La designazione di Israele come genocida da parte della CoI, una Commissione d’Inchiesta Internazionale (presunta) Indipendente, ente sussidiario entro l’organizzazione delle Nazioni Unite, ribadisce la pluridecennale guerra dell’Onu contro lo stato ebraico e illumina allo stesso tempo l’inconsistenza della maggio-re istanza internazionale come tale. Negli anni della Société des Nations Carl Sch-mitt giudicò insensato che il voto di un’isola del Pacifico – cito a memoria – potesse vincolare democraticamente le decisioni di una potenza. Vi sono forze storiche co-me la classe delle grandi potenze, che non sono né possono essere, oltre certe soglie, soggette a giurisdizioni multilaterali.
D’altronde, cosa può decidere una maggioranza di irresponsabili? E quale autorità legale decide della costitutiva eccezionalità di una guerra? Chi giudicherà al posto di Israele se e quando e in che misura lo stato ebraico deve difendersi? Il Consiglio di Sicurezza, che è responsabile, esercita piuttosto un bilanciamento delle maggiori visioni geopolitiche, e vanifica spesso le decisioni irresponsabili. Con un piccolo stato occidentale che non obbedisce perché tutto è in gioco per lui, e che ha nel Consiglio almeno un alleato che lo tutela, l’Assemblea generale da moralistica diviene persecutoria. Così l’Onu, presidenza e organi finiscono col prendere parte alla militanza epidemica pro-Pal nel modo peggiore. Come può un’alta orga-nizzazione, con pretesa di moderare il mondo, mostrarsi così partigiana, incapace di ponderazione sulle cose e su sé stessa?
Ma l’abuso dell’imputazione di genocidio a Israele non è da attribuire solo alle cicliche effervescenze mondiali anti-ebraiche. Vi sono premesse alte e indirette. Sul terreno giuridico evocherei il rapido fluidificarsi della fattispecie genocidio, rispetto alle formulazioni primitive di Raphael Lemkin cui dobbiamo il conio del termine (1944-1945). Rivediamo la Convention delle Nazioni Unite, “on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide”, del 1948 ma entrata in vigore il 12 gennaio 1951. All’art. 2 i crimini di “killing members” o di “causing serious bodily or mental harm to members” di quel gruppo, di “inflicting on the group conditions of life” ordinate al suo degrado e altri crimini (in effetti pratiche correnti allora nell’URSS staliniana), vengono omologati senz’altro al genocidio. Certo, vi è nella premessa che individua il genocidio come “intent to destroy […] a national, ethni-cal, racial or religious group”, la clausola “as such” (come tale) ovvero: la condizione dirimente della imputazione è l’esistenza di pratiche che intendano estirpare quel gruppo umano per la sua singolarità.
L’originaria discriminante socio-razziale “groups as such […] and individuals […] selected for destruction only because they belong to these groups”, “gruppi come tali […] e individui selezionati per l’eliminazione solo perché appartengono a quei gruppi” di Lemkin nel 1944, quella che ha davanti a sé l’Olocausto, è resa più ge-nerica, includendo i gruppi nazionali, politici, anch’essi “as such”.
Che nell’intenzione del legislatore “national, ethnical, racial, religious” fossero considerati sinonimi non basta a tener ferma la paradigmaticità della Shoah. La contami-nazione di paradigmi, sotto l’effetto della contrapposizione Lemkin-Lauterpacht (il grande giurista Hersch Lauterpacht perseguiva, dal periodo di Norimberga, piut-tosto una condanna universale dei delitti contro l’umanità), esorbitava dal dato genocidario e preparava sia gli slabbramenti giurisprudenziali posteriori sia le strumentalizzazioni di sempre. Di fatto la clausola: “Un gruppo … come tale”, che dovrebbe tener distinto il genocidio vero e proprio, viene ignorata nella sua forza. Cosa avviene allora? Avviene che tutte le cinque tipologie di crimini indicate nella Convention, frequenti nei casi di conflitto o di repressione comunque causati, con-vergono automaticamente nel quadro genocidario. Agevole la verifica nei report Albanese e CoI. Le accuse formali di genocidio a Israele, quelle delle istituzioni o dei governi, implicano tutte la sottovalutazione concettuale e/o omissione di quel “as such”. Nessun serio onere della prova, nessuna idea di ciò che un genocidio è, o è stato. In effetti non si cerca il giudizio giusto, ma che la massima connotazione infamante contro il popolo dell’Olocausto serva a schiacciare gli ebrei sotto un macigno. Un vero contributo internazionale al 7 ottobre.
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