Prima le coltellate, almeno venti, poi le fiamme. Ora per l’omicidio di Hayati Aroyo, 62 anni, avvenuto a Sesto San Giovanni (Milano) lo scorso 23 luglio la polizia di Stato ha fermato i presunti autori.

Giovedì sera è stato eseguito il fermo di indiziato di delitto disposto dal pubblico ministero per due uomini e una donna: sono accusati di omicidio aggravato, rapina aggravata, incendio e distruzione di cadavere. Il gruppo, composto da un italiano di 38 anni, un 33enne albanese e una donna italiana di 36 anni, secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini portate avanti dalla sezione Omicidi della Squadra mobile guidata dal dirigente Alfonso Iadevaia e da Francesco Giustolisi, avrebbero programmato e messo in atto l’omicidio di un 62enne, cittadino italiano di origine turca, trovato carbonizzato nella camera da letto di un appartamento in via Fogazzaro a Sesto San Giovanni, nell’hinterland di Milano.

Chi era il cognato del boss turco ucciso

Hayati Aroyo è morto nell’abitazione di Sesto San Giovanni e dopo l’omicidio l’appartamento è stato dato alle fiamme, probabilmente in un tentativo di depistaggio. L’uomo, secondo quanto ricostruito era il cognato del boss della mafia turca Hüseyin Saral, ucciso a Crotone vent’anni fa. Al momento dell’agguato mortale avvenuto il 31 gennaio 2005, Hayati Aroyo era volante dell’auto. Non sono però emersi collegamenti tra i due omicidi, avvenuti a distanza di vent’anni. Il 62enne a luglio era ospite a casa di uno studente che in quel periodo di trovava in vacanza. 

Il cadavere carbonizzato e le coltellate

Fin da subito è stato chiaro che l’incendio non era la vera causa della morte: l’uomo era stato ucciso. Gli accertamenti degli investigatori e i rilievi della Scientifica insieme ai riscontri dell’autopsia, avevano fin da subito ipotizzato un omicidio, come confermato dai fendenti inferti sul corpo. Il 62enne era stato colpito da trenta coltellate e poi i suoi aggressori avevano tentato di distruggere le prove dando fuoco al cadavere e all’appartamento. 

Come le indagini hanno incastrato i tre

Le indagini sono proseguite senza sosta e gli inquirenti hanno cercato di ricostruire la storia dell’uomo e la sua rete di amicizie fino a individuare i tre che, per varie ragioni, avevano maturato un profondo astio nei confronti della vittima, tanto da arrivare a pianificarne la morte. L’analisi delle telecamere, dei tabulati telefonici e le intercettazioni, è stato possibile ricostruire gli spostamenti dei due uomini e della donna, individuando i vari ruoli che i tre hanno avuto la notte dell’omicidio. 

I due uomini ora si trovano in carcere a Busto Arsizio mentre la donna è stata accompagnata in carcere a Milano, in attesa della convalida del gip.