Il presidente Vladimir Putin in visita a un distretto militare in Russia – Ansa
Dopo i 600 attacchi aerei in sei ore fino all’alba di sabato, ieri la notizia sono state le raffiche di droni sparati in pieno giorno, quando migliaia di civili erano indaffarati nella quotidianità di guerra prima del coprifuoco serale. È il negoziato secondo Vladimir Putin, sospettato di aver spedito un avvertimento a Bruxelles il giorno dopo l’ennesima violazione dello spazio aereo europeo, mandando i suoi cyber-incursori a mettere in crisi il traffico aereo cominciando proprio dall’aeroporto del Belgio. Un modello di negoziazione corroborato in una ventina di guerre da quando lo zar è salito per la prima volta al Cremlino.
Dall’incontro del 15 agosto con Donald Trump, in Alaska, gli attacchi sull’Ucraina e le sfide lanciate a Unione Europea e Nato sono senza precedenti. Compresa la minaccia dei 700mila uomini schierati sulla linea del fuoco. «Il presidente russo Putin è giunto alla conclusione che l’escalation militare è il modo migliore per costringere l’Ucraina a colloqui alle sue condizioni», riporta l’agenzia Bloomberg citando fonti del Cremlino. «È improbabile – aggiungono le fonti – che Trump faccia molto per rafforzare le difese di Kiev». Del progressivo disimpegno Usa si è avuta riprova con le parole dell’inviato americano per l’Ucraina, il generale in pensione Keith Kellogg. La Casa Bianca, aveva spiegato, vedrebbe di buon occhio la cessione dei territori finora occupati, senza tuttavia procedere al riconoscimento internazionale. Un congelamento del conflitto che riporterebbe le lancette della storia al tempo della guerra fredda, o più di recente all’occupazione della Crimea.
Un’ipotesi che, secondo diverse fonti diplomatiche e di intelligence internazionali contattate da Avvenire, la Russia intende percorrere e gli attacchi delle ultime ventiquattr’ore, con alcuni impianti energetici tornati a essere bersagliati, confermerebbero il preliminare “si” di Putin. Lo scopo è quello di spaventare gli europei, sfidandoli con continue provocazioni, innescando maggiore tensione regionale. Alla fine della prossima settimana, ad esempio, si svolgeranno le elezioni parlamentari in Moldavia. I sondaggi fanno tremare l’attuale risicata maggioranza filo-Ue a beneficio dei partiti di opposizione legati a doppio filo con Mosca. Chisinau è oggi un “cuscinetto” tra Ucraina e Unione Europea, confinando però con un Paese Nato com’è la Romania. A Bucarest il tentativo di influenza russa sulle presidenziali di quest’anno è finito con una accusa per tentato golpe contro il candidato Georgescu e la fuga in Russia di Horatiu Potra, considerato il regista delle operazioni di manipolazione dell’opinione pubblica. L’imprenditore con un passato da mercenario aveva sempre giurato di non avere a che fare con Mosca.
Kiev non se ne sta a guardare. Gruppi di droni ucraini hanno colpito le stazioni di pompaggio coinvolte nell’export di petrolio russo dal porto di Novorossiysk, sulla costa orientale del Mar Nero. Mosca afferma di aver intercettato e distrutto 149 droni fatti decollare dall’Ucraina, 40 dei quali sulla regione di Rostov. Non sono state fornite notizie di vittime né danni. Il ministero della Difesa di Mosca ha parlato di lanci ucraini contro Saratov, dove i droni sarebbero stati intercettati. Le immagini dei social network provenienti dalla città mostrano però il grande petrolchimico avvolto nelle fiamme e una colonna di fumo scuro visibile a chilometri di distanza.
Quella che si apre domani è una settimana foriera di novità, mentre l’Ucraina si aspetta una nuova ondata di attacchi sulle infrastrutture energetiche, lasciando il Paese in una condizione peggiore dei precedenti quattro inverni di guerra. «La Russia spara 20, 30, 40 droni e missili per attaccare contemporaneamente un bersaglio. È estremamente difficile proteggere i nostri siti», ha osservato pochi giorni fa Maxim Timchenko, amministratore delegato di Dtek, la più grande società energetica privata ucraina. «Se aumenteranno gli attacchi alle centrali elettriche e alle infrastrutture del gas naturale, le città ucraine potrebbero affrontare ore di blackout al giorno e nessun riscaldamento quest’inverno», ha dichiarato al Kyv Independent Olena Pavlenko, presidente di Dixi Group, un centro studi ucraino specializzato nelle questioni energetiche.
Ancora una volta i raid russi devono essere interpretati non solo per il loro brutale lessico militare. L’avvisaglia c’era stata due settimane fa: l’8 settembre i missili hanno danneggiato un impianto di energia termica nella regione di Kiev. E ieri fonti mediatiche vicine al Cremlino riprese dalle agenzie di stampa internazionali, hanno confermato il presagio: «Vladimir Putin intende continuare a prendere di mira le infrastrutture energetiche come parte di una più ampia escalation destinata a costringere l’Ucraina ai colloqui di pace». Che per lo zar si può raggiungere solo con le armi. «Potrebbe accadere che non ci sia un documento definitivo che ponga fine alla guerra», ha riconosciuto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «Ecco perché affermano, ad esempio, il presidente francese Macron, che le garanzie di sicurezza non dovrebbero aspettare la fine della guerra. E sono d’accordo con lui – ha aggiunto il leader ucraino – sul fatto che un cessate il fuoco, ad esempio, sia sufficiente a fornire garanzie di sicurezza».
Una mano al tycoon arriva inaspettatamente dallo stesso Zelensky, che nei prossimi giorni dovrebbe rivedere il capo della Casa Bianca a margine dell’Assemblea Onu a New York. «Il presidente Trump si aspetta un’azione decisa dall’Europa. Credo che stiamo perdendo molto tempo – è il rimprovero rivolto agli europei – se non vengono imposte sanzioni o non vengono adottate misure concrete, che ci aspettiamo invece fortemente da lui». Una mossa che probabilmente il Cremlino non aveva messo in conto, avendo puntato sulle divisioni interne al blocco pro-Kiev e sulle difficili relazioni tra Washington e il leader ucraino. E così spetterà all’Ue adesso battere un colpo, con quelle restrizioni al commercio di petrolio russo fino ad ora ostacolate, in primis dall’Ungheria di Orban. Contrasti che si sono rivelati l’arma in più nell’arsenale di Putin.