Sapere di essere l’unica modella a poter vantare otto decadi di carriera. Guardarsi alle spalle provando…malinconico distacco o incredula sorpresa? Una cosa è certa: a 94 anni l’ancora splendida Carmen Dell’Orefice di croci e delizie ne ha conosciute parecchie, come racconta nel volume fotografico Carmen Dell’Orefice. The Ultimate Role Model (Skira), dove scatti di Fadil Berisha la ritraggono tra i 60 e 90 anni.
Un trentennio in cui Carmen ha illuminato passerelle e mondanità con la stessa austera eleganza che la rese famosa appena quattordicenne. Molti eventi eccezionali della sua vita infatti avvennero presto, prima di tre matrimoni, una figlia, qualche sfortuna economica.
Non a caso, in ogni racconto, Carmen lascia ampio spazio ai suoi esordi da romanzo, prologo compreso: l’incontro dei genitori. Per Joseph, violinista italiano, quello con la ballerina ungherese Peggy fu un colpo di fulmine. E Carmen nacque nel 1931.
In quella famiglia povera, complice la crisi del ’29, l’assenza paterna portò Peggy a svolgere umili lavori. Una donna forte che plasmò (anche con durezza) il carattere della figlia iniziandola allo sport, per renderla un’ottima nuotatrice: a 6 anni Carmen era già la star di uno show acquatico, assaporando la notorietà finché non si ruppe il naso con un tuffo. Peggy aveva dovuto lasciare la danza? Con le conoscenze di Joseph procurò alla figlia un provino in una nota accademia russa, dove una borsa di studio rese il ballo il primo amore della sua vita. Ma anche questo sogno s’infranse, quando una febbre reumatica costrinse la ragazza a letto per molti mesi. Avvistata in seguito su un autobus dalla moglie di un fotografo di Harper’s Bazaar, dopo qualche scatto venne dichiarata non fotogenica.
Vogue non fu della stessa idea: la pubblicò a 14 anni con abiti meravigliosi… e una tazza di tè davanti al viso per nasconderne la dentatura sfortunata (che la madre fece subito correggere con anni di apparecchio). Al tempo, il nome delle modelle era sconosciuto, ma il suo divenne più che noto quando il magazine chiese a quattro fotografi di immortalare la loro bellezza ideale. Il celebre Horst P. Horst scelse lei «come icona di fascino rinascimentale».
Carmen dell’Orefice ritratta da Fadil Berisha in un test per la campagna Rolex “Black Night”.
La prima copertina a 16 anni
Viveva ancora con Peggy in una piccola casa senza ascensore né telefono quando, a 16 anni, conquistò la prima copertina di Vogue, ritratta da Erwin Blumenfeld. Troppo gracile per sostenere faticose sessioni di posa, il medico di Condé Nast le offrì iniezioni rinvigorenti per permetterle di svilupparsi appieno. Chioma candida, bellezza (quasi) immutata, nel 1981 su Harper’s Bazaar realizzerà un servizio fotografico nuda, sottolineando il fascino dei 50 anni. C’è chi s’interroga sulla sua perfezione parlando di chirurgia estetica… Risponde la nota battuta di Carmen nel docu-film About Face: Supermodels Then and Now (2012), affilata quanto i suoi zigomi: «Quando in casa ti crolla un soffitto, non chiami qualcuno per ripararlo?».
Sedicenne nello scatto pubblicato per la sua prima copertina di Vogue (1947). (Photo by Erwin Blumenfeld/Condé Nast via Getty Images)
Domanda scontata, ma necessaria: come ha mantenuto una simile forma?
Non ho mai fumato e bevevo poco. Un bicchiere di vino rosso solo quando ero fuori. E niente antidepressivi: pratico la consapevolezza e preferisco il caffè, mantiene una mente curiosa! Ho poi cercato persone con cui parlare in modo autentico, trovando uomini che mi hanno aiutata a farlo. Uno fu il grande fotografo Norman Parkinson. Lo conobbi negli anni ’40, pensai subito di essermi innamorata.Trovo che l’attuale cultura fotografica catturi poco delle modelle, ma rivedere l’arte di Irving Penn, Francesco Scavullo, Cecil Beaton o Richard Avedon ti ricorda che tra fotografo e modella c’è un dialogo emotivo che va oltre la bellezza. Quando s’incontrano, succede qualcosa di magico. Sono stata fortunata, mi è accaduto a volte con diversi fotografi e sempre, in ogni shooting, con Norman Parkinson.
“Parks”, come fotografo, ha contribuito alla nascita delle top model. Mettendovi in posa fuori dagli studi, anche in luoghi faticosi. Ma lei, del resto, era molto sportiva…
Essere così atletica non era comune al tempo, anche mia madre lo era stata. Purtroppo, la febbre reumatica mi bloccò a letto per quasi un anno. Quando ripresi a danzare ero troppo debole: gli insegnanti mi incoraggiavano, ma avevo capito che non sarei più diventata una grande ballerina. Ho provato una sensazione oggi molto comune, quella di sentirsi in un limbo senza obiettivi. Non sapevo chi fossi. Ma sulla mia strada ho trovato persone che mi hanno aiutata. Ho risposto alla buona sorte, aprirmi al cambiamento è stata la cosa più preziosa.
Non solo modella, ma anche campionessa di nuoto: Carmen posa in una foto realizzata per un trucco waterproof. (Photo by†John Rawlings/CondÈ Nast via Getty Images)
Ha detto spesso di essere stata “adottata” da persone che si sono prese cura di lei. Le più importanti?
Tanti fotografi famosi sono stati padri surrogati quando avevo bisogno di sentirmi una donna. O anche solo un essere umano valido, dopo molti mesi a letto malata. Con Horst l’amicizia durò una vita: diceva «la tua bocca va all’ingiù, ma vorrei che sorridessi!». Pur con quell’orribile ferraglia in bocca mi diede il permesso, anzi, mi obbligò a sorridere quando mi sentivo brutta. Ma fu con Cecil Beaton che per la prima volta mi sentii bella, quando scattò la mia foto preferita di quegli anni, tra fiori colorati. Un giorno mi chiese di posare per un amico pittore, non conoscevo il nome di Salvador Dalí ma mi serviva qualche dollaro in più. Lui mi dipinse senza abiti dalla vita in su: ero così piatta da non avere nulla da nascondere, con mia madre accettammo… Alla fine scoprii che la sua arte mi aveva reso ciò che la natura ancora non aveva fornito! Dopo la pittura Beaton mi portava a pranzo a Le Pavillon, il miglior ristorante della città. Fu il mentore della mia educazione gastronomica, un corso accelerato sui piccoli raffinati piaceri della vita
Carmen Dell’Orefice a vent’anni, in uno scatto del 1951. Oggi, a 94 anni, è la top model più longeva al mondo. (Photo by Richard Rutledge/Conde Nast via Getty Images)
Parliamo del leggendario night club El Morocco a Manhattan: anche in quel caso ebbe incontri peculiari…
Era dietro casa. Il proprietario era il mitico John Perona, molti lo consideravano un delinquente, io l’ho sempre trovato un gentiluomo. Mi vedeva pattinare con il mio cane Honey: una sera mi sorprese fra i bidoni mentre cercavo un osso per lui e me lo proibì. Salì in casa per parlare con mia madre e, intuendo le nostre origini, italiane nel cognome quanto le sue, divenne nostro amico. Mi portava sacchi di ossa dal ristorante per Honey! E quando iniziai a uscire con uomini più grandi di me nel suo locale, mi teneva sempre d’occhio, anche da lontano.
E intanto, sul set, imparava a essere autonoma.
Be’, è così che andava al tempo. Ci facevamo trucco e capelli da sole aiutate a volte da qualche editor. Portavamo con noi i nostri accessori, come scarpe in cui posare comode. O abiti semplici, per scattare solo gioielli. Lo styling era parte della professione: una modella veniva presa anche in base a quanto conosceva il suo corpo e a ciò che portava sul set per valorizzarlo. Certo è che i fotografi avevano più potere di oggi, anche esteticamente potevano dire la loro.
Carmen Dell’Orefice a 82 anni, sulla passerella di Stephane Rolland Haute Couture Estate 2013.(Photo by Victor VIRGILE/Gamma-Rapho via Getty Images)
Rinforzarsi fisicamente fu una missione?
Con tutto quello sport ero magrissima e tonica. Irving Penn si preoccupò quando volli partecipare a un faticoso shooting con protagoniste le eroine delle fiabe: insistevo non per essere parte di un cast famoso, ma per sentirmi, tra le favole, la ragazzina che in realtà ero. Il medico di Condé Nast mi trovò troppo allenata, anemica e per questo non sviluppata. Lui e sua moglie si affezionarono, iniziò a offrirmi iniezioni di ferro, vitamine ed estrogeni. Facemmo una festa quando misi su qualche chilo e il mio corpo iniziò ad accogliere le prime forme.
Malgrado il cattivo rapporto fra i suoi genitori, li aiutò entrambi con i primi guadagni.
Sì, in segreto supportai anche mio padre. Aiutai mia madre negli studi, era sempre stata molto intelligente e si laureò con lode a 44 anni: impiegò solo tre anni e mezzo perché aveva già studiato da sola i logaritmi, per anticipare l’esame.
Nel 1953 fu ritratta sensualmente velata per un marchio di lingerie. Nel 1981, per Harper’s Bazaar, posò nuda a 50 anni. Com’è evoluto il rapporto con il corpo femminile?
Da sempre è al centro dell’arte. Quando ancora la nudità era un tabù pubblico veniva rappresentato come forma ideale, poi nel tempo la società ha spogliato la donna. Lentamente, ma in modo permanente. Nei decenni il corpo si è mostrato togliendo strati, tra scollature e trasparenze. Gli esibizionismi potevano essere raffinati o volgari, ma comunque andavano nella stessa direzione: la sessualizzazione di una società sempre più impaziente di ottenere ciò che desidera. Privandoci oggi del romanticismo e del fascino dell’attesa.