Cancellazione di voli all'aeroporto di Bruxelles

Cancellazione di voli all’aeroporto di Bruxelles – Reuters

Forse è eccessivo pensarlo, ma a farlo non si fa peccato. In queste ore siamo di fronte a segnali concentrici, che puntano tutti al nocciolo della questione: un’ultima chiamata all’Europa. Fatta in stile mafioso, da parte del piccolo zar del Cremlino a chi si oppone al via libera al piano sull’Ucraina già avallato da Donald Trump poco dopo aver applaudito il leader russo durante la sua passeggiata a passo di marcia sul tappeto rosso di Anchorage a Ferragosto. Un crescendo di parole e fatti che lascia poco spazio a deviazioni. In Donbass si intensifica l’avanzata, come gli attacchi aerei sulle città ucraine dopo che una decina degli stessi droni è caduta in Polonia “per errore” dice Trump e scientemente invece per voce dell’inviato della Casa Bianca a Kiev, Keith Kellogg, che ha smentito il suo “mandante” e ha parlato invece di “test sulla tenuta dell’Alleanza”.

Restando alle parole non è insignificante che, per la prima volta in tre anni e nove mesi, Vladimir Vladimirovic Putin abbia parlato l’altro ieri di “700mila soldati russi” schierati al fronte. Qualche ora prima che due Mig, armati e a radio spente, violassero i cieli estoni per 12 lunghissimi minuti, fino all’arrivo di due F-35 italiani decollati in tutta fretta dalla base Nato avanzata nel Baltico di Amari. Poi un altro classico episodio di “guerra ibrida”, dei tanti già raccontati in questi mesi e tutti riconducibili agli hacker di corte dello zar: l’improvviso tilt dei dispositivi di check-in degli scali di Berlino, Londra Heathrow e Bruxelles.

Tutti episodi contenuti, mai lasciati arrivare però fino in fondo. Ma concatenati tra loro, come rappresentassero una lettera anonima ai destinatari occidentali: sappiate che questo è solo un’anteprima di che cosa può succedere, uno “spot” al pari di quelli che lo scherano dello zar, Dmitrij Medvedev, lanciava sul web con le immagini di Londra in fiamme dopo l’attacco missilistico di Mosca. Insomma movente, arma e circostanza ci sono. E sufficienti per poter fare speculazioni su una situazione che sta aumentando di intensità di giorno in giorno, quasi di ora in ora. E così personaggi (anche italiani) “equivoci” possono continuare a spingere per la risposta vigorosa, si schierano per l’abbattimento e non per il semplice il “buffetto” sull’ala agli aerei del Cremlino che sconfinano.

Un gioco al rialzo, che passa dal riarmo, dalla risposta diretta con acquisti di armi sempre più pesanti (e americane) e soprattutto a una certezza: nei fatti (e prima a parole), Donald Trump ha dimostrato che la difesa dai cosacchi e dai loro cavalli assetati non spetta più alla Quinta armata americana ma è tutta sulle spalle degli europei, divisi e litigiosi.

“United we stand, divided we fall” (che tradotto significa: uniti resistiamo, divisi cadiamo) disse Winston Churchill agli americani nel 1941. Ma erano altri tempi.