Il piano socio-sanitario regionale non convince l’ordine dei medici.

“Abbiamo evidenziato – spiega il presidente della Federazione regionale dei medici chirurghi e degli odontoiatri  Federico D’Andrea – una serie di problematiche di cui tenere conto per definire gli obiettivi del Pss, anche se alcune ipotesi di soluzione sono di carattere nazionale”.

Secondo la federazione non vi è mancanza di medici in assoluto, ma vi è una loro bassa propensione a lavorare nel servizio sanitario nazionale. Il che comporta lunghe liste d’attesa e, per quel che riguarda i medici di medicina generale, il fatto che alcune zone restino scoperte. “I suggerimenti che la federazione regionale ha proposto riguardano, ad esempio, la promozione da parte della Regione di contratti integrativi aziendali differenziati per le diverse specialità a seconda che presentino maggiori o minori possibilità di attività privata; o ancora, serenità sul luogo di lavoro (tempo, non-violenza, sostegno); e anche una migliore organizzazione di hub e spoke che devono essere meglio definite senza che ci siano doppioni nell’ambito della stessa area (vedi ospedale unico del Vco, al posto del mantenimento delle due strutture attuali)”.

“Inoltre, per la Federazione regionale tra gli obiettivi vi sono quelli di seguire sul territorio, insieme agli specialisti, le condizioni anche complesse in dimissione dall’ospedale e partecipare ai follow up; utilizzare gli ospedali di comunità per stabilizzare condizioni in via di scompenso, evitando il passaggio in ospedale, e per velocizzare la dimissione dagli ospedali dei ricoverati con patologie acute che non necessitano più di assistenza complessa; aumentare e qualificare l’assistenza domiciliare per i pazienti non autosufficienti; garantire una formazione professionalizzante, elastica, interdisciplinare (in accordo con Unito e Upo), provvedendo a insegnamenti di etica e deontologia medica”.

“Riteniamo – aggiunge D’Andrea – che, per quel che concerne i rapporti ospedale-territorio, vadano valorizzati diversi assetti territoriali e le reciproche interdipendenze tra aggregazione funzionali territoriali di medici, Case della Comunità e Distretto, valorizzando i professionisti che lavorano presso presidi periferici e prevedendo la presenza di specializzandi anche in tali sedi.  Su altre situazioni, le nostre idee sono ben note e a livello nazionale da tempo le facciamo valere: deburocratizzazione del lavoro medico, prevedendo figure professionali che si occupino di tali problemi; adeguamento dei compensi alle retribuzioni offerte all’estero o nel privato; aumento del numero dei posti letto ospedalieri che appaiono attualmente troppo limitati per le esigenze della popolazione che invecchia, rendendoli simili a quelli presenti nei paragonabili paesi europei”.