A Gaza le forze armate di Israele stanno compiendo il «genocidio del popolo palestinese», nei territori occupati vige un vero e proprio «sistema di apartheid»: vanno fermati. È l’appello della rete dei “preti contro il genocidio” che – nonostante il misterioso oscuramento dell’account da parte di Google per qualche decina di ore – in una settimana ha raccolto 1.200 firme di preti, religiosi e qualche vescovo, un centinaio dei quali domani alle 15 si ritroverà in piazza del Quirinale, prima per un momento di preghiera nella vicina chiesa di Sant’Andrea e poi per una marcia fino a piazza Sant’Ignazio, a pochi passi da Palazzo Chigi e Montecitorio, anche per chiedere a governo e parlamento «la sospensione della vendita di armi a chi compie crimini contro i civili», ovvero Israele, e ricordare che esiste l’articolo 11 della Costituzione.

Si tratta di un’iniziativa partita dal basso, animata inizialmente dai missionari saveriani – il superiore generale della congregazione, padre Rodriguez, è fra i firmatari -, che ha avuto adesioni da preti e religiosi di oltre 30 Paesi (fra cui il cardinale salesiano López Romero, arcivescovo di Rabat), anche se la maggior parte sono italiani: qualche nome noto, come don Ciotti, padre Zanotelli e don Capovilla, i vescovi Nogaro, Mogavero e Ricchiuti (presidente di Pax Christi), ma soprattutto tanti parroci e viceparroci.

Le parole usate sono nette, «genocidio» e «apartheid», superando quindi le prudenze vaticane: nel libro-intervista con la giornalista Elise Ann Allen appena pubblicato in Perù, Leone XIV ha invitato alla cautela nell’uso del termine genocidio (ma anche Bergoglio l’aveva usato in forma dubitativa), e il cardinale segretario di Stato Parolin ha dichiarato che i preti «evidentemente avranno trovato elementi per usare questa definizione, noi per il momento non lo abbiamo fatto, bisogna studiare».

L’appello però, chiariscono i firmatari, non vuole dividere ma unire. Respingono preventivamente ogni accusa di antisemitismo («denunciamo la strumentalizzazione del nome di Dio», critichiamo «le scelte politiche di Israele, non il popolo ebraico») e chiariscono gli scopi della mobilitazione: pregare per «una pace disarmata e disarmante», «denunciare il genocidio in atto a Gaza, le violenze ingiustificate contro la popolazione» e «l’apartheid in vigore da oltre 70 anni in tutti i Territori palestinesi occupati, chiedere il rispetto del diritto internazionale, delle risoluzioni delle Nazioni Unite e dei pronunciamenti della Corte penale internazionale».

L’intenzione è andare oltre la manifestazione di domani per sensibilizzare il popolo cattolico delle parrocchie, collaborando con le realtà cristiane e di altre fedi impegnate per la pace e la giustizia.