Un’altra soddisfazione per il Birrificio Italiano di Limido Comasco: la Tipopils, colonna portante della propria produzione artigianale, è stata inserita tra le 50 migliori birre al mondo.

Il riconoscimento arriva dalla rivista statunitense Men’s Journal, tramite l’articolo online realizzato da Joshua M. Bernstein, giornalista esperto di birre e superalcolici, che scrive anche per il New York Times e riviste del settore enogastronomico.

L’unico prodotto tricolore

La Tipopils del Birrificio Italiano è l’unica birra presente in questa particolare classifica, dove sono annoverate alcune produzioni storiche, con dei veri mostri sacri quali Cantillon, Westmalle, Samuel Smith, Rochefort, Duvel, Paulaner, Pilsner Urquell, Orval o Guinness, solo per citare le più conosciute tra gli appassionati.

La motivazione del giornalista statunitense riempie di orgoglio lo staff del birrificio: «L’invenzione della pilsner in stile italiano, ricca di luppolo, può essere fatta risalire al Birrificio Italiano del nord Italia – scrive l’autorevole giornalista – Intorno al 1996, il fondatore Agostino Arioli creò questa elegante pilsner non filtrata, sottoposta a dry hopping per una spinta floreale. Curiosità: la Tipopils ispirò la Firestone Walker a produrre la Pivo Pils».

Proprio Agostino Arioli non nasconde la sua soddisfazione per un premio che arriva dagli Stati Uniti. «Anche perché il mercato americano è molto importante per noi – racconta – Sono riconoscimenti, non c’è dubbio, che magari non hanno un immediato ritorno economico, ma che sicuramente ci danno ulteriore entusiasmo, a me, ai soci e a tutto lo staff, per andare avanti».

La storia

La Tipopils è stata la prima birra creata dal Birrificio Italiano, nella prima sede di Lurago Marinone (dove è rimasto il pub): era il 1996. «Sicuramente è una birra che ha segnato un po’ la storia del movimento artigianale italiano. In sostanza ha creato uno stile tutto Made in Italy, ma ha portato anche a una piccola rivoluzione a livello internazionale, nel mondo della produzione artigianale».

Il segreto è la tecnica del dry hopping, cioè la luppolatura a freddo, che è un particolare processo di produzione che utilizza il luppolo non in bollitura, bensì in fermentazione o in maturazione, per conferire al prodotto finale maggiori sentori floreali e fruttati, ma anche un gusto più amaro. «Nel 1996 avevamo iniziato senza questa tecnica – ricorda Agostino Arioli – ma qualche mese dopo abbiamo iniziato a sfruttare il dry hopping, sia in fase di fermentazione, sia in maturazione».

Dobbiamo pensare che in quegli anni i birrifici artigianali si contavano letteralmente sulle dita di una mano e che non c’era ancora una grande cultura per il mondo della birra: i produttori artigianali erano un po’ delle mosche bianche, delle gocce nell’oceano della produzione industriale mondiale. «Ora esportiamo la Tipopils un po’ in tutto il mondo – racconta Arioli – Siamo sui mercati di Stati Uniti, Cina, Danimarca e Regno Unito, solo per fare degli esempi. Al momento rappresenta circa il 40% della nostra produzione di birra».

Il Birrificio Italiano, nella sede dell’Officina Alchemica di Limido Comasco, ha una produzione media annua che si attesa attorno ai 5.500 ettolitri di birra.