di
Margherita Montanari

Negli ultimi mesi, il neologismo si è diffuso rapidamente sui social, da TikTok a X, come insulto nella nuova crociata online contro l’AI

Nato come soprannome per indicare i droidi di Star Wars: The Clone Wars (2008), il termine clanker — che richiama il rumore metallico delle giunture — è tornato in auge durante l’estate in tutt’altro contesto. Dalla fantascienza alla realtà il passo è stato breve: oggi la parola non indica più un nemico immaginario, ma l’intelligenza artificiale. Ansia di essere sostituiti sul lavoro dall’AI e fastidio dall’interazione con strumenti generativi hanno aperto la strada a un’accezione dispregiativa del neologismo.

Il boom sui social

Negli ultimi mesi, la parola «clanker» si è diffusa rapidamente sui social, da TikTok a X, come insulto nella nuova crociata online contro l’AI e le chatbots. Meme e battute ne hanno accelerato la circolazione, al punto che i dati di Google Trends mostrano un’impennata della frequenza con cui è stata utilizzata. L’uso dispregiativo del termine fotografa un malessere diffuso verso tecnologie ormai di uso quotidiano.



















































L’ansia di sostituzione sul lavoro

Due le preoccupazioni principali che emergono dalle discussioni online. La prima riguarda la paura di essere sostituiti dall’AI. Non è del tutto infondata. Un report pubblicato da Microsoft a luglio 2025 ha elencato le professioni più esposte al rischio di automazione, sottolineando come l’efficacia dei bot in certe mansioni corrisponda spesso a tagli occupazionali. Emblematico il caso dei moderatori di TikTok, che a Berlino, dopo aver addestrato i sistemi di AI a filtrare i contenuti online, sono stati licenziati e per esser rimpiazzati dagli algoritmi. Preoccupa anche l’uso dell’AI nei processi di selezione del personale, ad esempio nella scrematura dei curriculum. Secondo un sondaggio condotto da Gartner nel primo trimestre del 2025, su 2.918 candidati solo il 26% crede che l’AI sia in grado di valutare una candidatura in modo imparziale.

L’interazione con i chatbot

Accanto alla paura della sostituzione, cresce il disagio per l’onnipresenza dei bot nei servizi di tutti i giorni. Che si tratti dei risultati sintetici su Google, delle chat di WhatsApp, degli assistenti virtuali nei servizi clienti ai chatbot impiegati per consulenze mediche, l’interazione con l’AI sta progressivamente sostituendo il contatto umano. Una presenza costante che alimenta la sensazione di un futuro sempre più mediato dalle macchine e genera insofferenza.

Una reazione che va oltre i social

Secondo Bloomberg, che ha affrontato il tema attraverso un’opinione di Catherine Thorbecke, le offese all’intelligenza artificiale potrebbero essere solo l’inizio di una reazione negativa all’AI più estesa. E, dopo l’ondata di entusiasmo che ha accompagnato la rivoluzione portata dai big tech, potrebbe aprirsi una fase di reazioni più tiepide. Non solo sui social network, ma anche in borsa, dove a metà settimana, i titoli tecnologici a Wall Street (da Palantir a Oracle a Nvidia) hanno imboccato la strada del ribasso.

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20 settembre 2025