Un lungo e accurato sopralluogo da parte della Polizia scientifica e del pm di Milano Maria Cristina Ria nel laboratorio di Maurizio Rebuzzini, il critico fotografico trovato morto nella serata di mercoledì in via Zuretti, non distante dalla stazione di Milano. Con l’obiettivo di ricostruire gli ultimi istanti di vita dell’uomo, animatore della scena fotografica milanese e non solo, trovato morente sul ballatoio dello studio al primo piano dal figlio Filippo che ha dato l’allarme, chiamando il 118: “Venite, mio padre si è sentito male”. Ma Rebuzzini è morto poco dopo in ospedale. Il corpo presentava ecchimosi sul volto e alcuni segni sul collo compatibili con lo strangolamento.
    Gli investigatori della Squadra mobile stanno cercando di ricostruire quello che è accaduto prima del decesso: se nel laboratorio vi siano segni di colluttazione, il che potrebbe indicare che l’uomo è stato strozzato al culmine di una lite, oppure da una persona fredda e determinata, anche se si pensa ad un delitto d’impeto. Dall’appartamento sembra non manchi nulla e l’ipotesi di una rapina finita male rimane decisamente remota, mentre l’attenzione degli investigatori sembra concentrarsi più sulle conoscenze di Rebuzzini, descritto come uomo mite e bonario ma che per motivi ancora sconosciuti potrebbe aver avuto problemi con qualcuno che per rancore l’ha ucciso.
    Il primo referto dell’ospedale in cui è morto parla di “lesione circonferenziale del collo”. Il figlio Filippo, a cui è stato sequestrato il telefono per estrarne una copia forense, non si nasconde e spiega che il sequestro del suo telefono “é un atto dovuto”. “Non sospettano di me”, afferma e i segni sul collo del padre secondo lui sono stati causati dai soccorritori quando gli hanno sollevato la maglietta nel tentativo di rianimarlo.
    Anche se nella vicenda fa capolino una lite tra padre e figlio di una decina di anni fa rimasta apparentemente senza strascichi, tanto che la gente del quartiere li vedeva sempre insieme: “Si tenevano molta compagnia”.
    Filippo la notte dopo il ritrovamento del corpo del padre è stato a lungo sentito in questura e gli investigatori stanno ancora ascoltando testimoni alla ricerca del movente di un delitto la cui ufficialità è, però, attesa la settimana prossima quando la causa definitiva del decesso sarà stabilita da un anatomopatologo durante dopo l’autopsia.
    Gli investigatori stanno analizzando la coerenza delle dichiarazioni del figlio con gli elementi oggettivi trovati nell’appartamento e nelle conversazioni e chat del suo telefono; operazioni che, però, stanno facendo anche con altre persone della cerchia di Maurizio, cultore della fotografia, tanto da aver fondato una rivista e un’associazione che se ne occupa e collaboratore di grandi fotografi milanesi e non. Maurizio Rebuzzini, racconta chi lo conosceva, era anche un grandissimo appassionato di George Simenon e anche la sua fine è singolarmente diventata un ‘giallo’. 
   

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