Otti reti prese in 3 partite, ben 14 conclusioni concesse solo al Verona: la difesa di Tudor è in grande difficoltà e l’attacco così non basta

Guglielmo Buccheri

22 settembre – 11:23 – TORINO

Una frenata non può valere una sentenza, ma questa nuova Juve ha un piccolo, grande problema: là dietro si balla un po’ troppo. Prima i numeri che fotografano un andamento in controtendenza rispetto a ciò che accadeva un anno fa di questi tempi quando l’era Thiago Motta sembrava promettere un calcio diverso: 0 le reti incassate nelle quattro gare di campionato da metà agosto a metà settembre, una in Champions, trentotto i tiri concessi agli avversari. Dodici mesi dopo ecco il conto: quattro i gol alle spalle di Di Gregorio nelle prime quattro tappe di Serie A, quattro i gol subiti dal portiere bianconero in 90’ di Champions, 63 le conclusioni in dote a chi ti sta di fronte.

allarme rosso—  

La lettura dei numeri va accompagnata al modo di giocare e, quindi, di difendere: ma i numeri hanno, comunque, il loro peso. Se l’attenzione si concentra solo sull’ultimo viaggio, quello di sabato a Verona, non può non fare rumore la differenza in un solo anno: i veneti hanno tirato verso la porta della Juve esattamente il doppio della scorsa uscita nell’agosto 2024. Thiago inseguiva un gioco dove l’armonia doveva essere la stella polare: cambi di ruolo e di posizione da far girare la testa come, poi, è successo in corso d’opera. La realtà, però, dava all’avventura Motta una dimensione diversa dai propositi: quella versione in bianco e nero non prendeva mai gol, non all’inizio della stagione perché Thiago dava all’equilibrio difensivo un’importanza più profonda di quanto potessimo pensare. E, allora? Igor Tudor, tecnico confermato alla guida di Locatelli e soci, di equilibrio parla, ma di equilibrio ancora soffre: l’allenatore di Spalato è come se vivesse in perenne ricerca della formula giusta che gli permetta di sfruttare l’enorme potenziale offensivo senza offrire il fianco alle idee altrui. A Verona, la Juve ha chiuso la velenosa parentesi in campo con Openda esterno a centrocampo, Zhegrova libero di creare, David di occupare l’intera linea d’attacco, Yildiz di pungere a suo piacimento con Adzic e Koopmeiners unici argini là in mezzo.

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TURIN, ITALY - AUGUST 24: Gleison Bremer of Juventus FC during the Serie A match between Juventus FC and Parma Calcio 1913 at Allianz Stadium on August 24, 2025 in Turin, Italy. (Photo by Filippo Alfero - Juventus FC/Juventus FC via Getty Images)

da 4 a 3—  

La Juve che non prese gol nel primo mese della scorsa stagione difendeva a quattro: Bremer e Gatti gli intoccabili, Cabal quasi, Cambiaso e Kalulu un po’ meno, ma presenti, Savona la sorpresa. La Juve che viaggia ad una media di più di un gol e mezzo a partita difende a tre con due esterni di centrocampo non proprio offensivi. Il “buco” nasce quando gli avversari si presentano dalle parti dell’area di rigore bianconera e prendono la mira: la resistenza che trovano non è proprio da linea Maginot. Stanchezza? Può darsi. Reparti che si allungano? Anche. La verità è che i ragazzi di Tudor arrivano con un tempo di ritardo sul tiratore scelto e, così, sono guai. Solo in un’occasione, i bianconeri sono riusciti a non far calciare verso Di Gregorio gli avversari da dieci volte in su: un bilancio da ribaltare se si vuole ambire ai traguardi più nobili anche perché i finali di gara non potranno sempre regalare colpi ad effetto come quelli con Inter o Borussia Dortmund. A Verona è bastato il giovane folletto di casa Orban per mandare in tilt la retroguardia di una Juve “ferita” dalla direzione del signor Rapuano, ma spuntata in avanti e poco sensibile al pericolo dietro. Concedere più di sessanta tiri in un mese di stagione è questione da metà classifica.