di
Fabrizio Caccia e Michele Marangon

Latina, la tranquillità apparente del 14enne: «Tenetemi un banco»

SANTI COSMA E DAMIANO (Latina) – «Papà ma noi con Paolino ci siamo scritti fino all’ultimo, guarda, questa è la chat di classe…». L’uomo, un vigile urbano, non ci voleva credere. Le ultime parole di Paolo Mendico, 14 anni, scritte la sera prima di uccidersi, a poche ore dal suono della campanella del nuovo anno scolastico, erano lì a portata di mano, registrate per sempre dal cellulare di suo figlio. Così l’agente della municipale gli ha chiesto il permesso di leggere e la sorpresa a quel punto è stata pari alla disperazione: «Leggi pure papà, io non ho segreti».

L’ultima chat è un autentico mistero. Quella sera di mercoledì 10 settembre sembra che l’intera classe del secondo anno dell’Itis Pacinotti avesse un’unica preoccupazione: mettersi d’accordo, assegnare a ciascuno il posto in cui sedersi all’indomani. E Paolino, che era gracile e piccolo di statura, più volte nella chat si è raccomandato con i compagni: «Vorrei stare nella prima fila, lasciatemi libero uno di quei banchi». I compagni lo tranquillizzano: «Ok ok va bene». Insomma, nessuna conflittualità apparente.



















































Ma non solo. Quella sembra la richiesta di un ragazzino previdente che ci teneva a seguire bene la lezione il giorno dopo, senza trovarsi davanti un muro di coetanei più alti di lui. Un ragazzino che, rimandato in matematica a maggio, si era messo a studiare di buzzo buono durante l’estate per presentarsi a luglio al colloquio di riparazione bello pronto. Così, aveva lasciato per un po’ da parte la batteria che suonava appassionatamente nella sala prove Black Light Project e pure qualche battuta di pesca con suo papà Giuseppe alla foce del Garigliano. E a luglio al colloquio aveva preso 7. Promosso!

Non si capisce, perciò, per quale motivo con mamma Simonetta in quelle stesse ore avesse usato ben altro tono: «Ricomincia la scuola, è finita la libertà, non ci voglio più andare». Si era perfino tagliato i lunghi capelli biondi per non somigliare più a Nino D’Angelo ed evitare le prese in giro dei bulli. Quattro ragazzi in tutto, secondo i genitori, in una classe di 12 studenti, 11 maschi e una femmina. E allora il mistero sta nel capire che cosa abbia fatto, Paolo, dopo aver chattato con la classe sul tema del posto a sedere. Ha cenato con papà e mamma, è salito in camera sua al primo piano e da quel momento il buio. Per questo la Procura di Cassino che indaga per istigazione o aiuto al suicidio ha fatto sequestrare il suo cellulare ma anche altri dispositivi elettronici che lui utilizzava per giocare e navigare online.

 Qualcuno della sua community, con una parola sbagliata, un’offesa insopportabile, potrebbe aver innescato la pulsione suicida in un ragazzino tanto solitario e sensibile. Cosa uscirà dalle indagini, sembra presto per dirlo. Invita alla cautela il procuratore Carlo Fucci in persona: «Qualunque sarà l’esito sotto il profilo penale — ha detto — tutto quello che stiamo acquisendo probabilmente ci dimostrerà ancora una volta che, quando il contesto sociale non è in grado culturalmente di comprendere e di accettare, di condividere gli altri, queste tragedie continueranno a verificarsi».

La voglia di parlare è sempre meno in paese: «Ci sono stati anche altri casi che non hanno fatto scalpore — racconta un conoscente della famiglia Mendico che però vuole rimanere anonimo — ma la storia era sempre la stessa: ragazzi bullizzati, bulli protetti dai dirigenti e conseguente fuga dei bullizzati, che hanno preferito cambiare scuola». E ancora: «Alcuni ragazzi si sono confidati con i genitori e hanno confessato che una delle dirigenti scolastiche ha riunito gli studenti e ha intimato loro di non parlare con i carabinieri perché è pericoloso. Questo è grave». Stasera alle 20 la fiaccolata per augurare buon viaggio al piccolo Paolo.


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20 settembre 2025