Il Granata della Porta Accanto/Mentre il Torino non ha ancora una chiara strategia sui giovani che escono dal vivaio, a Bergamo c’è chi lotta per la sopravvivenza delle società medio-piccole

Qual è il vero Torino di Baroni? Quello disastroso di San Siro o quello compatto e cinico di Roma? L’inizio di stagione dei granata è stato molto contraddittorio e dopo le prime tre giornate è tremendamente complicato sbilanciarsi in giudizi definitivi su questa squadra. Che sia stata costruita monca è un dato di fatto, che sia stata costruita su un’idea tattica apparsa poi insostenibile è anche questo un dato di fatto. Va dato atto a mister Baroni di aver saggiamente fatto retromarcia alla velocità della luce quando l’evidenza ha mostrato che il suo 4-2-3-1 era inapplicabile con questi giocatori. Non tutti gli allenatori hanno il buon senso e l’umiltà di piegare le proprie idee sull’altare dei risultati, ma Baroni in sole due giornate, dopo la disfatta con l’Inter, ha cambiato due moduli passando prima ad un centrocampo a tre e poi addirittura alla difesa a tre nella vittoria nell’Olimpico romano. È chiaro che quest’ultima soluzione, se sarà adottata in via permanente, dovrà fare i conti con la disponibilità di soli quattro difensori centrali a fronte di tre posti disponibili (sebbene anche Tameze in passato abbia giocato da braccetto con discreti risultati). Non per fare sterile polemica, ma stante così le cose mi viene da pensare che in questa situazione sarebbe servito eccome l’apporto di Dellavalle, lasciato troppo frettolosamente in prestito per il secondo anno consecutivo a Modena: sarebbe servito perché il Torino avrebbe in rosa un quinto centrale (tralasciando il povero Schuurs) oltre a Maripan, Coco, Ismaili e Masina, cioè Saba Sazonov, ma il giocatore georgiano è stato messo fuori lista perché in eccedenza nel numero dei giocatori over 22. Dellavalle, invece, essendo un prodotto del vivaio, potrebbe essere tranquillamente disponibile perché non occuperebbe nessun posto di quella lista e oggi con la linea difensiva a tre farebbe comodo come riserva o addirittura come titolare se si avesse un po’ di coraggio nel lanciare i giovani sul serio. Ci riempiamo la bocca che vogliamo i giovani in prima squadra e quando le condizioni possono realizzarsi li mandiamo in giri infiniti di prestiti per poi lasciarli quasi tutti andare via a zero. In questo senso plaudo alla cessione di N’Guessan per due motivi: il ragazzo ha fatto il titolare in un campionato minore, quello sloveno, e, al secondo anno di prestito, è stato riscattato dal suo nuovo club slovacco facendo incassare al Torino un milione di euro. La cifra è modesta, lo so, ma almeno è un introito che se reinvestito nel settore giovanile può generare altri frutti positivi in futuro. I giocatori che escono dal vivaio dovrebbero essere indirizzati su due sole strade: prestito e poi ritorno perché utili alla causa oppure prestito e cessione per incassare qualche soldo se ritenuti non idonei alla causa. Stop. Inutile farli girare per anni in situazioni dove non hanno reale possibilità di esprimersi e poi abbandonarli a fine contratto a zero senza aver ricavato nulla e senza aver “restituito” alle casse del settore giovanile risorse economiche utili ad avviare circoli virtuosi. Ricordo ad esempio il caso di De Luca richiesto ai tempi della fine del suo ciclo in Primavera dal Friburgo per un milione di euro, non venduto allora e poi lasciato andare a zero dopo qualche anno a cui ha fatto seguire una discreta carriera tra C e B e qualche apparizione in A (un gol con la Cremonese quest’anno alla prima di campionato). Oppure il caso di Ciammaglichella che da due anni è in un limbo oggettivamente senza senso: lo voleva il Feyenoord, pagando, e non lo si è ceduto, ma ad oggi non si intravede un progetto di ampio respiro su di lui. Le porte della prima squadra gli sono sbarrate e il prestito dell’anno scorso alla Ternana è stato poco proficuo per la crescita del ragazzo. Il rischio di un caso De Luca c’è anche per “Ciamma” e sarebbe davvero un peccato se ciò accadesse. Penso che sui giovani che escono dal settore giovanile le valutazioni, giuste o sbagliate, debbano essere più rapide e soprattutto in caso di bocciatura almeno un ritorno economico debba esserci se no tutta la trafila non ha senso: investi nel giocatore per anni e poi lo perdi nell’indifferenza a zero. Una politica suicida. Se i giocatori non sono ritenuti adatti al ritorno vanno ceduti per fare cassa e accrescere le risorse economiche a disposizione del vivaio: sarà cinico, ma è l’unico modo per autofinanziarsi in quell’area che dovrebbe essere più che strategica soprattutto per un club come il Torino. Considerato poi che paradossalmente società come Inter e Juve solo negli ultimi anni hanno introitato dalla vendita di giovani usciti dai propri settori giovanili centinaia di milioni di euro. Centinaia…

Infine in vista della partita con l’Atalanta permettetemi una riflessione sul caso Lookman. Alla luce dei risultati non entusiasmanti della squadra di Juric in questo inizio di stagione leggo numerose critiche verso la società bergamasca per la gestione del giocatore della Costa d’Avorio: invece di lodi sperticate verso chi (Percassi) si è ribellato ad un sistema che tiene in ostaggio le società facendo fare la parte da padrone ai calciatori, ma soprattutto ai loro procuratori, c’è chi si dà di gomito e ironizza sul presidente bergamasco perché ha rifiutato 45 milioni per cedere Lookman all’Inter per ritrovarsi, in un certo senso, “cornuto e mazziato”. Inorridisco di fronte a questa tesi che mette il denaro al di sopra di tutto: bisognerebbe fare una statua a Percassi che sulla propria pelle ha rinunciato a tutti quei soldi pur di non piegarsi ai ricatti ormai continui di chi si permette di non rispettare contratti firmati in assoluta libertà e consapevolezza (oltre al fatto che sono solitamente già molto remunerativi). I giocatori spinti dall’avidità dei propri procuratori pensano di poter fare il bello ed il cattivo tempo, ma qualcuno deve porre un freno a queste situazioni o i club medio piccoli si ritroveranno strozzati nel player trading da questo giochino alimentato anche dalla convenienza dei grandi club che sono poi i beneficiari finali di questi veri e propri ricatti. L’Atalanta va solo elogiata perché dopo Koopmeiners non si è piegata ad un nuovo “scippo”, anche se ben remunerato. Credo che la soluzione sia super semplice: obbligare alla stipula di una clausola rescissoria in modo tale che se durante la validità del contratto non c’è accordo tra giocatore e società sulla cessione faccia fede la clausola e la società terza che voglia acquistare il giocatore non possa fare leva sui “mal di pancia” del giocatore per forzare la cessione che così facendo avviene di solito a cifre più basse. E poi va assolutamente trovato un sistema di indennizzo per i calciatori che non vogliono rinnovare e vanno a scadenza: io proporrei di obbligare la società che tessera il giocatore andato volontariamente a scadenza (che quindi ha rifiutato la proposta ufficiale di rinnovo) a pagare almeno due annualità lorde dell’ammontare di questa proposta di rinnovo fatta dalla società proprietaria del cartellino. Facendo un esempio sul caso Belotti, se il Torino gli aveva proposto un rinnovo a 2,5 milioni all’anno chi lo andava a prendere dopo avrebbe dovuto versare nella casse granata circa 10 milioni di euro (cioè il lordo di 2,5 milioni, ovvero circa 5 milioni, moltiplicato per due annualità). In questo modo le società si tutelerebbero di fronte alla tecnica di andare a scadenza ed in più la società che acquisisce il giocatore è meno propensa a pagare altissime commissioni ai procuratori visto che è già obbligata a pagare comunque un tot di milioni di euro alla società di provenienza del giocatore.

Se vogliamo un calcio che non sia ad esclusivo appannaggio di poche decine di club potenti e di un manipolo di super procuratori che decidono tutto a tavolino vanno prese contromisure efficaci sin da subito. E invece di fare gli italiani medi e dare del pirla a Percassi, ringraziamolo per essersi alzato in piedi e aver detto “così non ci sta più bene”.