Niente colpisce al cuore come un’immagine. Quella di Mahmoud Ajjour, 9 anni, mutilato da un attacco israeliano sulla Striscia di Gaza a marzo 2024 non lascia scampo: mezzobusto, in canotta, illuminato da una luce caravaggesca, ha uno sguardo in un altrove dove i bambini crescono, giocano e abbracciano. Scattata dalla palestinese Samar Abu Elouf e pubblicata sul New York Times, ha vinto il World Press Photo of the Year 2025. Da oggi fino all’8 dicembre l’ipogeo della Rotonda del Talucchi all’Accademia Albertina delle Belle Arti ospita “World Press Photo Exhibition 2025”, la più prestigiosa mostra di fotogiornalismo al mondo.
Le immagini
Le 144 fotografie selezionate, firmate per le maggiori testate internazionali, sono state scelte tra le 59. 320 scattate da 3778 fotografi da 141 paesi. A Torino l’esposizione torna per il nono anno consecutivo, organizzata da CIME, Ambassador Italia della World Press Photo Foundation di Amsterdam. «La foto – dice Vito Cramarossa, direttore di CIME – è un’istantanea di quel che accade: cambiamento climatico, crisi sociali, conflitti. Abbiamo una grande quantità di informazioni oggi ma bisogna fare attenzione a non semplificare. La complessità va difesa. E chi meglio di giornalisti e fotoreporter? La mostra è un presidio di democrazia e libertà».
Le categorie
La giuria è presieduta dall’italiana Lucy Conticello, direttrice della fotografia per M, il magazine di Le Monde. Il concorso è suddiviso in sei aree geografiche. Selezionati i vincitori per area, si procede alla scelta di quelli assoluti. Quattro sono le categorie: Singole, Storie, Progetti a lungo termine e Open Format, dedicata all’interazione tra fotografia e altri linguaggi. Tre sono i finalisti, oltre alla vincitrice, ecco “Attraversamento notturno” dello statunitense John Moore che racconta l’immigrazione cinese clandestina negli Stati Uniti con migranti che cercano di scaldarsi sotto la pioggia, scattata in California a marzo 2024 per Getty Images e “Siccità in Amazzonia” del peruviano-messicano Masuk Nolte realizzata per Panos Pictures, Bertha Foundation. Scattata a ottobre 2024, mostra un giovane costretto a percorrere a piedi due chilometri sul letto del fiume in secca per portare cibo alla madre in un villaggio una volta accessibile in barca.
Una sola italiana
Tra i progetti a lungo termine premiati c’è quello dell’unica italiana selezionata, Cinzia Canneri. La fotografa ha seguito le vite di alcune donne in fuga dal regime in Eritrea e dal conflitto in Etiopia. Oltre ad essere vittime di stupri e abusi, sono spesso abbandonate da mariti e famiglie: i loro corpi sono campi di battaglia ma, insieme, affrontano il trauma. La bielorussa Tatsiana Chypsanava ha esplorato come una comunità maori difende la sua identità culturale in Nuova Zelanda, Carlos Barrera ha documentato la violenza del governo di Nayib Bukele in Salvador, Ebrahim Alipoor è andato sulle montagne del Kurdistan iraniano per conoscere le storie dei kolbar, i corrieri che trasportano illegalmente merci tra Iraq, Turchia e Iran.