Da libero professionista a dipendente del sistema sanitario nazionale, da orario relativamente autonomo (legato al numero degli assistiti) alla garanzia delle 38 ore settimanali, 7 giorni su 7, suddivise tra ambulatorio, visite e attività comunitarie. Fino al passaggio da uno stipendio variabile (sulla base del numero degli assistiti) a uno fisso, e alle Aggregazioni funzionali territoriali, in grado di garantire una copertura continuativa dei pazienti e una migliore gestione delle cronicità. Sono queste alcune delle modifiche previste dalla riforma dei medici di Medicina Generale, i cosiddetti “medici di famiglia”. Non ancora approdata all’interno del Comitato preposto dalla Regione Piemonte per darvi l’ok.
Una riforma che ha il principale scopo dichiarato di consentire una migliore qualità delle cure primarie, limitando di sovraccaricare i singoli. Oggi, infatti, sebbene il massimale previsto per legge sia di 1.500 assistiti per ciascun medico di base, sono tantissime le regioni che lo superano. Secondo la Fondazione Veronesi, nel 2025 in Piemonte questo il massimale viene superato nel 54% dei casi (in Lombardia si arriva addirittura al 74% dei casi). E il livello di sovraccarico riduce il tempo da dedicare al paziente e rischia di far abbassare di molto la qualità dell’assistenza. «Per un dottore che assiste 1.500 pazienti -spiega Stefano Celotto, della Società Italiana dei Medici di Medicina Generale e delle Cure Primarie- 80 sono, in media, i pazienti con cui si ha un contatto quotidiano o in maniera indiretta, tramite mail, messaggi, oppure attraverso telefonate e visite a domicilio e in studio.». Il quadro è, poi, aggravato da numeri di professionisti che continuano a calare (nell’ultimo bando di dicembre 2024 da 300 posti, sono stati solo 108 a rispondere. Gli altri hanno, probabilmente, scelto altre strade).
Ma chi sia un minimo più attento agli aspetti finanziari della modifica punta l’attenzione sul ricorso a un nuovo ente cui versare i contributi: l’INPS invece dell’ENPAM, che potrebbero aumentare la spesa e complicare la situazione previdenziale a livello nazionale.