si sovrappone all’antico: lo provoca, lo accende. Colori netti, accostamenti arditi, superfici lucide e opache in pieno stile Memphis, e un grande elemento centrale – un totem domestico, volutamente decentrato – organizza lo spazio di ingresso (e anche di uscita) con la grazia di un meccanismo.

sala da pranzo con tappetopinterestFrancesco Allegretto

Casa Munari

Il portego veneziano in cui si sviluppa l’appartamento sopravvive come eco di una sequenza più lunga, oggi interrotta dai frazionamenti. Sottsass ne distilla l’essenza: una prospettiva controllata, attraversata da blocchi geometrici che misurano le stanze e ne scandiscono il ritmo. Gli arredi sono pochi e mirati; il totem governa funzioni e passaggi, il lungo divano in velluto accompagna al centro del salone, dove un divano più basso e una poltrona coloratissima danno forma al fulcro della zona conversazione. Da qui due porte, quella azzurra a destra che porta in una grande cucina sugli stessi toni, e quella bianca e nera optical a sinistra, incorniciano tre meravigliose finestre a tutta altezza sul canale veneziano. La cucina, con il soppalco un tempo riservato alla servitù e oggi spazio ripostiglio, racconta un’idea di ospitalità efficiente, così come il corridoio delle camere e dei bagni, completamente rivestito da un’alta armadiatura rosa, in un tono estremamente rassicurante e confortevole.

Palazzina Masierifondazione masieripinterestGabriele Bortoluzzi

Fondazione Masieri

Non solo case ma un interno culturale che finalmente è di nuovo fruibile alla città di venezia.Affacciata su Canal Grande, la Palazzina Masieri ha infatti riaperto da tre anni dopo moltialtri di chiusura e trascuratezza. Dietro la facciata in mattoni sul canale, e un ingressosottilissimo da una porta bianca geometrica, si svela un interno firmato – e in parte compiuto– da Carlo Scarpa: un percorso di accadimenti minuziosi, dove calcestruzzo a vista, ferro e calce rasata dialogano con l’acqua e con la luce che la città riflette all’interno. Qui sopravvive, come traccia e come racconto, il sogno mancato del progetto di Frank Lloyd Wright per la Fondazione intitolata ad Angelo Masieri che – avviato nel 1951 quando Wright ricevette la laurea honoris causa da IUAV – nel 1953 fu bocciato dagli enti preposti alla tutela della città storica. All’utopia moderna respinta, subentra la precisione di Scarpa: mimetico verso l’esterno, radicale negli interni, capace di tessere continuità tra storia e contemporaneità. Il lungo cantiere (1972–1983) ha lasciato un’opera parziale e per questo preziosa: un lessico scarpaiano riconoscibile, messo a sistema con misura.

interno casapinterestGabriele Bortoluzzi

Fondazione Masieri

Il recente restauro – promosso dalla Fondazione Masieri con Heritage Asset Management e Galerie Negropontes (che adesso ha qui la sede veneziana) – ha arrestato il degrado dell’edificio e riattivato gli impianti, restituendo materia e respiro agli ambienti. Al piano terra la calce rasata è stata ripresa con tecniche tradizionali; i ferri, i radiatori e la bussola verso il canale sono tornati leggibili e funzionali; i pavimenti in terrazzo e pastellone sono stati consolidati. Al piano nobile, i radiatori sono stati liberati da pannellature che ne occultavano il disegno originale.

I quattro spazi sono visitabili il 27 settembre e il 25 ottobre registrandosi a questo link

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Progettista di spazi, scrive di design e architettura per riviste del settore e iniziative indipendenti. Dopo esperienze formative a New York, Londra e Weimar, vive e lavora tra la provincia di Udine e Milano, dove ha conseguito le lauree triennale e magistrale al Politecnico in interior and spatial design, specializzandosi in allestimento ed architettura di interni. Per Elle Decor scrive di interior designer, libri, gallerie di design contemporaneo e molto altro.   

 

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