Più Sprint, griglia invertita ed eventualmente gare più corte. È questa la visione di Stefano Domenicali per il futuro della Formula 1, idee che non hanno mancato di animare le discussioni. Tra le tante questioni, ce n’è una che va oltre il gradimento soggettivo verso le singole proposte, condizionato dall’allontanamento dalle tradizioni ma anche da una certa reticenza al cambiamento. Per avere successo il nuovo format necessiterebbe prima di tutto di interventi sul piano tecnico e sportivo, onde garantire uno spettacolo adeguato in gara e soprattutto una convergenza sul lungo termine.

L’altra faccia delle Sprint

Sin dal loro debutto nel 2021, è subito stato chiaro che l’impatto più rilevante delle Sprint sui Gran Premi sarebbe stato la riduzione delle prove libere, quale d’altronde è il principale obiettivo degli organizzatori. Tra i punti di forza c’è sicuramente il fatto che con un’unica sessione di libere prima di andare in qualifica si dà molto più risalto al fattore umano, in particolare alla rapidità di adattamento di squadre e piloti, aumentando inoltre la probabilità che un top team possa incappare in un passo falso. Si tratta dopotutto di un format ormai consolidato in Formula 2 e Formula 3, dove però si compete con macchine uguali per tutti.

Diverso è lo scenario della Formula 1, con la presenza di auto diverse e più lontane nelle prestazioni tra di loro, soprattutto all’inizio di un ciclo regolamentare. C’è quindi un’esigenza che non si può ignorare, quella di favorire il libero sviluppo per raggiungere quanto prima una convergenza prestazionale. Girare e sperimentare liberamente in pista è una parte fondamentale di tutto questo, necessaria per capire come curare i problemi che affliggono una monoposto e migliorarla. È un lavoro che dopo l’abolizione dei test privati è ormai quasi esclusivamente limitato alle prove libere, una cui ulteriore riduzione con l’aumento delle Sprint rischierebbe quindi di rallentare la convergenza tra i team, senza mai arrivare a offrire una competizione serrata.

La partenza della Sprint a MiamiPhoto by Rudy Carezzevoli/Getty Images

Più test e auto più semplici

Alla precedente obiezione si potrebbe replicare che le simulazioni virtuali e in galleria del vento sono ormai estremamente accurate, ridimensionando l’utilità delle prove in pista. I fatti di cronaca però dimostrano il contrario, evidenziando come, pur con i passi avanti della tecnologia, la simulazione non sia ancora in grado di predire la realtà in tutte le sue mille sfaccettature. Le squadre si trovano ancora costrette a cestinare i propri sviluppi, incapaci di comprendere perché la risposta di un aggiornamento in pista non corrisponda a quella vista in fabbrica. Le auto a effetto suolo hanno esasperato queste dinamiche, mentre le voci per il 2026 dicono che le nuove monoposto saranno aerodinamicamente più prevedibili. Se la Formula 1 vuole ridurre le prove libere e affidarsi alla simulazione per raggiungere una convergenza tra le squadre non potrà che continuare a inseguire questo obiettivo, realizzando macchine sempre più intuitive e semplici da capire.  

Ciò non impedirebbe comunque di pensare a un’alternativa per compensare la riduzione delle prove libere nei weekend di gara. La soluzione più efficace sarebbe la reintroduzione in misura controllata dei test privati e/o delle sessioni collettive in alcuni lunedì post Gran Premio. L’idea, tuttavia, si scontra con un calendario ormai estremamente fitto, dove le squadre sono al limite dello sforzo richiesto a chi lavora in pista, a meno di non assumere altro personale che, però, farebbe lievitare le spese. C’è comunque un’incongruenza in tutto questo con le concessioni fatte per i test privati TPC con macchine vecchie di almeno due anni, specialmente per le sessioni senza piloti titolari. È vero che girare con l’auto dell’anno corrente assorbirebbe molte più risorse, ma nulla vieterebbe di provare a trovare un compromesso.

Photo by Marcel van Dorst/EYE4images/NurPhoto via Getty Images

La gestione serve

Un altro tema da affrontare sarebbe la realizzazione di macchine in grado di regalare spettacolo su gare più corte, a fronte di un aumento delle Sprint e di un eventuale accorciamento dei Gran Premi, la cui durata, a detta di Domenicali, “forse è un po’ lunga per i giovani”. Al netto delle opinioni in merito, disporre di auto pensate per delle gare brevi sarebbe indispensabile per la riuscita del format. Contrariamente alla credenza comune secondo cui la libertà per i piloti di spingere al massimo sia fonte di spettacolo, quando questo accade in realtà le prestazioni tra le varie macchine sono così ravvicinate da impedire i sorpassi.

L’ingrediente essenziale per l’azione in pista è avere un elemento di differenziazione che crei delle disparità di prestazione, così che chi insegue abbia un vantaggio di passo tale da superare chi si trova davanti. In passato, quando i rifornimenti erano ancora permessi, era il diverso livello di carburante imbarcato a rimescolare le prestazioni e a creare delle differenze prestazionali necessarie ai sorpassi. Nei Gran Premi attuali, invece, questo compito è affidato al degrado gomma e alle strategie di pit-stop, il cui sviluppo porta i piloti a lottare con mescole e pneumatici in condizioni differenti. Per come sono concepite al momento però, nulla di tutto ciò accade nelle Sprint, dove la gestione gomma richiesta è minima.

F1 Ferrari Pirelli

Una strategia slegata dalle gomme

Nei motori e in generale nello sport, lo spettacolo nasce dalla contrapposizione di strategie diverse per gestire delle risorse limitate. Nella Formula 1 di oggi queste risorse sono le gomme, pensate però per degradare al punto giusto su una corsa da 300 chilometri e non su una distanza più corta. Aumentare le Sprint e/o accorciare i Gran Premi non potrebbe trascendere da un lavoro a stretto contatto con il fornitore di pneumatici, realizzando un prodotto apposito oppure obbligando a utilizzare la mescola più morbida nella gara del sabato. D’altra parte, affidarsi a delle gomme troppo delicate crea sempre problemi di surriscaldamento, specialmente nei giri trascorsi in aria sporca, stroncando presto le opportunità di sorpasso.

L’alternativa è pensare a qualcosa di totalmente diverso, a un’altra risorsa da gestire. Questo potrebbe essere il tempo di utilizzo di una modalità motore più spinta da spendere nell’arco della gara, una sorta di push to pass in stile Indycar, come già avveniva per certi versi in Formula 1 fino al 2020 prima dell’obbligo della mappatura unica. Non è comunque tanto la durata di una corsa a decretarne il successo, bensì la sua evoluzione nel tempo. Vero motivo di attrazione per il pubblico è la narrazione di una storia, strettamente dipendente da una competizione serrata dove il finale non sia già scritto all’inizio.