Una casa, più che un hotel

A La Casa del Limonero di Siviglia si attraversa una soglia. Non ci sono reception ingombranti né insegne visibili. Tutto è calibrato sull’idea di discrezione e misura. È una casa per pochi ospiti, adulti, raccolti attorno a un cortile di agrumi — alberi antichi, veri, profumati — dove l’acqua della fontana sembra scandire il tempo.

Gli ambienti comuni rifuggono l’idea del lusso standardizzato. Il salotto con camino, disegnato da Ernesto de Ceano, apre la scena a una sequenza di spazi raccolti: la biblioteca, la sala da tè, un hammam in stile moresco. Tutto è pensato per accogliere e sorprendere. Gli oggetti, tutti estremamente evocativi, sono parte del racconto. Un vecchio minibar realizzato con frammenti di fusoliera Lufthansa, un ascensore rivestito con bauli vintage Louis Vuitton, applique provenienti dal leggendario Hôtel Lutetia di Parigi. Ogni dettaglio sussurra storie di viaggio, memoria, reinvenzione.

© Antonio Arévalo

© Antonio ArévaloMemoria, arte, precisione

L’identità del luogo si compone anche di una selezione di opere d’arte e di design che attraversa decenni e continenti, legati da un filo invisibile di coerenza e poesia. Le fotografie del maliano Malick Sidibé, maestro del ritratto in bianco e nero, animano i corridoi con un senso intimo di umanità e ritmo.

Le poltrone Elda di Joe Colombo, le sedute scultoree firmate Claude Nicolet, le lampade in ottone ossidato, i tappeti tinti a mano e le ceramiche andaluse smaltate completano un’ambientazione che non esibisce, ma affascina. Nulla è di troppo, nulla è neutro. L’arte non viene appesa per decorare: accompagna lo spazio, lo interroga, lo custodisce.